| I 
                      Siti Archeologici   Un 
                      itinerario turistico siciliano può riguardare i siti 
                      archeologici isolani. 
 Qui 
                      la storia millenaria dell'isola sembra parlare direttamente 
                      ai turisti e storici interessati. 
 Anche 
                      in questo caso, come per l'itinerario riguardante le Chiese 
                      isolane ed i Castelli, occorre sempre tener presente le 
                      varie dominazioni subìte dalla Sicilia, a partire 
                      dai tempi antichi e riferibili ai greci, ai cartaginesi, 
                      agli arabi, ai Normanni, agli Svevi.
 Le 
                      notizie storiche non hanno il compito di tediare ma di favorire 
                      una maggiore comprensione dell'importanza storica dei vari 
                      siti e monumenti citati e per apprezzarne meglio la bellezza. 
                      
  Il 
                      giro turistico non può non partire dagli innumerevoli 
                      siti archeologici presenti nella provincia di Trapani, a 
                      cominciare da Selinunte, 
                      oggi stazione archeologica famosa ma in passato antica polis 
                      fondata nel VII secolo A.C. dai Dori, distrutta dai Cartaginesi 
                      prima del passaggio dei Romani, ridotta ad acropoli e poi 
                      dimenticata fino al 1800, quando iniziarono i seri scavi 
                      e studi archeologici.
  Oggi 
                      il sito raccoglie i visitatori che sono attratti anche dalle 
                      vicine Cave 
                      di Cusa, testimonianza dell'immane lavoro degli 
                      schiavi e delle maestranze della zona ed in cui i lavori 
                      iniziarono nel VI secolo, per poi interrompersi con il già 
                      citato arrivo dei Cartaginesi. La bellezza del sito archeologico 
                      è arricchita anche dalla bellezza della natura che 
                      fa da nobile cornice, a partire dall'uliveto rigoglioso 
                      e dagli alberi di fico e mandorle. 
  Il 
                      vasto Parco Archeologico situato tra i fiumi Cottone e Modione 
                      con i resti di antichi templi ricordano i fasti del passato 
                      glorioso di questa città fondata nel lontano 651-650 
                      Avanti Cristo, quando Pammilo ottenne il compito di creare 
                      questa nuova colonia greca in Sicilia. L'antica città 
                      andò a scontrarsi con Segesta, colonia degli Elimi. 
                      La città fu l'avamposto greco che si oppose agli 
                      attacchi punici nell'isola. La pace non fu duratura nella 
                      città perché essa subì gli attacchi 
                      cartaginesi che in buona parte la distrussero per sottrarla 
                      dal controllo romano nel III secolo Avanti Cristo, dominio 
                      che comunque non fu evitato. Dell'antichità oggi 
                      pervengono a noi i resti di alcuni templi oggi catalogati 
                      usando alcune lettere dell'alfabeto perchè non avevano 
                      nome, a partire dal Tempio G, non completato già 
                      antecedentemente l'attacco cartaginese e risalente al V 
                      secolo A. C..
 Tra 
                      gli altri reperti della zona archeologica si hanno l'acropoli 
                      i cui primi reperti certi assicurano che la collina in cui 
                      essa sorge fu spianata dai coloni megaresi, mentre si suppone 
                      che essa fu ingrandita fra la fine del VI e l'inizio del 
                      V secolo A.C., con i suoi sei templi più piccoli 
                      come il Tempio D costruito nel VI secolo A.C. ed il Tempio 
                      B, di epoca ellenistica e forse dedicato al filosofo Empedocle; 
                      varie necropoli, la vera fonte di innumerevoli reperti a 
                      partire da vasi greci; il Santuario della Malapholos con 
                      le sue statue femminili sacrali che reggono in mano un melograno 
                      e nel quale si sono trovati reperti riferibili non sola- 
                      mente al periodo greco, ma anche delle reminescenze databili 
                      al secondo periodo di vita della città, quando essa 
                      era sotto la tutela punica, ed il Santuario di Zeus Melichios, 
                      probabilmente di origine punica.  La 
                      bellezza del posto è data, da quanto si evince dall'elenco 
                      fatto, dall'ingente mole e bellezza dei reperti qui trovati 
                      grazie agli scavi effettuati a partire degli inizi del 1800 
                      e che continuano ancora oggi visto che gli studiosi affermano 
                      che, a causa della vastità della zona, buona parte 
                      dell'antica città resta ancora sepolta. 
  Altro 
                      sito archeologico della provincia di Trapani è Marsala, 
                      nota in passato per il suo importantissimo porto punico 
                      che resistette agli attacchi di Dionigi, Timoleonte, Pirro 
                      e Roma, città fondata dai superstiti di Mozia, altro 
                      sito archeologico famoso sempre in provincia di Trapani 
                      nonchè caratteristica isoletta di cui si parlerà 
                      in seguito, nel 397 A.C..
 Dei 
                      vari reperti archeologici qui presenti ricordiamo una porta 
                      fiancheggiata da due torri, probabili punti di difesa cittadina, 
                      una casa con un atrio e peristilio ed alcune stanze dedicate 
                      alle terme e con datazione riferibile al III secolo A.C. 
                      e che colpiscono soprattutto per i suoi pavimenti con i 
                      mosaici, alcuni con temi naturalistici e raffiguranti, ad 
                      esempio, quattro gruppi di belve che assalgono un cervo 
                      ed altri che hanno motivi vegetali e geometrici.
 La 
                      città conobbe anche la dominazione romana, passaggio 
                      attestato ad esempio dalla camera funeraria sotterranea 
                      risalente al II secolo A.C. e contenente sei sepolture scavate 
                      nei lati, stanza arricchita notevolmente dalle decorazioni 
                      pittoriche presenti alle pareti e raffiguranti, ad esempio, 
                      scene di banchetti, pavoni, decorazioni floreali, il tutto 
                      in onore di Crispia Salvia, conosciuta grazie ad una iscrizione 
                      qui presente. 
  Il 
                      sito archeologico di Segesta, 
                      rientrante sempre nella provincia di Trapani, testimonia 
                      il passaggio degli Elimi in Sicilia, oltre alle città 
                      di Erice ed Entella. Gli elementi storici a nostra disposizione 
                      ci fanno supporre che gli Elimi erano dei profughi Troiani 
                      fuggiti dopo la distruzione delle loro città e forse 
                      costretti ad approdare in Sicilia dove si unirono ai Siculi. 
                      La storia ci tramanda, inoltre, la sua rivalità con 
                      l'antica città di Selinunte per ottenere uno sbocco 
                      sul Tirreno e di come la città chiese aiuto agli 
                      Ateniesi, evento che poi condizionò tutta l'isola, 
                      e poi dei Cartaginesi, anch'essi deleteri per alcune città 
                      isolane che furono da loro distrutte. Il tempio presente fuori dalla cinta muraria cittadina e 
                      risalente alla fine del quinto secolo avanti Cristo è 
                      uno splendido esempio dell'arte dorica.
 
