I
Siti Archeologici
Un
itinerario turistico siciliano può riguardare i siti
archeologici isolani.
Qui
la storia millenaria dell'isola sembra parlare direttamente
ai turisti e storici interessati.
Anche
in questo caso, come per l'itinerario riguardante le Chiese
isolane ed i Castelli, occorre sempre tener presente le
varie dominazioni subìte dalla Sicilia, a partire
dai tempi antichi e riferibili ai greci, ai cartaginesi,
agli arabi, ai Normanni, agli Svevi.
Le
notizie storiche non hanno il compito di tediare ma di favorire
una maggiore comprensione dell'importanza storica dei vari
siti e monumenti citati e per apprezzarne meglio la bellezza.
Il
giro turistico non può non partire dagli innumerevoli
siti archeologici presenti nella provincia di Trapani, a
cominciare da Selinunte,
oggi stazione archeologica famosa ma in passato antica polis
fondata nel VII secolo A.C. dai Dori, distrutta dai Cartaginesi
prima del passaggio dei Romani, ridotta ad acropoli e poi
dimenticata fino al 1800, quando iniziarono i seri scavi
e studi archeologici.
Oggi
il sito raccoglie i visitatori che sono attratti anche dalle
vicine Cave
di Cusa, testimonianza dell'immane lavoro degli
schiavi e delle maestranze della zona ed in cui i lavori
iniziarono nel VI secolo, per poi interrompersi con il già
citato arrivo dei Cartaginesi. La bellezza del sito archeologico
è arricchita anche dalla bellezza della natura che
fa da nobile cornice, a partire dall'uliveto rigoglioso
e dagli alberi di fico e mandorle.
Il
vasto Parco Archeologico situato tra i fiumi Cottone e Modione
con i resti di antichi templi ricordano i fasti del passato
glorioso di questa città fondata nel lontano 651-650
Avanti Cristo, quando Pammilo ottenne il compito di creare
questa nuova colonia greca in Sicilia. L'antica città
andò a scontrarsi con Segesta, colonia degli Elimi.
La città fu l'avamposto greco che si oppose agli
attacchi punici nell'isola. La pace non fu duratura nella
città perché essa subì gli attacchi
cartaginesi che in buona parte la distrussero per sottrarla
dal controllo romano nel III secolo Avanti Cristo, dominio
che comunque non fu evitato. Dell'antichità oggi
pervengono a noi i resti di alcuni templi oggi catalogati
usando alcune lettere dell'alfabeto perchè non avevano
nome, a partire dal Tempio G, non completato già
antecedentemente l'attacco cartaginese e risalente al V
secolo A. C..
Tra
gli altri reperti della zona archeologica si hanno l'acropoli
i cui primi reperti certi assicurano che la collina in cui
essa sorge fu spianata dai coloni megaresi, mentre si suppone
che essa fu ingrandita fra la fine del VI e l'inizio del
V secolo A.C., con i suoi sei templi più piccoli
come il Tempio D costruito nel VI secolo A.C. ed il Tempio
B, di epoca ellenistica e forse dedicato al filosofo Empedocle;
varie necropoli, la vera fonte di innumerevoli reperti a
partire da vasi greci; il Santuario della Malapholos con
le sue statue femminili sacrali che reggono in mano un melograno
e nel quale si sono trovati reperti riferibili non sola-
mente al periodo greco, ma anche delle reminescenze databili
al secondo periodo di vita della città, quando essa
era sotto la tutela punica, ed il Santuario di Zeus Melichios,
probabilmente di origine punica.
La
bellezza del posto è data, da quanto si evince dall'elenco
fatto, dall'ingente mole e bellezza dei reperti qui trovati
grazie agli scavi effettuati a partire degli inizi del 1800
e che continuano ancora oggi visto che gli studiosi affermano
che, a causa della vastità della zona, buona parte
dell'antica città resta ancora sepolta.
Altro
sito archeologico della provincia di Trapani è Marsala,
nota in passato per il suo importantissimo porto punico
che resistette agli attacchi di Dionigi, Timoleonte, Pirro
e Roma, città fondata dai superstiti di Mozia, altro
sito archeologico famoso sempre in provincia di Trapani
nonchè caratteristica isoletta di cui si parlerà
in seguito, nel 397 A.C..
Dei
vari reperti archeologici qui presenti ricordiamo una porta
fiancheggiata da due torri, probabili punti di difesa cittadina,
una casa con un atrio e peristilio ed alcune stanze dedicate
alle terme e con datazione riferibile al III secolo A.C.
e che colpiscono soprattutto per i suoi pavimenti con i
mosaici, alcuni con temi naturalistici e raffiguranti, ad
esempio, quattro gruppi di belve che assalgono un cervo
ed altri che hanno motivi vegetali e geometrici.
La
città conobbe anche la dominazione romana, passaggio
attestato ad esempio dalla camera funeraria sotterranea
risalente al II secolo A.C. e contenente sei sepolture scavate
nei lati, stanza arricchita notevolmente dalle decorazioni
pittoriche presenti alle pareti e raffiguranti, ad esempio,
scene di banchetti, pavoni, decorazioni floreali, il tutto
in onore di Crispia Salvia, conosciuta grazie ad una iscrizione
qui presente.
Il
sito archeologico di Segesta,
rientrante sempre nella provincia di Trapani, testimonia
il passaggio degli Elimi in Sicilia, oltre alle città
di Erice ed Entella. Gli elementi storici a nostra disposizione
ci fanno supporre che gli Elimi erano dei profughi Troiani
fuggiti dopo la distruzione delle loro città e forse
costretti ad approdare in Sicilia dove si unirono ai Siculi.
La storia ci tramanda, inoltre, la sua rivalità con
l'antica città di Selinunte per ottenere uno sbocco
sul Tirreno e di come la città chiese aiuto agli
Ateniesi, evento che poi condizionò tutta l'isola,
e poi dei Cartaginesi, anch'essi deleteri per alcune città
isolane che furono da loro distrutte.
Il tempio presente fuori dalla cinta muraria cittadina e
risalente alla fine del quinto secolo avanti Cristo è
uno splendido esempio dell'arte dorica.
Il
Tempio si trova vicino il Monte Barbaro ed è caratterizzato
dalla sua scenografia suggestiva, dalla sua struttura a
cielo aperto, dalle sue colonne lisce. Di esso oggi rimangono
alcuni resti come la trabeazione e i due frontoni. Altro
elemento caratteristico del sito è certamente il
teatro, risalente alla II metà del terzo secolo Avanti
Cristo, dalla forma a semicerchio, con una ventina di scalini
scavati nella viva roccia.
Altro
reperto storico è il santuario indigeno in contrada
Mango, altro esempio dell'influenza greca realizzato nel
VI secolo A.C. ed esempio del temeneos, il recinto che racchiudeva
le costruzioni sacre.
C'è
poi l'acropoli divisibile in due parti distinte, quella
sud riservata all'edilizia privata e residenziale e quella
nord sede degli edifici pubblici come l'agorà. Altri
reperti della zona sono i resti della cinta muraria superiore
intervallata con delle torri e due porte e databile nel
periodo di passaggio tra l'età repubblicana e quella
imperiale ed un castello a torre contenente anche una chiesa
a tre navate e di epoca più "recente" vista
la sua datazione riferibile al XII secolo.
Altro
sito archeologico attestante il passaggio degli Elimi nell'isola
è la già citata Erice,
in provincia di Trapani. La sua storia comprende anche il
suo coinvolgimento nelle lotte di supremazia tra Cartaginesi
ed i Greci presenti nell'isola. I Cartaginesi la distrussero
in parte. La città subì anche la dominazione
romana nel 241 A.C. e conobbe un periodo di maggiore fortuna
sotto la presenza araba e poi quella normanna.
Tra
i vari reperti presenti nella zona si hanno: i resti dell'antica
cinta muraria contenente anche tre porte normanne - Spada,
del Carmine e Trapani -, la Fortezza medievale nota con
il nome di "Castello di Venere", le tracce dell'antico
santuario dedicato a Venere Ericina risalente al V-IV secolo
A.C. e che ebbe un forte rilievo sotto i normanni.
Anche
Gela,
in provincia di Caltanissetta, ha il suo sito archeologico
costituito dalle antiche mura difensive presenti a Capo
Soprano, esempio del sistema difensivo greco fondato dai
coloni di Rodi e Creta e poi sfruttato da Gelone ed Ierone.
I
reperti storici documentano che probabilmente la città
fu fondata verso la fine del 600 Avanti Cristo e ben presto
la sua piana Nord era di totale dominio dei Geloi. Ben presto
iniziarono delle vere e proprie campagne di ellenizzazione
delle zone limitrofe Gela. La storia della città
conobbe dei periodi bui durante le guerre cartaginesi, così
come altri siti locali, ma anche periodi di florida pace
con l'arrivo del Corinzio Timoleonte ed il conseguente arrivo
di nuovi coloni che portarono linfa vitale innovativa anche
a Gela.