  Il 
                      Tempio si trova vicino il Monte Barbaro ed è caratterizzato 
                      dalla sua scenografia suggestiva, dalla sua struttura a 
                      cielo aperto, dalle sue colonne lisce. Di esso oggi rimangono 
                      alcuni resti come la trabeazione e i due frontoni. Altro 
                      elemento caratteristico del sito è certamente il 
                      teatro, risalente alla II metà del terzo secolo Avanti 
                      Cristo, dalla forma a semicerchio, con una ventina di scalini 
                      scavati nella viva roccia. 
 Altro 
                      reperto storico è il santuario indigeno in contrada 
                      Mango, altro esempio dell'influenza greca realizzato nel 
                      VI secolo A.C. ed esempio del temeneos, il recinto che racchiudeva 
                      le costruzioni sacre.
 C'è 
                      poi l'acropoli divisibile in due parti distinte, quella 
                      sud riservata all'edilizia privata e residenziale e quella 
                      nord sede degli edifici pubblici come l'agorà. Altri 
                      reperti della zona sono i resti della cinta muraria superiore 
                      intervallata con delle torri e due porte e databile nel 
                      periodo di passaggio tra l'età repubblicana e quella 
                      imperiale ed un castello a torre contenente anche una chiesa 
                      a tre navate e di epoca più "recente" vista 
                      la sua datazione riferibile al XII secolo. 
  Altro 
                      sito archeologico attestante il passaggio degli Elimi nell'isola 
                      è la già citata Erice, 
                      in provincia di Trapani. La sua storia comprende anche il 
                      suo coinvolgimento nelle lotte di supremazia tra Cartaginesi 
                      ed i Greci presenti nell'isola. I Cartaginesi la distrussero 
                      in parte. La città subì anche la dominazione 
                      romana nel 241 A.C. e conobbe un periodo di maggiore fortuna 
                      sotto la presenza araba e poi quella normanna.
 Tra 
                      i vari reperti presenti nella zona si hanno: i resti dell'antica 
                      cinta muraria contenente anche tre porte normanne - Spada, 
                      del Carmine e Trapani -, la Fortezza medievale nota con 
                      il nome di "Castello di Venere", le tracce dell'antico 
                      santuario dedicato a Venere Ericina risalente al V-IV secolo 
                      A.C. e che ebbe un forte rilievo sotto i normanni. 
  Anche 
                       Gela, 
                      in provincia di Caltanissetta, ha il suo sito archeologico 
                      costituito dalle antiche mura difensive presenti a Capo 
                      Soprano, esempio del sistema difensivo greco fondato dai 
                      coloni di Rodi e Creta e poi sfruttato da Gelone ed Ierone.
 I 
                      reperti storici documentano che probabilmente la città 
                      fu fondata verso la fine del 600 Avanti Cristo e ben presto 
                      la sua piana Nord era di totale dominio dei Geloi. Ben presto 
                      iniziarono delle vere e proprie campagne di ellenizzazione 
                      delle zone limitrofe Gela. La storia della città 
                      conobbe dei periodi bui durante le guerre cartaginesi, così 
                      come altri siti locali, ma anche periodi di florida pace 
                      con l'arrivo del Corinzio Timoleonte ed il conseguente arrivo 
                      di nuovi coloni che portarono linfa vitale innovativa anche 
                      a Gela.  L'itinerario 
                      archeologico deve comprendere i vari reperti storici presenti 
                      nel già citato sito di Capo Soprano che, prima di 
                      conoscere la costruzione delle mura di fortificazione greche, 
                      fu adibito a necropoli. Le mura di fortificazione greche 
                      di Caposoprano sono oggi preservate nel grande Parco Archeologico 
                      presente nella zona ed hanno resistito nel tempo grazie 
                      alla loro copertura di sabbia che ha consentito una buona 
                      opera di drenaggio delle acque. 
 Gli 
                      scavi hanno riportato alla luce queste mura dopo 23 secoli. 
                      Essi si estendono per circa 350 metri e devono considerarsi 
                      uno dei più belli esempi di arte militare difensiva 
                      greca ed in passato esse racchiudevano tutta l'antica città 
                      greca fino ad estendersi, nel periodo di maggiore floridezza 
                      della colonia greca, fino a quattro km nel suo lato a sud. 
                      Essi hanno logicamente subito numerosi danni durante il 
                      tempo, come quelli prodotti dall'attacco dell'allora tiranno 
                      di Agrigento Finzia nel 282 A.C.. La loro struttura è 
                      molto particolare perchè prevede la compresenza di 
                      vari materiali, a partire da conci e mattoni crudi di argilla. 
                      
 Il 
                      Parco Archeologico qui presente ci testimonia con i suoi 
                      ruderi di edifici del VII secolo A.C. l'arrivo dei Greci 
                      nella città, mentre gli altri reperti in esso contenuti 
                      e comunque importanti e da citare sono, ad esempio, i resti 
                      di un antico santuario dedicato ad Athena e risalente al 
                      periodo dorico. 
 C'è 
                      anche il Museo che con i suoi che con i suoi reperti testimonia 
                      un arco temporale che va dal 698 al 282 A.C., anno della 
                      distruzione da parte degli Agrigentini. Tra gli altri reperti 
                      qui conservati si hanno siti extra-urbani, che abbracciano 
                      un arco di tempo che va dall'età preistorica a quella 
                      medievale. 
 Si 
                      può visitare, sempre all'interno del Parco, anche 
                      l'impianto termale risalente al IV secolo arricchito anche 
                      da un sistema di riscaldamento dell'acqua. Esso comprendeva anche delle vasche e di tutto il suo complesso 
                      oggi rimane tutto quello che ha resistito al logorio temporale 
                      ed all'antico attacco incendiario del tiranno agrigentino 
                      Phintias.
 
 Un 
                      altro sito archeologico importante, risalente alla fine 
                      dell'ottavo secolo avanti Cristo, è la cittadella 
                      di Megara Hyblaea, ubicata in un promontorio a nord 
                      di Siracusa e fondata da coloni greci. La città conobbe 
                      un periodo di floridezza e di espansione fino al 483 A.C., 
                      quando fu distrutta da Gelone di Siracusa. La città 
                      fu costruita veramente nel 340 A.C. da Timoleonte, anche 
                      se non raggiunse più l'importanza che ebbe nel passato. 
                      Attualmente sono visibili alcuni resti delle mura di fortificazione 
                      della città arcaica, accanto ai quali sono stati 
                      posizionati dei sarcofaghi provenienti dalla necropoli. 
                      
 All'interno 
                      di queste mura sono visibili i resti di due templi, mentre 
                      nell'angolo nord-ovest dell'agorà ci sono i resti 
                      di una grande area ellenistica con della attigue botteghe 
                      ed alle spalle dei nuclei abitativi. I resti di un'altra 
                      casa si trovano a sud-ovest dell'agoràe mostra un 
                      complesso di venti vani che esemplifica la cultura abitativa 
                      ellenistica. Altri resti importanti sono quelli del pritaneo, 
                      dove i magistrati [=pritani] offrivano i banchetti agli 
                      ospiti illustri. 
  Tra 
                      Agrigento e Sciacca, vicino il fiume Platani, si trovano 
                      i resti della città di Heraclea 
                      Minoa. La cittadina ha una storia molto travagliata, 
                      dovuta innanzitutto dalla sua posizione di confine tra l'area 
                      punica e quella greca; il ritrovamento della tomba di Minosse 
                      dà maggior credito alla leggenda che la città 
                      fu fondata da Minosse stesso; la città acquistò 
                      la sua libertà con il trattato di Timoleonte, nel 
                      339 A.C.. Essa fu poi abbandonata nel primo secolo Avanti 
                      Cristo. 
 Altri 
                      reperti archeologici testimonierebbero che il sito era già 
                      abitato nel Paleolitico e che il primo insediamento abitativo 
                      era presente vicino al fiume Platani. Tra i reperti più 
                      significativi occorre citare il gruppo di case databili 
                      tra il IV III secolo A.C. ed organizzati attorno ad un cortile, 
                      un santuario domestico, il più importante teatro 
                      databile alla seconda metà del IV secolo A.C. e dalla 
                      caratteristica posizione della cavea rivolta verso il mare 
                      ed i resti di una antica cinta muraria costruita tra la 
                      fine del VI e quella del IV secolo Avanti Cristo. 
 Solunto, 
                      Palermo e la già citata Mozia in passato sono state 
                      le tre città dei fenici della Sicilia. 
 Solunto 
                      è quindi un importante sito archeologico che si trova 
                      in provincia di Palermo. La città fu distrutta dai 
                      saraceni ed i suoi resti sono stati rivalutati grazie agli 
                      scavi archeologici effettuati a partire dal 1800. Oggi è possibile visitare buona parte dell'antica 
                      città e si può conoscere così la sua 
                      originaria struttura costituita a partire dalle sue case 
                      a pianta quadrangolare e di varia dimensione e con i pavimenti 
                      decorati con dei mosaici per poi continuare con il ginnasio, 
                      una casa ellenistico-romana con colonne doriche, la casa 
                      di Leda, così chiamata perchè una delle sue 
                      pareti raffigura il mito di Leda con un cigno ed i resti 
                      del teatro, costituiti da alcune gradinate e tracce della 
                      cavea e della scena.
 