L'itinerario
archeologico deve comprendere i vari reperti storici presenti
nel già citato sito di Capo Soprano che, prima di
conoscere la costruzione delle mura di fortificazione greche,
fu adibito a necropoli. Le mura di fortificazione greche
di Caposoprano sono oggi preservate nel grande Parco Archeologico
presente nella zona ed hanno resistito nel tempo grazie
alla loro copertura di sabbia che ha consentito una buona
opera di drenaggio delle acque.
Gli
scavi hanno riportato alla luce queste mura dopo 23 secoli.
Essi si estendono per circa 350 metri e devono considerarsi
uno dei più belli esempi di arte militare difensiva
greca ed in passato esse racchiudevano tutta l'antica città
greca fino ad estendersi, nel periodo di maggiore floridezza
della colonia greca, fino a quattro km nel suo lato a sud.
Essi hanno logicamente subito numerosi danni durante il
tempo, come quelli prodotti dall'attacco dell'allora tiranno
di Agrigento Finzia nel 282 A.C.. La loro struttura è
molto particolare perchè prevede la compresenza di
vari materiali, a partire da conci e mattoni crudi di argilla.
Il
Parco Archeologico qui presente ci testimonia con i suoi
ruderi di edifici del VII secolo A.C. l'arrivo dei Greci
nella città, mentre gli altri reperti in esso contenuti
e comunque importanti e da citare sono, ad esempio, i resti
di un antico santuario dedicato ad Athena e risalente al
periodo dorico.
C'è
anche il Museo che con i suoi che con i suoi reperti testimonia
un arco temporale che va dal 698 al 282 A.C., anno della
distruzione da parte degli Agrigentini. Tra gli altri reperti
qui conservati si hanno siti extra-urbani, che abbracciano
un arco di tempo che va dall'età preistorica a quella
medievale.
Si
può visitare, sempre all'interno del Parco, anche
l'impianto termale risalente al IV secolo arricchito anche
da un sistema di riscaldamento dell'acqua.
Esso comprendeva anche delle vasche e di tutto il suo complesso
oggi rimane tutto quello che ha resistito al logorio temporale
ed all'antico attacco incendiario del tiranno agrigentino
Phintias.
Un
altro sito archeologico importante, risalente alla fine
dell'ottavo secolo avanti Cristo, è la cittadella
di Megara Hyblaea, ubicata in un promontorio a nord
di Siracusa e fondata da coloni greci. La città conobbe
un periodo di floridezza e di espansione fino al 483 A.C.,
quando fu distrutta da Gelone di Siracusa. La città
fu costruita veramente nel 340 A.C. da Timoleonte, anche
se non raggiunse più l'importanza che ebbe nel passato.
Attualmente sono visibili alcuni resti delle mura di fortificazione
della città arcaica, accanto ai quali sono stati
posizionati dei sarcofaghi provenienti dalla necropoli.
All'interno
di queste mura sono visibili i resti di due templi, mentre
nell'angolo nord-ovest dell'agorà ci sono i resti
di una grande area ellenistica con della attigue botteghe
ed alle spalle dei nuclei abitativi. I resti di un'altra
casa si trovano a sud-ovest dell'agoràe mostra un
complesso di venti vani che esemplifica la cultura abitativa
ellenistica. Altri resti importanti sono quelli del pritaneo,
dove i magistrati [=pritani] offrivano i banchetti agli
ospiti illustri.
Tra
Agrigento e Sciacca, vicino il fiume Platani, si trovano
i resti della città di Heraclea
Minoa. La cittadina ha una storia molto travagliata,
dovuta innanzitutto dalla sua posizione di confine tra l'area
punica e quella greca; il ritrovamento della tomba di Minosse
dà maggior credito alla leggenda che la città
fu fondata da Minosse stesso; la città acquistò
la sua libertà con il trattato di Timoleonte, nel
339 A.C.. Essa fu poi abbandonata nel primo secolo Avanti
Cristo.
Altri
reperti archeologici testimonierebbero che il sito era già
abitato nel Paleolitico e che il primo insediamento abitativo
era presente vicino al fiume Platani. Tra i reperti più
significativi occorre citare il gruppo di case databili
tra il IV III secolo A.C. ed organizzati attorno ad un cortile,
un santuario domestico, il più importante teatro
databile alla seconda metà del IV secolo A.C. e dalla
caratteristica posizione della cavea rivolta verso il mare
ed i resti di una antica cinta muraria costruita tra la
fine del VI e quella del IV secolo Avanti Cristo.
Solunto,
Palermo e la già citata Mozia in passato sono state
le tre città dei fenici della Sicilia.
Solunto
è quindi un importante sito archeologico che si trova
in provincia di Palermo. La città fu distrutta dai
saraceni ed i suoi resti sono stati rivalutati grazie agli
scavi archeologici effettuati a partire dal 1800.
Oggi è possibile visitare buona parte dell'antica
città e si può conoscere così la sua
originaria struttura costituita a partire dalle sue case
a pianta quadrangolare e di varia dimensione e con i pavimenti
decorati con dei mosaici per poi continuare con il ginnasio,
una casa ellenistico-romana con colonne doriche, la casa
di Leda, così chiamata perchè una delle sue
pareti raffigura il mito di Leda con un cigno ed i resti
del teatro, costituiti da alcune gradinate e tracce della
cavea e della scena.
L'isoletta
di Mozia
-Tp- è visitabile sia come sito balneare, come si
vedrà in seguito, ma anche con l'intento di scoprire
i resti archeologici relativi alla sua storia. I resti archeologici
attestano le sue origini databili intorno al VII secolo
A.C.. L'isola è nota come antica comunità
fenicio-punica e conobbe anche la dominazione di Dionisio
I. Tra i vari reperti archeologici qui presenti si possono
citare i resti di un antico Santuario a tre navate risalente
al VI secolo, una necropoli con varie tombe ad incinerazione,
un tophet dove i bambini destinati come sacrificio alle
divinità erano bruciati -le loro ceneri erano poi
conservate in piccole urne accompagnate da statuette e maschere,
una casa nota con l'appellativo di "La casa dei mosaici"
per il suo pavimento a mosaici rappresentanti vari felini
in lotta con altri animali.
Anche
Palermo
va ricordata, come si è già detto, come antico
insediamento dei Fenici dai quali fu fondata nell'ottavo
secolo Avanti Cristo. Essi ebbero notevoli contatti con
i vari abitanti siciliani, cioè sicani, elimi e greci,
e ben presto la città assunze un ruolo strategico
grazie all'isoletta di Mozia e la città di Solunto
che garantirono i traffici commerciali marittimi.
Il
porto palermitano ha avuto, dunque, da sempre un ruolo importante
in tutta la vita economica e sociale della città,
evento provato anche dal fatto che lo stesso nome del capoluogo
isolano deriva dal termine greco Panormus [= tutto porto].
La città subì anche il dominio dei cartaginesi,
dei romani, quella dei Vandali, dei Longobardi e dei Bizantini,
quella araba per poi arrivare ai Normanni. Si evince da
questi brevi cenni storici che la città di Palermo
può offrire agli amanti dell'archeologia innumerevoli
reperti dall'elevata importanza storica, a partire dalle
grotte presenti nei suoi dintorni, frequentate anche nel
Paleolitico, le grotte dell'Addura con i loro graffiti relativi
al Neolitico Medio, i reperti di un antico villaggio neolitico.
Se
a tutto questo si aggiungono le varie chiese, i musei, le
riserve naturali ed i Musei che si trovano nella città
come in tutto il suo territorio provinciale, si comprende
come Palermo può davvero offrire molto.
Cava
d'Ispica
è un altro importante sito archeologico siciliano
presente in provincia di Ragusa. Tutta la zona ha un alto
valore naturalistico dato dalla presenza di una ricca vegetazione
formata ad esempio dalla macchia mediterranea comprendente
pioppi, sambuchi, platani e lecci.
La cava è solcata da un ruscello, quasi sempre in
secca ultimamente, chiamato nella parte superiore Pernamazzoni
ed in quella inferiore Busaitone. La cava ha la forma di
gola, è costituita prevalentemente dal tenero calcare
e con una posizione di difesa dal mare. Tutto questo ha
contribuito a tutelare tutta la zona e a renderla un forte
concentrato di complessi rupestri davvero interessanti.
La cava è concentrata in circa 13 chilometri, dal
notevole valore archeologico, è divisibile in due
parti.
La
prima parte si trova a nord, tra le città di Modica
ed Ispica, ed è caratterizzata dalla forte presenza
di catacombe risalenti all'epoca paleocristiana [IV-V secolo],
denominata Larderia. Questa parte è uno dei più
grandi cimiteri ipogei siciliani dove sono state rinvenute
varie iscrizioni, come il cavallino acefaleo.
La
parte nordica della cava presenta numerose tracce di abitazioni
grazie alle pareti dolci che ne hanno favorito la costituzione,
numerose necropoli ed oratori ipogei religiosi, nonché
altri siti archeologici importanti come la Chiesa di S.
Maria, due complessi abitativi - quello delle "Grotte
Cadute" ed il "Castello",
nella zona centrale del sito- la piccola ma suggestiva chiesetta
rupestre dedicata a S. Nicola, d'epoca bizantina, un ambiente
sacro che offre ai visitatori una ben conservata serie di
affreschi dei quali attualmente si possono ammirare alcuni
frammenti riguardanti, ad esempio, San Nicola e la Madonna
col Bambino, ed i ruderi della chiesetta bizantina di San
Pancrati risalente tra il quarto ed il quinto secolo; di
quest'ultima chiesa rimangono pochi ruderi, ma dai documenti
storici si ricava che essa doveva avere in origine una sola
navata e tre absidi ed aveva un attiguo convento benedettino
nel periodo alto medievale.
Tra
gli altri oratori ipogei della zona occorre ricordare la
famosa "Grotta dei Santi" caratterizzata da una
lunga serie di affreschi presenti nelle pareti e raffiguranti
i Santi riferibili alle comunità cristiano-bizantine
e che trovarono rifugio nella zona.
La
seconda parte della Cava è il rinomato "Parco
Forza", nel territorio ispicese, noto per i suoi siti
come la Chiesa dell'Annunziata che preserva ancora delle
fosse sepolcrari, poste sotto il pavimento e la grotta Scuderia,
al cui interno è ricavata una mangiatoia nel vivo
calcare. Entrambi i siti erano collegati al Palazzo Marchionale,
del quale oggi restano buoni resti dai quali si arguisce
l'antica presenza di due corti acciottolate e dalla forma
diversa, degli ambienti con delle pavimentazioni ben curate.
La
visita della zona può riguardare anche il sito Centoscale,
scavato al di sotto del livello del fiume e caratterizzato
da innumerevoli gallerie che raccolgono l'acqua durante
tutto l'anno.
L'itinerario
riguardante i siti archeologici deve obbligatoriamente riguardare
i reperti storici presenti a Siracusa.
La colonizzazione greca ha interessato un po' tutta la Sicilia
orientale all'inizio del settimo secolo avanti Cristo ed
essa si può identificare con la storia di Siracusa.
Qui i Greci si insediarono nell'isolotto di Ortigia ed estesero
il loro dominio lungo la zona circostante. La storia insegna
che la città subì anche altre dominazioni,
a partire dai Romani con i quali la città perse la
sua indipendenza, dai Bizantini sotto il cui dominio divenne
capitale dell'Impero d'Oriente e dagli Arabi con i quali
divenne una vera e propria capitale per tutta la Val di
Noto, ma ovviamente i reperti più antichi sono quelli
greci che sicuramente meritano la menzione.
Primo
monumento attestante la presenza greca a Siracusa è
il Castello Eurialo, fatto costruire da Dionisio il Vecchio
dal 402 al 397 Avanti Cristo con lo scopo di difendere la
sua roccaforte dagli attacchi cartaginesi. Il castello ha
subito varie trasformazioni durante le altre dominazioni
che la città subì. Il castello è difeso
nella sua parte ovest da tre fossati che sono scavati nella
roccia. Dal terzo fossato parte una serie di passaggi e
gallerie. Il castello è attualmente diviso in due
parti da una serie muraria, cosa che in epoca greca non
era presente. Il castello può essere considerato
degnamente come esempio dell'ingegneria greca militare.
Dal castello parte la cinta muraria che fu voluta da Dionisio
I, sempre per motivi di difesa della sua roccaforte.
Altro
esempio della dominazione greca è il teatro la cui
esistenza è nota sin dal V secolo Avanti Cristo e
ricavato nel colle Temenite. Già con una semplice
visione panoramica non si può fare a meno di notare
la cavea costituita da vari scalini suddivisi in nove settori,
la platea semicircolare che in epoca greca accoglieva i
cori che vi eseguivano le loro danze.
In
epoca romana il teatro subì delle modifiche per adattarlo
agli spettacoli tipici romani, come quelli circensi. Il
passaggio romano portò anche l'abolizione di due
ingressi laterali che permettevano l'ingresso del coro.In
passato il teatro offriva ai suoi ospiti anche una bella
vista sul mare, cosa che rendeva più suggestivo il
luogo.
Vicino
al teatro si trova "La latomia del Paradiso",
una vasta cava ricordata soprattutto per la grotta artificiale
"Orecchio di Dionisio", alla quale è legata
la leggende che Dionisio vi rinchiudesse i suoi prigionieri
e dalla apertura in alto poteva ascoltare le loro confidenze
che giungevano in maniera amplificata, e per la "Grotta
dei Cordari", parte della quale è chiusa al
pubblico per il pericolo della caduta massi.
Un'altra
Latomia da ricordare è quella dedicata a Santa Venera,
oramai trasformata in giardino. Occorre ricordare che le
latomie sono costituite da pareti rocciose irregolari con
delle caverne contenenti una vegetazione lussureggiante
e che sono delle cave aperte di pietra calcarea.
Altro
reperto storico della città è il Tempio di
Apollo, un antico dorico periptero che nel corso dei secoli
ha subito delle modifiche per diventare, ad esempio, chiesa
bizantina, moschea araba e poi chiesa normanna. Questo tempio,
simile ad altri presenti nella Magna Grecia, presenta delle
colonne molto tozze e ravvicinate, un'iscrizione che attesta
la dedica ad Artemide.
Il
tempio dedicato ad Atena oggi è stato inglobato dal
duomo cittadino.
Dell'antico tempio dorico oggi si può solo immaginare
l'antica magnificenza costituita, ad esempio, da notevoli
fregi e decorazioni effettuate con materiali preziosi.
Ricordiamo, poi, il ginnasio romano che risale al primo
secolo D.C.. I reperti archeologici lasciano supporre l'antico
fasto del luogo realizzato, ad esempio, dal tempio e dal
teatro.
Il
sito archeologico di Morgantina
si trova vicino Aidone, in provincia di Enna. Le fonti storiche
attestano che tale cittadella aveva una grossa importanza
commerciale grazie alla sua posizione geografica fortunata.
La città ebbe un notevole sviluppo durante il periodo
ellenistico e romano.
I resti più antichi trovati qui dagli scavi archeologici
risalgono al XIII secolo Avanti Cristo e sono stati trovati
sul colle della Cittadella. Tra i vari ambienti qui presenti
citiamo l'agorà con la sua disposizione a due livelli
uniti da una scalinata, al centro del quale si trovano le
botteghe risalenti all'epoca romana, le fornaci ed un santuario;
un granaio pubblico risalente al III secolo A.C., i resti
di un antico mercato con le tracce delle pareti divisorie
delle varie botteghe.
Tra
gli uleriori cenni storici e turistici che si possono dare
di questo sito archeologico, occorre dire che i vari reperti
qui trovati testimoniano l'unione tra la cultura sicula
e quella greca. Buona parte dei reperti archeologici attestanti
gli antichi fasti della zona si trovano nel Museo della
vicina Aidone.
Uno
splendido esempio di reperti archeologici di una certa importanza
si trovano nella Villa
Romana del Casale, risalente al III-IV secolo dopo
Cristo.
Si scononsce l'originario proprietario di questa splendida
villa presente nell'ennese, e precisamente nella cittadina
di Piazza Armerina, [ nota cittadina che in passato ha subito
varie dominazione, a partire da quella dei Siculi, Greci,
Romani, Vandali, Goti, Bizantini ed Arabi],ma di certo doveva
esser un nobile facoltoso visto la ricchezza della villa
costituita a partire dagli innumerevoli mosaici rappresentanti
scene di caccia e personaggi mitologici.
Questi mosaici si sono conservati nel tempo grazie ad un
cataclisma naturale.
Quanto
detto sembra una vera contraddizione, ma risponde a verità:
una furiosa alluvione colpì tutta la zona nel XII
secolo, evento che rivestì tutta la vallata di una
valanga di fango che, nella maggior parte dei casi ha la
sua valenza negativa, ma nel caso dei mosaici, essa costituì
una buona protezione.
Quel che oggi resta di questa villa è un complesso
di quattro costruzioni con scopi diversi, un discreto cortile
poligonale, un complesso termale. Tra le stanze più
note occorre citare quella contenente, nella sua decorazione
pavimentale, il mitico cantore Orfeo mentre suona la cetra,
la stanza denominata ambulacro contenente dei mosaici che
raffigurano "La grande Caccia" , un'altra stanza
-in prossimità delle terme presenti nella Villa-
che mostra scene su Eutropia che accompagna i figli Massenzio
e Fausta ai bagni e le figure di due ancelle, due piccole
stanze vicino al portico e note per la pavimentazione musiva
rappresentante amorini vendemmianti, putti marinari e che
pigiano le uve.