  L'isoletta 
                      di Mozia 
                      -Tp- è visitabile sia come sito balneare, come si 
                      vedrà in seguito, ma anche con l'intento di scoprire 
                      i resti archeologici relativi alla sua storia. I resti archeologici 
                      attestano le sue origini databili intorno al VII secolo 
                      A.C.. L'isola è nota come antica comunità 
                      fenicio-punica e conobbe anche la dominazione di Dionisio 
                      I. Tra i vari reperti archeologici qui presenti si possono 
                      citare i resti di un antico Santuario a tre navate risalente 
                      al VI secolo, una necropoli con varie tombe ad incinerazione, 
                      un tophet dove i bambini destinati come sacrificio alle 
                      divinità erano bruciati -le loro ceneri erano poi 
                      conservate in piccole urne accompagnate da statuette e maschere, 
                      una casa nota con l'appellativo di "La casa dei mosaici" 
                      per il suo pavimento a mosaici rappresentanti vari felini 
                      in lotta con altri animali. 
 Anche 
                       Palermo 
                      va ricordata, come si è già detto, come antico 
                      insediamento dei Fenici dai quali fu fondata nell'ottavo 
                      secolo Avanti Cristo. Essi ebbero notevoli contatti con 
                      i vari abitanti siciliani, cioè sicani, elimi e greci, 
                      e ben presto la città assunze un ruolo strategico 
                      grazie all'isoletta di Mozia e la città di Solunto 
                      che garantirono i traffici commerciali marittimi.
  Il 
                      porto palermitano ha avuto, dunque, da sempre un ruolo importante 
                      in tutta la vita economica e sociale della città, 
                      evento provato anche dal fatto che lo stesso nome del capoluogo 
                      isolano deriva dal termine greco Panormus [= tutto porto]. 
                      La città subì anche il dominio dei cartaginesi, 
                      dei romani, quella dei Vandali, dei Longobardi e dei Bizantini, 
                      quella araba per poi arrivare ai Normanni. Si evince da 
                      questi brevi cenni storici che la città di Palermo 
                      può offrire agli amanti dell'archeologia innumerevoli 
                      reperti dall'elevata importanza storica, a partire dalle 
                      grotte presenti nei suoi dintorni, frequentate anche nel 
                      Paleolitico, le grotte dell'Addura con i loro graffiti relativi 
                      al Neolitico Medio, i reperti di un antico villaggio neolitico. 
 Se 
                      a tutto questo si aggiungono le varie chiese, i musei, le 
                      riserve naturali ed i Musei che si trovano nella città 
                      come in tutto il suo territorio provinciale, si comprende 
                      come Palermo può davvero offrire molto. 
  Cava 
                      d'Ispica 
                      è un altro importante sito archeologico siciliano 
                      presente in provincia di Ragusa. Tutta la zona ha un alto 
                      valore naturalistico dato dalla presenza di una ricca vegetazione 
                      formata ad esempio dalla macchia mediterranea comprendente 
                      pioppi, sambuchi, platani e lecci. La cava è solcata da un ruscello, quasi sempre in 
                      secca ultimamente, chiamato nella parte superiore Pernamazzoni 
                      ed in quella inferiore Busaitone. La cava ha la forma di 
                      gola, è costituita prevalentemente dal tenero calcare 
                      e con una posizione di difesa dal mare. Tutto questo ha 
                      contribuito a tutelare tutta la zona e a renderla un forte 
                      concentrato di complessi rupestri davvero interessanti. 
                      La cava è concentrata in circa 13 chilometri, dal 
                      notevole valore archeologico, è divisibile in due 
                      parti.
 
  La 
                      prima parte si trova a nord, tra le città di Modica 
                      ed Ispica, ed è caratterizzata dalla forte presenza 
                      di catacombe risalenti all'epoca paleocristiana [IV-V secolo], 
                      denominata Larderia. Questa parte è uno dei più 
                      grandi cimiteri ipogei siciliani dove sono state rinvenute 
                      varie iscrizioni, come il cavallino acefaleo. 
 La 
                      parte nordica della cava presenta numerose tracce di abitazioni 
                      grazie alle pareti dolci che ne hanno favorito la costituzione, 
                      numerose necropoli ed oratori ipogei religiosi, nonché 
                      altri siti archeologici importanti come la Chiesa di S. 
                      Maria, due complessi abitativi - quello delle "Grotte 
                      Cadute" ed il  "Castello", 
                      nella zona centrale del sito- la piccola ma suggestiva chiesetta 
                      rupestre dedicata a S. Nicola, d'epoca bizantina, un ambiente 
                      sacro che offre ai visitatori una ben conservata serie di 
                      affreschi dei quali attualmente si possono ammirare alcuni 
                      frammenti riguardanti, ad esempio, San Nicola e la Madonna 
                      col Bambino, ed i ruderi della chiesetta bizantina di San 
                      Pancrati risalente tra il quarto ed il quinto secolo; di 
                      quest'ultima chiesa rimangono pochi ruderi, ma dai documenti 
                      storici si ricava che essa doveva avere in origine una sola 
                      navata e tre absidi ed aveva un attiguo convento benedettino 
                      nel periodo alto medievale. Tra 
                      gli altri oratori ipogei della zona occorre ricordare la 
                      famosa "Grotta dei Santi" caratterizzata da una 
                      lunga serie di affreschi presenti nelle pareti e raffiguranti 
                      i Santi riferibili alle comunità cristiano-bizantine 
                      e che trovarono rifugio nella zona.
 La 
                      seconda parte della Cava è il rinomato "Parco 
                      Forza", nel territorio ispicese, noto per i suoi siti 
                      come la Chiesa dell'Annunziata che preserva ancora delle 
                      fosse sepolcrari, poste sotto il pavimento e la grotta Scuderia, 
                      al cui interno è ricavata una mangiatoia nel vivo 
                      calcare. Entrambi i siti erano collegati al Palazzo Marchionale, 
                      del quale oggi restano buoni resti dai quali si arguisce 
                      l'antica presenza di due corti acciottolate e dalla forma 
                      diversa, degli ambienti con delle pavimentazioni ben curate. 
                       La 
                      visita della zona può riguardare anche il sito Centoscale, 
                      scavato al di sotto del livello del fiume e caratterizzato 
                      da innumerevoli gallerie che raccolgono l'acqua durante 
                      tutto l'anno. 
 L'itinerario 
                      riguardante i siti archeologici deve obbligatoriamente riguardare 
                      i reperti storici presenti a Siracusa. 
                      La colonizzazione greca ha interessato un po' tutta la Sicilia 
                      orientale all'inizio del settimo secolo avanti Cristo ed 
                      essa si può identificare con la storia di Siracusa. 
                      Qui i Greci si insediarono nell'isolotto di Ortigia ed estesero 
                      il loro dominio lungo la zona circostante. La storia insegna 
                      che la città subì anche altre dominazioni, 
                      a partire dai Romani con i quali la città perse la 
                      sua indipendenza, dai Bizantini sotto il cui dominio divenne 
                      capitale dell'Impero d'Oriente e dagli Arabi con i quali 
                      divenne una vera e propria capitale per tutta la Val di 
                      Noto, ma ovviamente i reperti più antichi sono quelli 
                      greci che sicuramente meritano la menzione. 
  Primo 
                      monumento attestante la presenza greca a Siracusa è 
                      il Castello Eurialo, fatto costruire da Dionisio il Vecchio 
                      dal 402 al 397 Avanti Cristo con lo scopo di difendere la 
                      sua roccaforte dagli attacchi cartaginesi. Il castello ha 
                      subito varie trasformazioni durante le altre dominazioni 
                      che la città subì. Il castello è difeso 
                      nella sua parte ovest da tre fossati che sono scavati nella 
                      roccia. Dal terzo fossato parte una serie di passaggi e 
                      gallerie. Il castello è attualmente diviso in due 
                      parti da una serie muraria, cosa che in epoca greca non 
                      era presente. Il castello può essere considerato 
                      degnamente come esempio dell'ingegneria greca militare. 
                      Dal castello parte la cinta muraria che fu voluta da Dionisio 
                      I, sempre per motivi di difesa della sua roccaforte. 
  Altro 
                      esempio della dominazione greca è il teatro la cui 
                      esistenza è nota sin dal V secolo Avanti Cristo e 
                      ricavato nel colle Temenite. Già con una semplice 
                      visione panoramica non si può fare a meno di notare 
                      la cavea costituita da vari scalini suddivisi in nove settori, 
                      la platea semicircolare che in epoca greca accoglieva i 
                      cori che vi eseguivano le loro danze. 
 In 
                      epoca romana il teatro subì delle modifiche per adattarlo 
                      agli spettacoli tipici romani, come quelli circensi. Il 
                      passaggio romano portò anche l'abolizione di due 
                      ingressi laterali che permettevano l'ingresso del coro.In 
                      passato il teatro offriva ai suoi ospiti anche una bella 
                      vista sul mare, cosa che rendeva più suggestivo il 
                      luogo. 
  Vicino 
                      al teatro si trova "La latomia del Paradiso", 
                      una vasta cava ricordata soprattutto per la grotta artificiale 
                      "Orecchio di Dionisio", alla quale è legata 
                      la leggende che Dionisio vi rinchiudesse i suoi prigionieri 
                      e dalla apertura in alto poteva ascoltare le loro confidenze 
                      che giungevano in maniera amplificata, e per la "Grotta 
                      dei Cordari", parte della quale è chiusa al 
                      pubblico per il pericolo della caduta massi.
 Un'altra 
                      Latomia da ricordare è quella dedicata a Santa Venera, 
                      oramai trasformata in giardino. Occorre ricordare che le 
                      latomie sono costituite da pareti rocciose irregolari con 
                      delle caverne contenenti una vegetazione lussureggiante 
                      e che sono delle cave aperte di pietra calcarea. 
 Altro 
                      reperto storico della città è il Tempio di 
                      Apollo, un antico dorico periptero che nel corso dei secoli 
                      ha subito delle modifiche per diventare, ad esempio, chiesa 
                      bizantina, moschea araba e poi chiesa normanna. Questo tempio, 
                      simile ad altri presenti nella Magna Grecia, presenta delle 
                      colonne molto tozze e ravvicinate, un'iscrizione che attesta 
                      la dedica ad Artemide.
  Il 
                      tempio dedicato ad Atena oggi è stato inglobato dal 
                      duomo cittadino. Dell'antico tempio dorico oggi si può solo immaginare 
                      l'antica magnificenza costituita, ad esempio, da notevoli 
                      fregi e decorazioni effettuate con materiali preziosi.
 Ricordiamo, poi, il ginnasio romano che risale al primo 
                      secolo D.C.. I reperti archeologici lasciano supporre l'antico 
                      fasto del luogo realizzato, ad esempio, dal tempio e dal 
                      teatro.
 