Di
notevole fattura sono, poi, le composizioni musive del triclinium
e rappresentanti scene mitologiche riguardanti Ercole, Dafne
ed altri personaggi mitologici. Tra le altre notizie storiche
relative alla Villa, si può dire che essa fu costruita
sui resti di un antico insediamento rurale e che essa la
sua costruzione iniziò al tempo di Costantino. Essa
attraversò un periodo di decadenza durante le invasioni
dei Vandali e dei Visigoti, per poi conoscere un periodo
di nuovo splendore fino all'età normanna. La sua
distruzione definitiva si ebbe durante una alluvione nel
XII secolo, quando le sue rovine furono sepolte dal già
citato limo.
Forse
il sito archeologico più rinomato di tutta l'isola
è costituito dai reperti e dagli esempi ancora visibili
dell'architettura classica presenti ad Agrigento.
Già
la storia di tutta la città offre innumerevoli dati
storici, a partire dalla sua fondazione dovuta ad Aristineo
e Pistillo nel 580 A. C. che diedero all'insediamento il
nome di Akragas, dal fiume che scorre nelle vicinanze. Anche
se dalla datazione si evince che la città fu una
degli ultimi avamposti greci nell'isola, essa assunse ben
presto una sempre crescente importanza tanto da diventare
col tempo una delle colonie più importanti della
Magna Grecia. Con il suo primo tiranno Falaride, la città
incominciò ad imporre il proprio predominio sulle
città confinanti.
La città subì anche altre dominazioni, come,
nel loro ordine cronologico, quella romana, quella musulmana
e quella normanna.
Degli
innumerevoli reperti archeologici presenti nella città
occorre ricordare innanzitutto lo splendido scenario offerto
dalla Valle dei Templi, raccolti nell'antica colonia greca
di Akragas. Essa racchiude innumerevoli Templi, a cominciare
dal "Tempio di Giove Olimpico". Il monumentale
edificio attestante la gloria greca oggi presenta delle
colonne rovinate dal logorio del tempo ma sempre valide
come testimonianza dell'antica imponenza del Tempio, degli
elementi attestanti la sua originaria struttura a cielo
aperto nel centro e strutture architettoniche imponenti
come i colossali Telamoni con sembianze umane ed aventi
un ruolo portante simile a quello delle colonne.
Il
tempio fu edificato per commemorare la vittoria sui Cartaginesi
ad Imera ed esso conserva solo dei resti attestanti l'antica
gloria. La rovina è determinata non solo dal passare
inesorabile del tempo, ma anche da alcuni eventi naturali
come i famosi terremoti che colpirono l'isola, come quello
più volte citato del 1693, e dal feroce attacco cartaginese
che lo distrusse quasi completamente verso la fine del quinto
secolo Avanti Cristo.
Tra
gli altri reperti ricordiamo il complesso di edifici riferibili
al Santuario di Demetra e Kore, un antico santuario databile
tra il VI e V secolo Avanti Cristo. Il Tempio dedicato alle
divinità ctonie oggi è presente solo con dei
resti attestanti l'antico fascino mitologico.
Il
Tempio dei Dioscuri o di Castore e Polluce risale
al V secolo del quale oggi si hanno pochi resti, costituiti
prevalentemente da quattro colonne, dalle quali si ricava
che esso doveva essere periptero. Il Tempio non è
ben conservato non solo a causa del logorio naturale del
tempo, ma soprattutto a causa delle vicissitudini storiche
della città: pare che esso fu danneggiato notevolmente
dall'attacco cartaginese avvenuto alla fine del V secolo,
per esser poi ristrutturato in un secondo momento, come
testimoniano le differenze stilistiche riscontrate, e subire
nuovamente la naturale rovina dettata dal tempo.
Il
Tempio dorico della Concordia è uno degli
esemplari meglio conservati della zona, nonostante la sua
notevole età visto che fu anch'esso costruito nel
V secolo Avanti Cristo, perchè ha subito varie ricostruzioni,
come quella avvenuta nel VI secolo D.C. per diventare centro
di culto cristiano e quella avvenuta alla metà del
1700 per riportarlo alle originarie forme.
Il Tempio colpisce l'occhio del visitatore grazie alle sue
colonne e per il suo rigore tecnico-costruttivo che gli
consente una precisa struttura.
La sua struttura a periptero è una delle sue caratteristiche
principali. Esso deve il suo nome ad una incisione latina
che si trovava nelle vicinanze ma che probabilemente non
aveva alcun contatto con il Tempio stesso. Il Tempio presenta
delle similitudini strutturali con il Tempio dedicato a
Teseo presente ad Atene.
Anche
il Tempio di Giunone Lacinia ha il suo nome alla confusione
col Tempio di Hera. Esso ha una struttura simile a quello
della Concordia dal quale differisce per le diverse misure.
Di questo monumento rimangono ancora ben conservate le colonne,
soprattutto quelle della parte nord. Il tempio subì
un dannoso attacco dai Cartaginesi nel 406 A.C., evento
ancor oggi provato dalle macchie rosse lasciate dal fuoco
nelle pareti della cella ed ancor oggi visibili; esso subì
notevoli danni anche a causa di un terremoto avvenuto nel
Medio Evo.
Del
tempio di Ercole risalente al VI secolo A.C. oggi rimangono
poche colonne.
Questo esempio di arte greca era secondo solo al Tempio
di Giove come dimensioni, in passato aveva la struttura
a periptero esastilo con una pianta rettangolare allungata.
Per completare il giro turistico dei reperti archeologici
presenti ad Agrigento occorre assolutamente citare il Quartiere
ellenistico-romano, sorto nel quarto secolo Avanti Cristo.
La sua storia abbraccia un lasso di tempo notevole visto
che il quartiere raccoglie elementi che testimoniano la
sua presenza fino al IV-V secolo Dopo Cristo. Di tale quartiere
occorre innanzitutto citare il sistema stradale "Ippodameo"
che deve il suo nome dal famoso urbanista greco Ippodamo
di Mileto, alcune abitazioni importanti come "La casa
delle Afroditi", "La casa del peristilio",
"La casa della Gazzella" e "La casa del Portico".
Infine
occorre menzionare il Santuario rupestre di Demetra, ubicato
esternamente alla cinta muraria ed edificato probabilmente
verso il VII secolo Avanti Cristo. La sua struttura presenta
una forma rettangolare che richiama quelle greche arcaiche
e tre gallerie scavate nella roccia del monte su cui il
santuario è addossato. Il tutto è completato
da un insieme di vasche che raccolgono l'acqua della sorgente
attraverso un sistema di tubature.
Il
sito archeologico di Santa
Croce Camarina, in provincia di Ragusa, attesta
la storia millenaria della città che inizia con la
sua fondazione risalente al 589 A.C. ad opera degli ecisti
Dascone e Menecolo, nascita favorita anche dagli interessi
economici di Siracusa. La sua storia comprende alcuni elementi
interessanti, come la lunga fase di ricchezza sotto il dominio
siracusano e la sua distruzione avvenuta ad opera dei Romani
nel 258 A.C..
Questa fase costituita dall'alternanza di distruzioni e
costruzioni è attestata nel suo Parco Archeologico.
Al suo interno si trovano vari reperti come i ruderi dell'antico
Tempio dedicato ad Athena e risalente al V secolo A. C..
Tra
gli altri esempi storico-archeologici presenti nella città
ricordiamo tre necropoli, i ruderi di una antica "Casa
dell'Iscrizione" . Infine, c'è un Museo che
raccoglie numerosi reperti trovati nella zona che qui trovano
la giusta collocazione ed il conforto di un meritato controllo
e spiegazione storica.
Giardini
Naxos,
a 50 km circa da Messina, è la più antica
colonia greca visto che fu fondata dai Calcidesi nel 734
Avanti Cristo da cui poi partirono per la successiva colononizzazione
della parte orientale dell'isola; pare che ad essi si unirono
in un secondo momento i Naxii provenienti dall'isola dello
Egeo. Questa cittadina nota meta turistica isolana ebbe
un ruolo attivo al fianco di Atene contro Siracusa e fu
distrutta da Dionisio I nel 403 A.C. grazie al tradimento
di un cittadino locale.
La
città merita d'esser inserita nell'itinerario dei
Musei isolani grazie a quello che essa contiene. Tale Museo
raccoglie buona parte dei reperti archeologici rinvenuti
durante le varie campagne di scavo attuate nella zona, reperti
che riguardano le varie fasi della storia cittadina, da
quella greco-arcaica a quella bizantina, e che sono suddivisi
in base all'area di ritrovamento; il Museo raccoglie anche
due ambienti dedicati ai reperti sacri ed ai reperti relativi
alle necropoli ed ai centri abitativi.