  Il 
                      sito archeologico di Morgantina 
                      si trova vicino Aidone, in provincia di Enna. Le fonti storiche 
                      attestano che tale cittadella aveva una grossa importanza 
                      commerciale grazie alla sua posizione geografica fortunata. 
                      La città ebbe un notevole sviluppo durante il periodo 
                      ellenistico e romano. I resti più antichi trovati qui dagli scavi archeologici 
                      risalgono al XIII secolo Avanti Cristo e sono stati trovati 
                      sul colle della Cittadella. Tra i vari ambienti qui presenti 
                      citiamo l'agorà con la sua disposizione a due livelli 
                      uniti da una scalinata, al centro del quale si trovano le 
                      botteghe risalenti all'epoca romana, le fornaci ed un santuario; 
                      un granaio pubblico risalente al III secolo A.C., i resti 
                      di un antico mercato con le tracce delle pareti divisorie 
                      delle varie botteghe.
 
 Tra 
                      gli uleriori cenni storici e turistici che si possono dare 
                      di questo sito archeologico, occorre dire che i vari reperti 
                      qui trovati testimoniano l'unione tra la cultura sicula 
                      e quella greca. Buona parte dei reperti archeologici attestanti 
                      gli antichi fasti della zona si trovano nel Museo della 
                      vicina Aidone. 
  Uno 
                      splendido esempio di reperti archeologici di una certa importanza 
                      si trovano nella Villa 
                      Romana del Casale, risalente al III-IV secolo dopo 
                      Cristo. Si scononsce l'originario proprietario di questa splendida 
                      villa presente nell'ennese, e precisamente nella cittadina 
                      di Piazza Armerina, [ nota cittadina che in passato ha subito 
                      varie dominazione, a partire da quella dei Siculi, Greci, 
                      Romani, Vandali, Goti, Bizantini ed Arabi],ma di certo doveva 
                      esser un nobile facoltoso visto la ricchezza della villa 
                      costituita a partire dagli innumerevoli mosaici rappresentanti 
                      scene di caccia e personaggi mitologici.
 Questi mosaici si sono conservati nel tempo grazie ad un 
                      cataclisma naturale.
 
  Quanto 
                      detto sembra una vera contraddizione, ma risponde a verità: 
                      una furiosa alluvione colpì tutta la zona nel XII 
                      secolo, evento che rivestì tutta la vallata di una 
                      valanga di fango che, nella maggior parte dei casi ha la 
                      sua valenza negativa, ma nel caso dei mosaici, essa costituì 
                      una buona protezione. Quel che oggi resta di questa villa è un complesso 
                      di quattro costruzioni con scopi diversi, un discreto cortile 
                      poligonale, un complesso termale. Tra le stanze più 
                      note occorre citare quella contenente, nella sua decorazione 
                      pavimentale, il mitico cantore Orfeo mentre suona la cetra, 
                      la stanza denominata ambulacro contenente dei mosaici che 
                      raffigurano "La grande Caccia" , un'altra stanza 
                      -in prossimità delle terme presenti nella Villa- 
                      che mostra scene su Eutropia che accompagna i figli Massenzio 
                      e Fausta ai bagni e le figure di due ancelle, due piccole 
                      stanze vicino al portico e note per la pavimentazione musiva 
                      rappresentante amorini vendemmianti, putti marinari e che 
                      pigiano le uve.
 
  Di 
                      notevole fattura sono, poi, le composizioni musive del triclinium 
                      e rappresentanti scene mitologiche riguardanti Ercole, Dafne 
                      ed altri personaggi mitologici. Tra le altre notizie storiche 
                      relative alla Villa, si può dire che essa fu costruita 
                      sui resti di un antico insediamento rurale e che essa la 
                      sua costruzione iniziò al tempo di Costantino. Essa 
                      attraversò un periodo di decadenza durante le invasioni 
                      dei Vandali e dei Visigoti, per poi conoscere un periodo 
                      di nuovo splendore fino all'età normanna. La sua 
                      distruzione definitiva si ebbe durante una alluvione nel 
                      XII secolo, quando le sue rovine furono sepolte dal già 
                      citato limo. 
  Forse 
                      il sito archeologico più rinomato di tutta l'isola 
                      è costituito dai reperti e dagli esempi ancora visibili 
                      dell'architettura classica presenti ad Agrigento.
 Già 
                      la storia di tutta la città offre innumerevoli dati 
                      storici, a partire dalla sua fondazione dovuta ad Aristineo 
                      e Pistillo nel 580 A. C. che diedero all'insediamento il 
                      nome di Akragas, dal fiume che scorre nelle vicinanze. Anche 
                      se dalla datazione si evince che la città fu una 
                      degli ultimi avamposti greci nell'isola, essa assunse ben 
                      presto una sempre crescente importanza tanto da diventare 
                      col tempo una delle colonie più importanti della 
                      Magna Grecia. Con il suo primo tiranno Falaride, la città 
                      incominciò ad imporre il proprio predominio sulle 
                      città confinanti. La città subì anche altre dominazioni, come, 
                      nel loro ordine cronologico, quella romana, quella musulmana 
                      e quella normanna.
 
  Degli 
                      innumerevoli reperti archeologici presenti nella città 
                      occorre ricordare innanzitutto lo splendido scenario offerto 
                      dalla Valle dei Templi, raccolti nell'antica colonia greca 
                      di Akragas. Essa racchiude innumerevoli Templi, a cominciare 
                      dal "Tempio di Giove Olimpico". Il monumentale 
                      edificio attestante la gloria greca oggi presenta delle 
                      colonne rovinate dal logorio del tempo ma sempre valide 
                      come testimonianza dell'antica imponenza del Tempio, degli 
                      elementi attestanti la sua originaria struttura a cielo 
                      aperto nel centro e strutture architettoniche imponenti 
                      come i colossali Telamoni con sembianze umane ed aventi 
                      un ruolo portante simile a quello delle colonne. 
 Il 
                      tempio fu edificato per commemorare la vittoria sui Cartaginesi 
                      ad Imera ed esso conserva solo dei resti attestanti l'antica 
                      gloria. La rovina è determinata non solo dal passare 
                      inesorabile del tempo, ma anche da alcuni eventi naturali 
                      come i famosi terremoti che colpirono l'isola, come quello 
                      più volte citato del 1693, e dal feroce attacco cartaginese 
                      che lo distrusse quasi completamente verso la fine del quinto 
                      secolo Avanti Cristo. 
  Tra 
                      gli altri reperti ricordiamo il complesso di edifici riferibili 
                      al Santuario di Demetra e Kore, un antico santuario databile 
                      tra il VI e V secolo Avanti Cristo. Il Tempio dedicato alle 
                      divinità ctonie oggi è presente solo con dei 
                      resti attestanti l'antico fascino mitologico. 
  Il 
                      Tempio dei Dioscuri o di Castore e Polluce risale 
                      al V secolo del quale oggi si hanno pochi resti, costituiti 
                      prevalentemente da quattro colonne, dalle quali si ricava 
                      che esso doveva essere periptero. Il Tempio non è 
                      ben conservato non solo a causa del logorio naturale del 
                      tempo, ma soprattutto a causa delle vicissitudini storiche 
                      della città: pare che esso fu danneggiato notevolmente 
                      dall'attacco cartaginese avvenuto alla fine del V secolo, 
                      per esser poi ristrutturato in un secondo momento, come 
                      testimoniano le differenze stilistiche riscontrate, e subire 
                      nuovamente la naturale rovina dettata dal tempo. 
  Il 
                      Tempio dorico della Concordia è uno degli 
                      esemplari meglio conservati della zona, nonostante la sua 
                      notevole età visto che fu anch'esso costruito nel 
                      V secolo Avanti Cristo, perchè ha subito varie ricostruzioni, 
                      come quella avvenuta nel VI secolo D.C. per diventare centro 
                      di culto cristiano e quella avvenuta alla metà del 
                      1700 per riportarlo alle originarie forme. Il Tempio colpisce l'occhio del visitatore grazie alle sue 
                      colonne e per il suo rigore tecnico-costruttivo che gli 
                      consente una precisa struttura.
 La sua struttura a periptero è una delle sue caratteristiche 
                      principali. Esso deve il suo nome ad una incisione latina 
                      che si trovava nelle vicinanze ma che probabilemente non 
                      aveva alcun contatto con il Tempio stesso. Il Tempio presenta 
                      delle similitudini strutturali con il Tempio dedicato a 
                      Teseo presente ad Atene.
 
  Anche 
                      il Tempio di Giunone Lacinia ha il suo nome alla confusione 
                      col Tempio di Hera. Esso ha una struttura simile a quello 
                      della Concordia dal quale differisce per le diverse misure. 
                      Di questo monumento rimangono ancora ben conservate le colonne, 
                      soprattutto quelle della parte nord. Il tempio subì 
                      un dannoso attacco dai Cartaginesi nel 406 A.C., evento 
                      ancor oggi provato dalle macchie rosse lasciate dal fuoco 
                      nelle pareti della cella ed ancor oggi visibili; esso subì 
                      notevoli danni anche a causa di un terremoto avvenuto nel 
                      Medio Evo. 
  Del 
                      tempio di Ercole risalente al VI secolo A.C. oggi rimangono 
                      poche colonne. Questo esempio di arte greca era secondo solo al Tempio 
                      di Giove come dimensioni, in passato aveva la struttura 
                      a periptero esastilo con una pianta rettangolare allungata.
 Per completare il giro turistico dei reperti archeologici 
                      presenti ad Agrigento occorre assolutamente citare il Quartiere 
                      ellenistico-romano, sorto nel quarto secolo Avanti Cristo. 
                      La sua storia abbraccia un lasso di tempo notevole visto 
                      che il quartiere raccoglie elementi che testimoniano la 
                      sua presenza fino al IV-V secolo Dopo Cristo. Di tale quartiere 
                      occorre innanzitutto citare il sistema stradale "Ippodameo" 
                      che deve il suo nome dal famoso urbanista greco Ippodamo 
                      di Mileto, alcune abitazioni importanti come "La casa 
                      delle Afroditi", "La casa del peristilio", 
                      "La casa della Gazzella" e "La casa del Portico".
 
 Infine 
                      occorre menzionare il Santuario rupestre di Demetra, ubicato 
                      esternamente alla cinta muraria ed edificato probabilmente 
                      verso il VII secolo Avanti Cristo. La sua struttura presenta 
                      una forma rettangolare che richiama quelle greche arcaiche 
                      e tre gallerie scavate nella roccia del monte su cui il 
                      santuario è addossato. Il tutto è completato 
                      da un insieme di vasche che raccolgono l'acqua della sorgente 
                      attraverso un sistema di tubature. 
  Il 
                      sito archeologico di Santa 
                      Croce Camarina, in provincia di Ragusa, attesta 
                      la storia millenaria della città che inizia con la 
                      sua fondazione risalente al 589 A.C. ad opera degli ecisti 
                      Dascone e Menecolo, nascita favorita anche dagli interessi 
                      economici di Siracusa. La sua storia comprende alcuni elementi 
                      interessanti, come la lunga fase di ricchezza sotto il dominio 
                      siracusano e la sua distruzione avvenuta ad opera dei Romani 
                      nel 258 A.C.. Questa fase costituita dall'alternanza di distruzioni e 
                      costruzioni è attestata nel suo Parco Archeologico. 
                      Al suo interno si trovano vari reperti come i ruderi dell'antico 
                      Tempio dedicato ad Athena e risalente al V secolo A. C..
 