Essa
può esser considerata come centro turistico, ma è
inserita nell'itinerario riguardante i siti archeologici
grazie alla sua reale importanza storica testimoniata, ad
esempio, da un antico Santuario Calcidico relativo al VII
secolo A.C., i resti di due antichi Templi dei quali occorre
obbligatoriamente citare il più famoso, quello dedicato
ad Afrodite e databile dal VII al V secolo A.C. ed i resti
di antiche fornaci relative al IV-V secolo Dopo Cristo ed
attestanti la presenza bizantina nella zona.
Altra
parte importante della città è il Parco Archeologico
i cui reperti testimoniano come il primo insediamento relativo
all'ottavo secolo A.C. fosse inizialmente ridotto per poi
ingrandirsi col tempo e prendere le sembianze di una cittadina
comprendente anche dei tracciati stradali importanti che
collegavano, ad esempio, l'entroterra e la costa. Un altro
insediamento urbano attestato in questo parco è quello
relativo al V secolo caratteristico per la sua suddivisione
rigorosa dello spazio, con isolati frammentati con blocchi
quadrangolari di case tra loro separate da passaggi trasversali
che garantivano la viabilità interna dell'isolato
stesso.
Quanto
detto denota l'importanza storica della città, ma
non deve far dimenicare che essa offre altri spunti paesaggistici
ed architettonici, nonchè elementi naturalistici
lungo la strada che lambisce la baia.
Altro
centro archeologico importante è quello di Hymera,
nel territorio provinciale palermitano. Secondo quanto tramandato
dai documenti storici, la città oggi interessante
sito archeologico fu fondata intorno al 649-648 A.C. da
Ecisti. La città fu il centro di un forte scontro
tra l'egemonia cartaginese e quella greca di Siracusa, lotta
che vide la supremazia del tiranno siracusano Gelone. I
cartaginesi si vendicarono distruggendo la città.
Tutta
la zona archeologica è di notevole interesse per
i resti di antiche abitazioni risalenti al V secolo Avanti
Cristo, i reperti architettonici denominati acroteria che
anticamente servivano per decorare i frontoni dei templi,
i resti di un antico tempio dorico databile tra il 470 ed
il 460 Avanti Cristo.
Anche
Patti,
in provincia di Messina, offre innumerevoli reperti archeologici
attestanti la sua storia. In effetti è collocata
in una presistente area di antichi insediamenti greco-romani
dei quali sono stati trovati dei reperti in tutta la zona.
Per correttezza, occorre precisare che non si hanno notizie
certe sulla sua origine, come sul suo nome. Notizie più
sicure si hanno, invece, sul primo insediamento di origine
normanna, circoscritto nella parte più alta della
città ed attestato dalla creazione di una abbazia
benedettina voluta dal Conte normanno Ruggero nel 1094.
Tra
i vari reperti archeologici si può iniziare dalla
Villa Romana presente a Patti Marina e scoperta per puro
caso durante i lavori per la creazione dell'autostrada Catania-Messina.
I reperti di questa ricca residenza tardo imperiale risalente
agli inizi del IV secolo Dopo Cristo testimoniano l'importanza
di questo sito archeologico, nonchè la sua ristrutturazione
successiva ad un terremoto e che portò al ridimensionamento
della zona abitativa nel periodo che va dal V al VII secolo
D.C..
L'attento
lavoro di scavi e di ristrutturazione ha portato alla ricostruzione
del corpo centrale della sua struttura monumentale, la distribuzione
degli ambienti nonchè allo sviluppo delle strutture
portanti del complesso. Di tutta la struttura occorre innanzitutto
citare un grande peristilio, in posizione centrale nella
villa e caratterizzato da grandi ambienti quadrangolari
ed arricchito da un portico e da sale con absidi, un nucleo
relativo ad impianti termali dei quali però, sfortunatamente,
si sconosce in maniera certa l'origine a causa dei notevoli
danni subiti dalla struttura. Impossibile da dimenticare
sono i bei mosaici policromi presenti in questa villa e
raffiguranti animali, figure geometriche e vegetali, nonchè
le strutture murarie.
Le
caratteristiche di questi mosaici permettono una certa similitudine
con lo stile africano, elemento che accomuna questa villa
con quella vicino al Fiume Tellaro, già inclusa nell'itinerario
turistico riguardante i castelli e palazzi isolani, e quella
presente a Piazza Armerina. Ultimo cenno sui reperti presenti
nella zona si riferisce alle tombe presenti nel complesso
termale della villa e risalenti al periodo storico già
citato relativo ai lavori di ridimensionamento della villa.
L'antica
cittadina Tyndaris, l'odierna città di Tindari
in provincia di Messina, fu fondata da Dionigi di Siracusa
nel 396 A.C. e può contare una discreta storia, a
partire dal suo coinvolgimento durante la prima guerra punica
come postazione cartaginese e la sua successiva assoggettazione
romana nel 257 A.C.. Anche sotto il dominio romano la città
conserva sempre la sua evidente importanza determinata dalla
sua posizione strategica sul Mar Tirreno e sulle rotte che
interessano lo Stretto di Messina. La città conobbe
anche le incursioni barbariche e sotto Teodorico, re degli
Ostrogoti, la città conobbe un buon periodo di splendore.
Sotto il dominio bizantino la città divenne inizialmente
sede vescovile. L'incursione araba in Sicilia iniziò
nell'827, fatto storico che determinò la distruzione
della città di Tyndaris e la conseguente fuga dei
suoi abitanti, ripetizione di eventi passati che contribuiscono
alla creazione della già citata città di Patti.
I nizialmente
la conquista normanna ignorò tale città, evento
che determinò il declino del sito che in passato
aveva conosciuto tanta importanza.
Come
si evince dalla breve storia della città qui elencata,
innumerevoli sono i reperti storici e sacri che meritano
la visita turistica attenta degli interessati. Si può
iniziare il giro dal Santuario dedicato alla Madonna Nera
presente nell'acropoli, struttura nota per la presenza della
statua di legno orientale scuro dedicata alla Madonna e
di stile bizantino. La tradizione ci tramanda che tale simulacro
arrivò in città durante il periodo iconoclastico,
nel 750 circa, quando la nave adibita al suo trasporto per
salvaguardarla dalla possibile distruzione fu costretta
all'approdo a Tindari da una tempesta.
In
passato c'era una vecchia chiesetta dedicata alla Madonna,
un semplice Santuario che conservava le effigi dei Vescovi
sepolti nella chiesa e delle lapidi cche ne raccontano la
storia, Chiesa oggi inglobata in una più grande che
presenta ai fedeli anche dei bei mosaici alle pareti rappresentanti
i Misteri del SS. Rosario, una tela posta nella volta e
raffigurante "Il trionfo della Madonna".
Il
giro turistico della città non può fare a
meno di comprendere anche i numerosi reperti storici ed
archeologici. L'area archeologica prevede un Antiquarium
che offre la possibilità di rendersi conto dell'urbanistica
della città, nonché della storia dei vari
reperti archeologici qui presenti.
I marmi presentati sono esigui rispetto a quelli presenti
in passato e sono la testimonianza dell'importanza data
alla statuaria romana. Fra essi citiamo varie statue di
personaggi togati, la testa dell'Imperatore Augusto ed altri
reperti come vasellami che rappresentano la storia della
città dall'età del bronzo fino alla romanità.
Altro
importante monumento della zona archeologica è senza
ombra di dubbio un imponente teatro risalente alla fine
del IV secolo A.C. con una cavea suddivisa in undici settori,
in parte riadattata dai romani per i loro spettacoli. Esso
è situato al pendio naturale della collina, così
da ammirare e dominare uno splendido scenario costiero isolano.
Esso conserva ancora parte dell'edificio scenico a paraskenia
a tre ordini arcittetonici e risalenti al III-II secolo
A.C..
Ci
sono, poi, le terme che, secondo studi archeologici, è
una inserzione più recente rispetto all'edificio
a corte d'età ellenistica che le accoglie. L'impianto
prevede due stanze, probabilmente spogliatoi, noti per il
pavimento con mosaico bianco e nero, un frigidarium con
vasca da bagno ed altri mosaici rappresentanti lottatori,
delfini ed un centauro marino, due tepidaria muniti di un
sistema di riscaldamento ed il calidarium che presenta una
vasca ed altri mosaici raffiguranti, tra l'altro, Dionisio
con la vite.
C'è
poi la nota Basilica, un tempo nota come ginnasio, posta
al bordo dell'agorà e databile al IV secolo A.C.;
essa oggi è presente come rudere, un tempo coperto
da una volta a botte rinforzata da archi di pietra; ai lati
si aprivano due stradine previste di scale per arrivare
al primo piano. Tutta la struttura è stata sottoposta
ad innumerevoli studi dai quali si evince che essa può
degnamente rappresentare un monumento isolato senza molti
paralleli romani.