  Tra 
                      gli altri esempi storico-archeologici presenti nella città 
                      ricordiamo tre necropoli, i ruderi di una antica "Casa 
                      dell'Iscrizione" . Infine, c'è un Museo che 
                      raccoglie numerosi reperti trovati nella zona che qui trovano 
                      la giusta collocazione ed il conforto di un meritato controllo 
                      e spiegazione storica. 
  Giardini 
                      Naxos, 
                      a 50 km circa da Messina, è la più antica 
                      colonia greca visto che fu fondata dai Calcidesi nel 734 
                      Avanti Cristo da cui poi partirono per la successiva colononizzazione 
                      della parte orientale dell'isola; pare che ad essi si unirono 
                      in un secondo momento i Naxii provenienti dall'isola dello 
                      Egeo. Questa cittadina nota meta turistica isolana ebbe 
                      un ruolo attivo al fianco di Atene contro Siracusa e fu 
                      distrutta da Dionisio I nel 403 A.C. grazie al tradimento 
                      di un cittadino locale.
  La 
                      città merita d'esser inserita nell'itinerario dei 
                      Musei isolani grazie a quello che essa contiene. Tale Museo 
                      raccoglie buona parte dei reperti archeologici rinvenuti 
                      durante le varie campagne di scavo attuate nella zona, reperti 
                      che riguardano le varie fasi della storia cittadina, da 
                      quella greco-arcaica a quella bizantina, e che sono suddivisi 
                      in base all'area di ritrovamento; il Museo raccoglie anche 
                      due ambienti dedicati ai reperti sacri ed ai reperti relativi 
                      alle necropoli ed ai centri abitativi.
  Essa 
                      può esser considerata come centro turistico, ma è 
                      inserita nell'itinerario riguardante i siti archeologici 
                      grazie alla sua reale importanza storica testimoniata, ad 
                      esempio, da un antico Santuario Calcidico relativo al VII 
                      secolo A.C., i resti di due antichi Templi dei quali occorre 
                      obbligatoriamente citare il più famoso, quello dedicato 
                      ad Afrodite e databile dal VII al V secolo A.C. ed i resti 
                      di antiche fornaci relative al IV-V secolo Dopo Cristo ed 
                      attestanti la presenza bizantina nella zona.
  Altra 
                      parte importante della città è il Parco Archeologico 
                      i cui reperti testimoniano come il primo insediamento relativo 
                      all'ottavo secolo A.C. fosse inizialmente ridotto per poi 
                      ingrandirsi col tempo e prendere le sembianze di una cittadina 
                      comprendente anche dei tracciati stradali importanti che 
                      collegavano, ad esempio, l'entroterra e la costa. Un altro 
                      insediamento urbano attestato in questo parco è quello 
                      relativo al V secolo caratteristico per la sua suddivisione 
                      rigorosa dello spazio, con isolati frammentati con blocchi 
                      quadrangolari di case tra loro separate da passaggi trasversali 
                      che garantivano la viabilità interna dell'isolato 
                      stesso. 
 Quanto 
                      detto denota l'importanza storica della città, ma 
                      non deve far dimenicare che essa offre altri spunti paesaggistici 
                      ed architettonici, nonchè elementi naturalistici 
                      lungo la strada che lambisce la baia. 
 Altro 
                      centro archeologico importante è quello di Hymera, 
                      nel territorio provinciale palermitano. Secondo quanto tramandato 
                      dai documenti storici, la città oggi interessante 
                      sito archeologico fu fondata intorno al 649-648 A.C. da 
                      Ecisti. La città fu il centro di un forte scontro 
                      tra l'egemonia cartaginese e quella greca di Siracusa, lotta 
                      che vide la supremazia del tiranno siracusano Gelone. I 
                      cartaginesi si vendicarono distruggendo la città.
 Tutta 
                      la zona archeologica è di notevole interesse per 
                      i resti di antiche abitazioni risalenti al V secolo Avanti 
                      Cristo, i reperti architettonici denominati acroteria che 
                      anticamente servivano per decorare i frontoni dei templi, 
                      i resti di un antico tempio dorico databile tra il 470 ed 
                      il 460 Avanti Cristo.
  Anche 
                       Patti, 
                      in provincia di Messina, offre innumerevoli reperti archeologici 
                      attestanti la sua storia. In effetti è collocata 
                      in una presistente area di antichi insediamenti greco-romani 
                      dei quali sono stati trovati dei reperti in tutta la zona. 
                      Per correttezza, occorre precisare che non si hanno notizie 
                      certe sulla sua origine, come sul suo nome. Notizie più 
                      sicure si hanno, invece, sul primo insediamento di origine 
                      normanna, circoscritto nella parte più alta della 
                      città ed attestato dalla creazione di una abbazia 
                      benedettina voluta dal Conte normanno Ruggero nel 1094. 
  Tra 
                      i vari reperti archeologici si può iniziare dalla 
                      Villa Romana presente a Patti Marina e scoperta per puro 
                      caso durante i lavori per la creazione dell'autostrada Catania-Messina. 
                      I reperti di questa ricca residenza tardo imperiale risalente 
                      agli inizi del IV secolo Dopo Cristo testimoniano l'importanza 
                      di questo sito archeologico, nonchè la sua ristrutturazione 
                      successiva ad un terremoto e che portò al ridimensionamento 
                      della zona abitativa nel periodo che va dal V al VII secolo 
                      D.C..
  L'attento 
                      lavoro di scavi e di ristrutturazione ha portato alla ricostruzione 
                      del corpo centrale della sua struttura monumentale, la distribuzione 
                      degli ambienti nonchè allo sviluppo delle strutture 
                      portanti del complesso. Di tutta la struttura occorre innanzitutto 
                      citare un grande peristilio, in posizione centrale nella 
                      villa e caratterizzato da grandi ambienti quadrangolari 
                      ed arricchito da un portico e da sale con absidi, un nucleo 
                      relativo ad impianti termali dei quali però, sfortunatamente, 
                      si sconosce in maniera certa l'origine a causa dei notevoli 
                      danni subiti dalla struttura. Impossibile da dimenticare 
                      sono i bei mosaici policromi presenti in questa villa e 
                      raffiguranti animali, figure geometriche e vegetali, nonchè 
                      le strutture murarie.
 Le 
                      caratteristiche di questi mosaici permettono una certa similitudine 
                      con lo stile africano, elemento che accomuna questa villa 
                      con quella vicino al Fiume Tellaro, già inclusa nell'itinerario 
                      turistico riguardante i castelli e palazzi isolani, e quella 
                      presente a Piazza Armerina. Ultimo cenno sui reperti presenti 
                      nella zona si riferisce alle tombe presenti nel complesso 
                      termale della villa e risalenti al periodo storico già 
                      citato relativo ai lavori di ridimensionamento della villa. 
                      
  L'antica 
                      cittadina Tyndaris, l'odierna città di Tindari 
                      in provincia di Messina, fu fondata da Dionigi di Siracusa 
                      nel 396 A.C. e può contare una discreta storia, a 
                      partire dal suo coinvolgimento durante la prima guerra punica 
                      come postazione cartaginese e la sua successiva assoggettazione 
                      romana nel 257 A.C.. Anche sotto il dominio romano la città 
                      conserva sempre la sua evidente importanza determinata dalla 
                      sua posizione strategica sul Mar Tirreno e sulle rotte che 
                      interessano lo Stretto di Messina. La città conobbe 
                      anche le incursioni barbariche e sotto Teodorico, re degli 
                      Ostrogoti, la città conobbe un buon periodo di splendore. 
                      Sotto il dominio bizantino la città divenne inizialmente 
                      sede vescovile. L'incursione araba in Sicilia iniziò 
                      nell'827, fatto storico che determinò la distruzione 
                      della città di Tyndaris e la conseguente fuga dei 
                      suoi abitanti, ripetizione di eventi passati che contribuiscono 
                      alla creazione della già citata città di Patti. 
                      I nizialmente 
                      la conquista normanna ignorò tale città, evento 
                      che determinò il declino del sito che in passato 
                      aveva conosciuto tanta importanza. 
  Come 
                      si evince dalla breve storia della città qui elencata, 
                      innumerevoli sono i reperti storici e sacri che meritano 
                      la visita turistica attenta degli interessati. Si può 
                      iniziare il giro dal Santuario dedicato alla Madonna Nera 
                      presente nell'acropoli, struttura nota per la presenza della 
                      statua di legno orientale scuro dedicata alla Madonna e 
                      di stile bizantino. La tradizione ci tramanda che tale simulacro 
                      arrivò in città durante il periodo iconoclastico, 
                      nel 750 circa, quando la nave adibita al suo trasporto per 
                      salvaguardarla dalla possibile distruzione fu costretta 
                      all'approdo a Tindari da una tempesta. 
 In 
                      passato c'era una vecchia chiesetta dedicata alla Madonna, 
                      un semplice Santuario che conservava le effigi dei Vescovi 
                      sepolti nella chiesa e delle lapidi cche ne raccontano la 
                      storia, Chiesa oggi inglobata in una più grande che 
                      presenta ai fedeli anche dei bei mosaici alle pareti rappresentanti 
                      i Misteri del SS. Rosario, una tela posta nella volta e 
                      raffigurante "Il trionfo della Madonna". 
 Il 
                      giro turistico della città non può fare a 
                      meno di comprendere anche i numerosi reperti storici ed 
                      archeologici. L'area archeologica prevede un Antiquarium 
                      che offre la possibilità di rendersi conto dell'urbanistica 
                      della città, nonché della storia dei vari 
                      reperti archeologici qui presenti.I marmi presentati sono esigui rispetto a quelli presenti 
                      in passato e sono la testimonianza dell'importanza data 
                      alla statuaria romana. Fra essi citiamo varie statue di 
                      personaggi togati, la testa dell'Imperatore Augusto ed altri 
                      reperti come vasellami che rappresentano la storia della 
                      città dall'età del bronzo fino alla romanità.
  Altro 
                      importante monumento della zona archeologica è senza 
                      ombra di dubbio un imponente teatro risalente alla fine 
                      del IV secolo A.C. con una cavea suddivisa in undici settori, 
                      in parte riadattata dai romani per i loro spettacoli. Esso 
                      è situato al pendio naturale della collina, così 
                      da ammirare e dominare uno splendido scenario costiero isolano. 
                      Esso conserva ancora parte dell'edificio scenico a paraskenia 
                      a tre ordini arcittetonici e risalenti al III-II secolo 
                      A.C..
 Ci 
                      sono, poi, le terme che, secondo studi archeologici, è 
                      una inserzione più recente rispetto all'edificio 
                      a corte d'età ellenistica che le accoglie. L'impianto 
                      prevede due stanze, probabilmente spogliatoi, noti per il 
                      pavimento con mosaico bianco e nero, un frigidarium con 
                      vasca da bagno ed altri mosaici rappresentanti lottatori, 
                      delfini ed un centauro marino, due tepidaria muniti di un 
                      sistema di riscaldamento ed il calidarium che presenta una 
                      vasca ed altri mosaici raffiguranti, tra l'altro, Dionisio 
                      con la vite.   C'è 
                      poi la nota Basilica, un tempo nota come ginnasio, posta 
                      al bordo dell'agorà e databile al IV secolo A.C.; 
                      essa oggi è presente come rudere, un tempo coperto 
                      da una volta a botte rinforzata da archi di pietra; ai lati 
                      si aprivano due stradine previste di scale per arrivare 
                      al primo piano. Tutta la struttura è stata sottoposta 
                      ad innumerevoli studi dai quali si evince che essa può 
                      degnamente rappresentare un monumento isolato senza molti 
                      paralleli romani.
  Il 
                      complesso abitativo presente nell'area archeologica raccoglie 
                      un impianto regolare ottagonale tipico delle colonie greche 
                      di Occidente, mantenuto tale fino all'età imperiale 
                      romana. Di questa struttura rimangono molti resti che testimoniano 
                      l'eleganza dell'originario sito e sono costituiti, ad esempio, 
                      da due abitazioni risalenti al primo secolo A.C. ed esempio 
                      delle abitazioni a peristilio con un cortile come centro 
                      nevralgico di varie abitazioni tipico della Sicilia. La 
                      casa B è la più ampia e si affacciava con 
                      una terrazza sul decumano; la casa C è più 
                      piccola ma è arricchita da un atrio a peristilio 
                      con colonne contenenti capitelli in terracotta in stila 
                      corinzio-italico. Tutta la struttura è poi completata 
                      da una cinta muraria costruita in due tempi, inizialmente 
                      all'epoca della fondazione della città e poi al terzo 
                      secolo A.C., avente scopo difensivo. Essa era anche provvista 
                      di torri quadrate. 
  Il 
                      Vallone e la necropoli di Pantalica, 
                      nel territorio provinciale di Siracusa, può rientrare 
                      in questo itinerario storico, anche se il vallone scavato 
                      nell'altopiano dal torrente Anapo e la vegetazione mediterranea 
                      e di lecci qui presenti, nonchè le vedute a strapiombo 
                      della zona offrono delle belle occasioni turistico-naturalistiche 
                      ai visitatori interessati. Il sito assume una grande importanza storica per la presenza 
                      dei resti di uno dei più antichi centri abitati isolani 
                      noto a tutti con il nome di Hybla e molto fiorente tra il 
                      XIII e l'ottavo secolo A.C.. Fra i reperti più importanti 
                      si deve menzionare l'anaktoron, una monumentale sede regale 
                      dalla struttura simile a quella dei centri micenei e dalla 
                      posizione elevata che consente il dominio visivo su tutto 
                      il vallone sottostante. Da non scordare è poi la 
                      vasta necropoli dalle numerose tombe scavate nella roccia 
                      del vallone. Al periodo altomedievale risalgono la piccola 
                      Chiesa nota con il nome "La grotta del Crocifisso" 
                      e dei resti di abitazioni bizantine.
 
 Un 
                      altro sito archeologico si trova tra i Monti Sabucina e 
                      Capodarso, molto vicini a Caltanissetta, dove si trovano 
                      i resti di un centro abitato dalle origini molto antiche. 
                      I primi reperti qui trovati risalgono all'età del 
                      bronzo, mentre i reperti che abbracciano un periodo storico 
                      che va dal XII al X secolo A.C. fanno presumere che una 
                      comunità indigena si installò alle pendici 
                      del monte Sabucina. Grazie agli innumerevoli reperti qui 
                      ritrovati, si può affermare che elementi micenei 
                      si introdussero nella cultura locale. Il villaggio conobbe 
                      varie distruzioni, come quella avvenuta nel V secolo A.C. 
                      ad opera di siculi che si ribellarono ai greci e quella 
                      più deleteria e totale che avvenne intorno al 310 
                      A.C. pare grazie al tiranno Siracusano Agatocle. Tra i reperti 
                      meglio conservati della zona e degni di visita occorre ricordare 
                      una capanna-santuario, un Antiquarium contenente i resti 
                      delle necropoli della zona nonchè dello stesso villaggio 
                      ed alcuni resti di un antico muro di fortificazione provvisto 
                      anche di torri. 
  Tornando 
                      alla provincia di Palermo, non si può fare a meno 
                      di parlare della cittadina di San 
                      Cipirello, situata a ridosso del Monte Jato, altro 
                      interessante sito archeologico importante. Gli scavi archeologici 
                      ancora in corso portano alla luce i vari reperti che si 
                      riferiscono all'antico centro abitato chiamato dai Greci 
                      Iaitas, dai Romani Ietas e nel Medio Evo Giato. I vari reperti 
                      attestano la storia di questo insediamento urbano molto 
                      antico le cui origini risalgono al primo millennio A.C., 
                      che subì inevitabilmente l'influenza urbanistica 
                      greca, il dominio cartaginese, romano, arabo e normanno 
                      per poi conoscere la distruzione e l'esilio dei suoi abitanti 
                      ad opera di Federico II di Svevia perchè si erano 
                      ribellati per ragioni religiose. Come reperti archeologici occorre citare i resti di alcune 
                      ceramiche, un antico Tempio Greco dedicato alla Dea Afrodite 
                      e risalente al 550 A.C., il teatro risalente al IV secolo 
                      A.C. e ricreato a ridosso del Monte Jato e dalla notevole 
                      capienza considerato che comprendeva tre
  gradinate 
                      inferiori e la suddivisione della cavea in sette settori; 
                      esso subì delle modificazioni nel II secolo A.C.. 
                      Ci sono poi i resti di una cosiddetta "Casa del Peristilio" 
                      sviluppata in due piani, il pianterreno contenente numerose 
                      stanze, dei cortili, due cisterne per raccogliere l'acqua 
                      piovana per poter così garantire il rifornimento 
                      idrico e numerose decorazioni, mentre del primo piano va 
                      ricordata la sala dei banchetti, presente anche nel pianterreno. Anche sul Monte Jato, come si è accennato, sono stati 
                      ritrovati dei reperti archeologici, come una piazza pavimentata 
                      con arenaria, l'agorà nella quale sono stati ritrovati 
                      i resti di una sala del consiglio e di un tempio.
 