Il
complesso abitativo presente nell'area archeologica raccoglie
un impianto regolare ottagonale tipico delle colonie greche
di Occidente, mantenuto tale fino all'età imperiale
romana. Di questa struttura rimangono molti resti che testimoniano
l'eleganza dell'originario sito e sono costituiti, ad esempio,
da due abitazioni risalenti al primo secolo A.C. ed esempio
delle abitazioni a peristilio con un cortile come centro
nevralgico di varie abitazioni tipico della Sicilia. La
casa B è la più ampia e si affacciava con
una terrazza sul decumano; la casa C è più
piccola ma è arricchita da un atrio a peristilio
con colonne contenenti capitelli in terracotta in stila
corinzio-italico. Tutta la struttura è poi completata
da una cinta muraria costruita in due tempi, inizialmente
all'epoca della fondazione della città e poi al terzo
secolo A.C., avente scopo difensivo. Essa era anche provvista
di torri quadrate.
Il
Vallone e la necropoli di Pantalica,
nel territorio provinciale di Siracusa, può rientrare
in questo itinerario storico, anche se il vallone scavato
nell'altopiano dal torrente Anapo e la vegetazione mediterranea
e di lecci qui presenti, nonchè le vedute a strapiombo
della zona offrono delle belle occasioni turistico-naturalistiche
ai visitatori interessati.
Il sito assume una grande importanza storica per la presenza
dei resti di uno dei più antichi centri abitati isolani
noto a tutti con il nome di Hybla e molto fiorente tra il
XIII e l'ottavo secolo A.C.. Fra i reperti più importanti
si deve menzionare l'anaktoron, una monumentale sede regale
dalla struttura simile a quella dei centri micenei e dalla
posizione elevata che consente il dominio visivo su tutto
il vallone sottostante. Da non scordare è poi la
vasta necropoli dalle numerose tombe scavate nella roccia
del vallone. Al periodo altomedievale risalgono la piccola
Chiesa nota con il nome "La grotta del Crocifisso"
e dei resti di abitazioni bizantine.
Un
altro sito archeologico si trova tra i Monti Sabucina e
Capodarso, molto vicini a Caltanissetta, dove si trovano
i resti di un centro abitato dalle origini molto antiche.
I primi reperti qui trovati risalgono all'età del
bronzo, mentre i reperti che abbracciano un periodo storico
che va dal XII al X secolo A.C. fanno presumere che una
comunità indigena si installò alle pendici
del monte Sabucina. Grazie agli innumerevoli reperti qui
ritrovati, si può affermare che elementi micenei
si introdussero nella cultura locale. Il villaggio conobbe
varie distruzioni, come quella avvenuta nel V secolo A.C.
ad opera di siculi che si ribellarono ai greci e quella
più deleteria e totale che avvenne intorno al 310
A.C. pare grazie al tiranno Siracusano Agatocle. Tra i reperti
meglio conservati della zona e degni di visita occorre ricordare
una capanna-santuario, un Antiquarium contenente i resti
delle necropoli della zona nonchè dello stesso villaggio
ed alcuni resti di un antico muro di fortificazione provvisto
anche di torri.
Tornando
alla provincia di Palermo, non si può fare a meno
di parlare della cittadina di San
Cipirello, situata a ridosso del Monte Jato, altro
interessante sito archeologico importante. Gli scavi archeologici
ancora in corso portano alla luce i vari reperti che si
riferiscono all'antico centro abitato chiamato dai Greci
Iaitas, dai Romani Ietas e nel Medio Evo Giato. I vari reperti
attestano la storia di questo insediamento urbano molto
antico le cui origini risalgono al primo millennio A.C.,
che subì inevitabilmente l'influenza urbanistica
greca, il dominio cartaginese, romano, arabo e normanno
per poi conoscere la distruzione e l'esilio dei suoi abitanti
ad opera di Federico II di Svevia perchè si erano
ribellati per ragioni religiose.
Come reperti archeologici occorre citare i resti di alcune
ceramiche, un antico Tempio Greco dedicato alla Dea Afrodite
e risalente al 550 A.C., il teatro risalente al IV secolo
A.C. e ricreato a ridosso del Monte Jato e dalla notevole
capienza considerato che comprendeva tre gradinate
inferiori e la suddivisione della cavea in sette settori;
esso subì delle modificazioni nel II secolo A.C..
Ci sono poi i resti di una cosiddetta "Casa del Peristilio"
sviluppata in due piani, il pianterreno contenente numerose
stanze, dei cortili, due cisterne per raccogliere l'acqua
piovana per poter così garantire il rifornimento
idrico e numerose decorazioni, mentre del primo piano va
ricordata la sala dei banchetti, presente anche nel pianterreno.
Anche sul Monte Jato, come si è accennato, sono stati
ritrovati dei reperti archeologici, come una piazza pavimentata
con arenaria, l'agorà nella quale sono stati ritrovati
i resti di una sala del consiglio e di un tempio.
S.
Angelo Muxaro, nell'agrigentino, antico centro abitato durante
l'età del bronzo, situato in un colle dove sono state
trovate tracce di una necropoli dei sicani. La teoria storica
relativa a questo sito archeologico non è ancora
totalmente accettata, ma sembra che qui si trovava Kamikos,
la sede del potente re sicano Camicos.
Le tracce archeologiche più evidenti sono i resti
delle tombe che conservano i resti di corredi funebri risalenti
ad un periodo storico che va dall'ottavo al sesto secolo
A.C., dei vasi indigeni e greci. La tomba più nota
è denominata "Tomba del Principe".
Ad
Agrigento, oltre alla già citata e molto nota Valle
Dei Templi, occorre parlare dei reperti archeologici rinvenuti
a Monte Adranone e riferibili ad un antico insediamento
elimo-greco-punico.
Qui, nell'area compresa tra il territorio dei Sicani e quello
degli Elimi, c'era un villaggio protizoico indigeno la cui
presenza è stata attestata dai resti di capanne che
sono stati rinvenuti. Altri cospicui resti si riferiscono
ad una città fondata nel VI secolo dai coloni provenienti
da Selinunte.
Successive modifiche furono dettate dai nuovi dominatori
della zona, i Cartaginesi, che diedero all'insediamento
richiami riscontrabili in altri loro insediamenti presenti
in Sicilia.
La totale e definitiva distruzione dell'insediamento avvenne
nel 250 A.C..
I reperti archeologici che colpiscono in un primo momento
sono senza ombra di dubbio la massiccia cinta muraria difensiva
ancora visibile dal visitatore.
Successivi
reperti degni di nota sono i resti della necropoli che prevede
la presenza di tombe ad ipogeo, la più nota delle
quali è senza ombra di dubbio "La tomba della
Regina".
Sempre andando oltre, si possono ammirare i resti delle
capanne del villaggio indigeno, un quartiere abitativo risalente
al V secolo ed i resti di un'area sacra di età più
tardiva.
Superati questi primi segni del passato storico della zona,
si possono ammirare i resti della parte più antica
della città, a cominciare dai resti delle abitazioni
e dei luoghi di servizio pubblico, di un antico santuario
punico, l'acropoli con i resti di un Tempio di chiaro riferimento
punico.
Nella
zona che va dal vulcano oramai morto di Monte Lauro
e comprendente allungamenti fino al mar Ionio e al mar Mediterraneo
sono presenti numerose cave che testimoniano la cultura
preistorica iblea che si è sviluppata in passato.
Qui i ritrovamenti rupestri, segno tangibile di una cultura
davvero sviluppata e degna di nota, sono molto evidenti
e, forse, quelli meglio conservati si ritrovano nel tavolato
degli Iblei che tuttora conservano i resti evi- denti di
necropoli dal fascino e dalla suggestione antica.
Le necropoli qui ritrovate ed ovviamente studiate con molta
attenzione presentano dei tratti comuni e a volte ripetitivi,
come la tipologia tombale relativa al periodo del bronzo
antico, una pianta circolare ed una volta a cupoletta. A
causa di scarsi elementi storici riferibili al periodo preistorico
siciliano, le varie ipotesi relative all'uso delle suddette
cave sono state via via scartate a causa dei dubbi riscontrati
e della loro improbabilità fino ad arrivare all'ipotesi
fino ad ora più accreditata per la quale esse avevano
lo scopo di necropoli.
Molti
sono i ricorrenti toponimi utilizzati per le varie cave,
come ad esempio la "Grotta della Signora" o "La
Grotta dei Morti", e per comprenderne l'importanza
e le caratteristiche si può fare riferimento a quanto
detto per i ritrovamenti rupestri già citati e presenti
a Cava d'Ispica.
Iniziando
il nostro viaggio nelle espressioni rupestri presenti negli
Iblei, si può cominciare citando la "Grotta
della Signora" presente a Cava D'Ispica e degno esempio
delle altre. Forse tale denominazione deriva dal culto fenicio-
punico riferito alla Dea Tanit [= Signora]. In tale grotta
sono stati rinvenuti dei simboli purtroppo ancora non decifrati
e sono ancora visibili delle coppelle nella volta, cioè
delle scavazioni circolari riferibili a parti del corpo
della Dea e che vanno ad attestare lo scopo religioso della
cava stessa.
Altra
grotta è presente a Rosolini, nel territorio provinciale
siracusano, e denominata "Grotta Martello". Essa
è situata nell'omonima cava e presenta delle coppelle
simili a quelle già citate per la grotta precedente,
diversi condotti carsici che permettono di ipotizzare l'uso
della grotta come luogo sacro nel periodo preistorico e
resti di una tomba a forno.
"La
Grotta dei Morti" è invece presente, ad esempio,
a Cava D'Aliga, una frazione marittima di Scicli -RG-. La
prima esplorazione del sito permise di identificare la presenza
in superficie di crani umani, uno dei quali calcificato
nella roccia. Ulteriori studi più approfonditi hanno
permesso di evidenziare che tale grotta sia stato un riparo
eneolitico.
Forme più evolute dell'uso delle cave è testimoniato
dalla presenza di grotte artificiali scavate nella roccia
e destinate a luogo di sepoltura.
Si possono poi ritrovare delle cosiddette "Tombe Monumentali"
così denominate perchè prevedono un prospetto
architettonico munito di pilastri.
"Cava
Lazzaro" è presente nelle vicinanze di Rosolini
e presenta degli esempi di queste tombe monumentali, a partire
dalla "Tomba del Principe" che presenta, oltre
il già citato prospetto con pilastri finti, anche
dei simboli riferibili al culto della Grande Dea. Altri
esempi di tombe monumentali con pilastri veri e finti si
ritrovano nella necropoli di Castelluccio a Noto, sempre
nel Siracusano.
Altro
esempio dell'attività rupestre è quella riferibile
ai Santuari, degna espressione dell'arte sacra che coinvolge
la collettività. Il tutto rientra in una evidente
evoluzione del culto della Grande Dea che richiedeva dei
luoghi appropriati e chiari riferimenti monumentali. I simbolismi
più evidenti riferibili a quest'attività di
comunicazione evidente tra gli uomini e la Divinità
sono, ad esempio, i vari graffiti o pitture ed altari presenti
in questi luoghi.
Tra
gli esempi di queste aree sacre si possono citare innanzitutto
quella di Baravitalla presente nella già citata Cava
D'Ispica e che presenta una testa di toro o "Brucanio"
scolpito nella roccia e che va a rappresentare un collegamento
tra i culti delle genti iblee con quelli praticati dalle
popolazioni del bacino del Mediterraneo, nonchè un
richiamo al simbolo della rigenerazione ed ad una chiara
fonte vitale. Questo altare si trova vicino al Torrente
Busaidone.
L'area
sacra di Crocefia è presente nell'omonima contrada
riscontrabile a Modica -RG- che presenta degli altari, numerose
incisioni. Tra i reperti più rappresentativi della
zona ricordiamo quelli riconducibili alla testa di un toro
con delle corna che vanno ad abbracciare il corpo della
Dea ed altri simboli riconducubili alla cosmogonia della
Dea come simboli fallici, clessidre, coppelle. Sono state
ritrovate anche delle tracce di escavazioni canalette e
di una vasca appartenenti ad un altro altare.
Nella
già citata necropoli di Castelluccio presente nelle
vicinanze di Noto è presente un'ulteriore area sacra
con un altare sacrificale posto su monolitico. E' probabile
che tale sito sia stato alterato nel corso dei secoli e
unica originaria testimone non modificata è un'escavazione
circolare con beccuccio. Altre tracce presenti nella zona
sono quelle relative ad un'altra escavazione circolare con
delle vasche vicine e tra loro collegate e quelle riferibili
ad alcuni altari incisi su rocce e presenti nelle varie
tombe.
Come
ultimo esempio dell'attività rupestre iblea possiamo
citare alcuni simbolismi presenti nelle tombe che almeno
esteriormente non presentavano particolarità. Tra
i simboli più ricorrenti si possono citare le coppelle,
canalette, pilastri, reticoli... Quando le già citate
coppelle sono numerose e collegate con piccoli canali, si
può ipotizzare la testimonianza di un possibile collegamento
tra il simbolismo e la ritualità.
Sciacca,
nell'agrigentino, rientra in questo itinerario storico-archeologico
grazie ad un piccolo sito che presenta tracce riferibili
al Neolitico ed alla fine dell'Eneolitico. Si sta parlando
dell'Antro del Fazello, grotte che però furono abbandonate
durante l'età del bronzo a causa di probabili emissioni
di vapori bollenti. Come altri reperti archeologici ritrovati
nella zona ricordiamo delle giare riferibili all'età
del rame ed alcuni vasi, uno dei quali è stato ritrovato
ricolmo di ossa di bambini.
Taormina,
in provincia di Messina, è un rinomato centro turistico
isolano che però rientra in questo itinerario grazie
alla sua storia ed ai vari reperti archeologici qui ritrovati.
Ricordiamo innanzitutto che i suoi primi abitanti furono
i Siculi provenienti dal nord che vissero qui tranquilli
finchè il tiranno siracusano Dionisio il Vecchio
distrusse la vicina Naxos ed i suoi superstiti si riversarono
su questa località. Lo stesso Dionisio si interessò
alla località conquistandola, questo dopo la pace
stipulata con i Cartaginesi nel 392 A.C.. Successivamente
il superstite di Naxos Andromarco creò la località
denominata Tauromenion, nel 358 A.C., insieme ad altri superstiti
della città. La città aiutò gli interessi
siracusani, ma conobbe anche altre alleanze, come quella
col Re dell'Epiro Pirro, con i Romani. Con quest'ultima
dominazione la città di Taormina conobbe un discreto
periodo di prosperità economica.
Da
quanto si evince che i reperti storici ed archeologici qui
raccolti sono di una certa importanza. Si può cominciare
ad enumerarli a partire dal Teatro situato in una collina
e che offre la possibilità di ammirare un bel panorama
che comprende anche l'Etna, il Mar Ionio ed il Monte Tauro.
L'attuale
struttura dell'impianto è sotto l'influenza romana
ed è una seconda edizione dell'edificio. Esso comprende
una discreta cavea con nove settori a scalini, un doppio
portico coperto sulle gradinate, un portico interno con
otto entrate corrispondenti alle otto originarie scale che
dividevano le gradinate, portico comprendente varie nicchie
di modeste dimensioni e delle colonne, segno evidente dello
stile architettonico imperiale, una scala che originariamente
comprendeva due ordini di colonne di cui oggi rimane, purtroppo,
solo la parte più bassa di tutta la struttura.
Tra
gli altri reperti presenti nella città di Taormina
si possono ricordare un Antiquarium importante per le iscrizioni
epigrafiche e resoconti economici che esso contiene, un
edificio ellenistico-romano che probabilmente poteva essere
un ginnasio pubblico, una "Naumachia", cioè
un lunghissimo muro contenente numerose nicchie di varia
dimensione che preserva una cisterna con due navate e pilastri.
Altri
reperti più importanti si riferiscono ad un piccolo
teatro romano del II secolo D.C. con una cavea divisa in
cinque settori ed i resti delle abitazioni greche databili
nel IV-III secolo A.C. e di una casa romana del I seco-
lo A.C. nota per i suoi mosaici in bianco e nero ed una
chiesa situata sopra i resti di un antico Tempio dedicato
ad Iside [struttura religiosa greca costituita da un atrio
coperto e da due colonne]. Un fianco del Tempio è
stato inglobato dalla Chiesa.
Anche
Termini
Imerese, nel territorio provinciale palermitano,
presenta una discreta storia e dei reperti archeologici
che meritano una menzione.
Le fonti storiche ci riferiscono che la città fu
fondata dai superstiti della distrutta Hymera ed ha conosciuto
i punici, i greci, i romani ed anche i Cartaginesi.
Dei reperti archeologici qui presenti, in realtà
purtroppo non numerosissimi, occorre innanzitutto citare
i resti di un antico portico risalente al II-I secolo A.C.
e che probabilmente apparteneva ad un foro, i resti di un
anfiteatro che fanno presumere una certa capienza, un acquedotto
databile tra il II ed il I secolo A.C. che comprende due
diramazioni per il rifornimento idrico ed anche due sorgenti
captate ed una torre, probabile cella compressoria.
Infine
citiamo i resti di un centro abitato preistorico con le
sue "Mura Prugne" databili nel VI secolo A.C.
e situati vicino il Monte Castellazzo.
Da
alcune fonti storiche si può appurare che Leontinoi
era una città antica presente a sud della moderna
Lentini, nel siracusano, della quale la colonia greca più
antica occupava il Colle S. Mauro. In un secondo periodo
l'insediamento incominciò ad estendersi in altre
direzioni. Primi abitanti del sito archeologico furono i
Siculi. In una successiva epoca il sito conobbe l'insediamento
degli abitanti di Naxosa Calcidese. Successivo dominio fu
quello greco. Buona parte dei reperti archeologici della
zona sono inclusi nel Parco archeologico. Tale parco conserva,
ad esempio, la cinta muraria appartenuta alla Necropoli
di S. Mauro, una necropoli ellenistico-romana con tombe
che si riferiscono anche al VI secolo A.C., i resti di un
villaggio preistorico e di un tempio greco e di una fortificazione
sveva.
Sempre
nel siracusano, e precisamente nelle vicinanze di Palazzolo
Acreide, si trovano i reperti archeologici relativi
all'antica colonia siracusana fondata nel 664 A.C. e nota
col nome di Akrai.
Anche in questo caso buona parte dei reperti sono situati
in un Parco Archeologico. In esso sono ritrovabili i resti
di un teatro greco che subì delle modificazioni ad
opera dei Romani, come la costruzione di un "pulpitum",
un tratto del "decumano", un asse viario romano
che collegava la porta "Siracusana" orientale
con quella detta "Selinuntina" occidentale, le
"Latomia della Intagliata" e la "Latomia
dell'Intagliatella", delle antiche cave di pietra che
nel passato hanno avuto anche altri ruoli che vanno dalle
necropoli greche alle abitazioni bizantine.
Thapsos
si trova sempre nel territorio provinciale siracusano, esistente
già nel periodo della fondazione delle colonie greche.
Inizialmente si fece conoscere grazie all'abilità
nel commercio dei suoi primi abitanti. Si hanno notizie
storiche relative all'arrivo nel sito dei Megaresi, degli
Ateniesi e di un propabile insediamento dei Fenici, evento
ancora da verificare con esattezza. Qui i reperti attestano
l'alta precisione degli abitanti che seppero creare un centro
abitativo davvero organizzato attestato dai resti di capanne
circolari e semicircolari; è provata anche una originaria
presenza di capanne aventi forme diverse dalle precedenti,
ma che comunque si riferiscono sempre al primo periodo del
sito stesso.
Successivamente la struttura abitativa della città
cambiò radicalmente ignorando le antiche tecniche
di costruzione e comprendendo delle strutture edili- zie
nuove che prevedono dei nuclei abitativi dalle forme rettangolari.
Tra
i resti archeologici qui presenti ricordiamo quelli che
si riferiscono alla cinta muraria costruita in due successivi
periodi, delle necropoli quasi tutte a grotticella e con
delle nicchie destinate ai componenti della stessa famiglia,
necropoli che hanno offerto anche parte dei corredi funebri.
La
cittadina di Noto
presente in provincia di Siracusa è stata già
citata nell'itinerario religioso e qui rientra a pieno titolo
per i reperti relativi al borgo antico.
Innanzitutto occorre ricordarne la storia. Il vecchio borgo,
"Noto
Antica", andò distrutto dal famoso terremoto
del 1693, deleterio evento che impose la ricostruzione cittadina
ma che comunque ha garantito una notevole esplosione dell'architettura
barocca che ha dato tanta fama alla città. Quindi,
arrivando in questa città, si ha la doppia possibilità
di ammirare non solo i suoi monumenti barocchi ed il Museo
civico, ma anche i reperti relativi alla Noto antica, centro
siculo che conobbe un periodo di ellenizzazione e la prosperità
sotto i Romani e nel Medio Evo. I reperti attestano la presenza
del borgo presso la Collina dell'Alveria e consistono in
una parte della cinta muraria che prevedeva anche l'ausilio
di alcune torri [costruzione relativa al VI secolo A.C.],
l'agorà che presenta ruderi di case che risalgono
dall'ottavo al sesto secolo A.C., un Tempio dedicato a Demetra
che può esser considerato un esempio del tardo ellenismo
influenzato dallo stile architettonico proveniente dall'Asia
Minore ed infine il santuario dedicato a Demetra e Kore
di età compresa tra il VI ed il IV secolo A.C..
Ma
i ruderi di Noto Antica comprendono anche dei resti di necropoli
e testimonianze più antiche che fanno supporre una
antichissima presenza umana nella zona.In effetti queste
necropoli situate nelle vicinanze del borgo antico sono
relative alla "Civiltà di Castelluccio"
[XVII-XV secolo A.C.] e alla "Civiltà del Finocchito"[VIII-VII
secolo A.C.].
Nella zona sono visibili tracce di reperti archeologici
come "La Grotta del Carciofo" [una catacomba ebraica
che prevede anche la presenza di due candelabri scolpiti
nella roccia], "La Grotta delle Cento Bocche"
[una catacomba bizantina]. Altri reperti molto antichi sono
quelli relativi ad un Gymnasium ed Heroa ellenistici relativi
al III secolo A.C..
Infine citiamo "l'eremo della Madonna della Provvidenza"
costruito nel periodo immediatamente successivo il famoso
terremoto e a ricordo delle sue vittime.
Per
terminare questo breve giro tra i vari ed importanti reperti
archeologici del Siracusano, occorre soffermarci al piccolo
centro fondato dai siracusani nel VII secolo A.C. nei pressi
della foce del fiume Tellaro, cioè Eloro.
Qui si trovano i resti di antiche mura costruite nel VI
secolo A.C. che prevedevano anche due porte laterali, mura
che però subirono rifacimenti già nel IV secolo.
Ci sono poi i resti di un ambiente trapezoidale, probabilmente
una agorà. Altri cenni meritano i resti relativi
ad un Santuario dedicato a Demetra, ad un teatro e alla"Pizzuta",
cioè un monumento funerario forse di epoca ellenistica.
Centuripe
è un centro rientrante nella provincia di Enna, attualmente
noto per la produzione ortofrutticola e per lo splendido
panorama che offre grazie alla sua posizione di dominio
sulle valli del Dittaino e del Salso, ma che anche in passato
conobbe una certa importanza grazie alla sua citata posizione
strategica. Dalle fonti storiche si evince che essa fu ellennizata
nel IV secolo e che conobbe anche il dominio Romano.
Un
giro archeologico della zona non può fare a meno
di considerare i resti del Castello di Corradino, un mausoleo
romano, di un foro romano, di un edificio termale presente
nel Vallone dei Bagni, di una casa ellenistica e di una
cisterna di età imperiale.
Rientrano
a pieno titolo in questo itinerario archeologico e storico
i resti di una villa romana relativa al I secolo D.C. e
dotata di alcuni mosaici pavimentali e di un impianto di
terme, resti visitabili nelle vicinanze di Castroreale,
in provincia di Messina.
Tutta la città di Castroreale,
comunque, è molto ricca di reperti archeologici che
fanno supporre un insediamento cittadino già nel
XIV secolo.
Altri
reperti menzionabili sono quelli relativi ad Halaesa,
una antica colonia greca fondata nel V secolo A.C. distrutta
dagli Arabi ed i cui resti sono presenti vicino la città
di Santo Stefano di Camastra, in provincia di Messina. Qui
sono ancora visibili i resti di una cinta muraria, del basamento
di un tempio, dell'agorà e di un colombaio romano.
Per dare gli ultimi cenni al centro ellenistico di Halasea,
occorre ricordarne l'importanza assunta sotto i Romani.
La città, oggi presente con una parte che ricorda
i fasti antichi, con il dominio romano conobbe non solo
il già citato sviluppo, ma anche alcuni privilegi
come l'esenzione del pagamento delle imposte e il raggiungimento
dello stato di "municipium".
Il suo declino incominciò con l'arrivo degli arabi.
I vari reperti archeologici qui ritrovati e soprattutto
le innumerevoli iscrizioni, permettono di ricostruirne la
storia.
Il
Parco Archeologico Valle del Morello rientra nella
provincia di Enna ed e' compreso esattamente tra i comuni
di Villarosa e Calascibetta. Tutta l'area comprende reperti
molto antichi che abbracciano un arco di tempo che va dal
neolitico all'eta' del rame e del bronzo, fino alla tarda
antichita'.
Esattamente, qui si possono ammirare ben sette insediamenti:
quelli rupestri di Monte Gulfo e contrada S. Anna, lago
Stelo, Rocca Danzese, le Contrade S. Rocco e Panrcazzo e
Casa Bastione. Da ricordare, inoltre, una vasta area di
industria litica, varie tombe ed ambienti funerari presenti
nelle rocce, santuari dedicati al culto delle acque e reperti
relativi a varie necropoli. I reperti indicati fanno comprendere
chiaramente l'importanza scirentifica di tutta la zona.
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