  S. 
                      Angelo Muxaro, nell'agrigentino, antico centro abitato durante 
                      l'età del bronzo, situato in un colle dove sono state 
                      trovate tracce di una necropoli dei sicani. La teoria storica 
                      relativa a questo sito archeologico non è ancora 
                      totalmente accettata, ma sembra che qui si trovava Kamikos, 
                      la sede del potente re sicano Camicos. Le tracce archeologiche più evidenti sono i resti 
                      delle tombe che conservano i resti di corredi funebri risalenti 
                      ad un periodo storico che va dall'ottavo al sesto secolo 
                      A.C., dei vasi indigeni e greci. La tomba più nota 
                      è denominata "Tomba del Principe".
 
 Ad 
                      Agrigento, oltre alla già citata e molto nota Valle 
                      Dei Templi, occorre parlare dei reperti archeologici rinvenuti 
                      a Monte Adranone e riferibili ad un antico insediamento 
                      elimo-greco-punico.Qui, nell'area compresa tra il territorio dei Sicani e quello 
                      degli Elimi, c'era un villaggio protizoico indigeno la cui 
                      presenza è stata attestata dai resti di capanne che 
                      sono stati rinvenuti. Altri cospicui resti si riferiscono 
                      ad una città fondata nel VI secolo dai coloni provenienti 
                      da Selinunte.
 Successive modifiche furono dettate dai nuovi dominatori 
                      della zona, i Cartaginesi, che diedero all'insediamento 
                      richiami riscontrabili in altri loro insediamenti presenti 
                      in Sicilia.
 La totale e definitiva distruzione dell'insediamento avvenne 
                      nel 250 A.C..
 I reperti archeologici che colpiscono in un primo momento 
                      sono senza ombra di dubbio la massiccia cinta muraria difensiva 
                      ancora visibile dal visitatore.
 
 Successivi 
                      reperti degni di nota sono i resti della necropoli che prevede 
                      la presenza di tombe ad ipogeo, la più nota delle 
                      quali è senza ombra di dubbio "La tomba della 
                      Regina". Sempre andando oltre, si possono ammirare i resti delle 
                      capanne del villaggio indigeno, un quartiere abitativo risalente 
                      al V secolo ed i resti di un'area sacra di età più 
                      tardiva.
 Superati questi primi segni del passato storico della zona, 
                      si possono ammirare i resti della parte più antica 
                      della città, a cominciare dai resti delle abitazioni 
                      e dei luoghi di servizio pubblico, di un antico santuario 
                      punico, l'acropoli con i resti di un Tempio di chiaro riferimento 
                      punico.
 
 Nella 
                      zona che va dal vulcano oramai morto di Monte Lauro 
                      e comprendente allungamenti fino al mar Ionio e al mar Mediterraneo 
                      sono presenti numerose cave che testimoniano la cultura 
                      preistorica iblea che si è sviluppata in passato. 
                      Qui i ritrovamenti rupestri, segno tangibile di una cultura 
                      davvero sviluppata e degna di nota, sono molto evidenti 
                      e, forse, quelli meglio conservati si ritrovano nel tavolato 
                      degli Iblei che tuttora conservano i resti evi- denti di 
                      necropoli dal fascino e dalla suggestione antica.Le necropoli qui ritrovate ed ovviamente studiate con molta 
                      attenzione presentano dei tratti comuni e a volte ripetitivi, 
                      come la tipologia tombale relativa al periodo del bronzo 
                      antico, una pianta circolare ed una volta a cupoletta. A 
                      causa di scarsi elementi storici riferibili al periodo preistorico 
                      siciliano, le varie ipotesi relative all'uso delle suddette 
                      cave sono state via via scartate a causa dei dubbi riscontrati 
                      e della loro improbabilità fino ad arrivare all'ipotesi 
                      fino ad ora più accreditata per la quale esse avevano 
                      lo scopo di necropoli.
 
 Molti 
                      sono i ricorrenti toponimi utilizzati per le varie cave, 
                      come ad esempio la "Grotta della Signora" o "La 
                      Grotta dei Morti", e per comprenderne l'importanza 
                      e le caratteristiche si può fare riferimento a quanto 
                      detto per i ritrovamenti rupestri già citati e presenti 
                      a Cava d'Ispica.
 Iniziando 
                      il nostro viaggio nelle espressioni rupestri presenti negli 
                      Iblei, si può cominciare citando la "Grotta 
                      della Signora" presente a Cava D'Ispica e degno esempio 
                      delle altre. Forse tale denominazione deriva dal culto fenicio- 
                      punico riferito alla Dea Tanit [= Signora]. In tale grotta 
                      sono stati rinvenuti dei simboli purtroppo ancora non decifrati 
                      e sono ancora visibili delle coppelle nella volta, cioè 
                      delle scavazioni circolari riferibili a parti del corpo 
                      della Dea e che vanno ad attestare lo scopo religioso della 
                      cava stessa.
 Altra 
                      grotta è presente a Rosolini, nel territorio provinciale 
                      siracusano, e denominata "Grotta Martello". Essa 
                      è situata nell'omonima cava e presenta delle coppelle 
                      simili a quelle già citate per la grotta precedente, 
                      diversi condotti carsici che permettono di ipotizzare l'uso 
                      della grotta come luogo sacro nel periodo preistorico e 
                      resti di una tomba a forno.
 "La 
                      Grotta dei Morti" è invece presente, ad esempio, 
                      a Cava D'Aliga, una frazione marittima di Scicli -RG-. La 
                      prima esplorazione del sito permise di identificare la presenza 
                      in superficie di crani umani, uno dei quali calcificato 
                      nella roccia. Ulteriori studi più approfonditi hanno 
                      permesso di evidenziare che tale grotta sia stato un riparo 
                      eneolitico. Forme più evolute dell'uso delle cave è testimoniato 
                      dalla presenza di grotte artificiali scavate nella roccia 
                      e destinate a luogo di sepoltura.
 Si possono poi ritrovare delle cosiddette "Tombe Monumentali" 
                      così denominate perchè prevedono un prospetto 
                      architettonico munito di pilastri.
 
 "Cava 
                      Lazzaro" è presente nelle vicinanze di Rosolini 
                      e presenta degli esempi di queste tombe monumentali, a partire 
                      dalla "Tomba del Principe" che presenta, oltre 
                      il già citato prospetto con pilastri finti, anche 
                      dei simboli riferibili al culto della Grande Dea. Altri 
                      esempi di tombe monumentali con pilastri veri e finti si 
                      ritrovano nella necropoli di Castelluccio a Noto, sempre 
                      nel Siracusano. 
 Altro 
                      esempio dell'attività rupestre è quella riferibile 
                      ai Santuari, degna espressione dell'arte sacra che coinvolge 
                      la collettività. Il tutto rientra in una evidente 
                      evoluzione del culto della Grande Dea che richiedeva dei 
                      luoghi appropriati e chiari riferimenti monumentali. I simbolismi 
                      più evidenti riferibili a quest'attività di 
                      comunicazione evidente tra gli uomini e la Divinità 
                      sono, ad esempio, i vari graffiti o pitture ed altari presenti 
                      in questi luoghi. 
 Tra 
                      gli esempi di queste aree sacre si possono citare innanzitutto 
                      quella di Baravitalla presente nella già citata Cava 
                      D'Ispica e che presenta una testa di toro o "Brucanio" 
                      scolpito nella roccia e che va a rappresentare un collegamento 
                      tra i culti delle genti iblee con quelli praticati dalle 
                      popolazioni del bacino del Mediterraneo, nonchè un 
                      richiamo al simbolo della rigenerazione ed ad una chiara 
                      fonte vitale. Questo altare si trova vicino al Torrente 
                      Busaidone. 
 L'area 
                      sacra di Crocefia è presente nell'omonima contrada 
                      riscontrabile a Modica -RG- che presenta degli altari, numerose 
                      incisioni. Tra i reperti più rappresentativi della 
                      zona ricordiamo quelli riconducibili alla testa di un toro 
                      con delle corna che vanno ad abbracciare il corpo della 
                      Dea ed altri simboli riconducubili alla cosmogonia della 
                      Dea come simboli fallici, clessidre, coppelle. Sono state 
                      ritrovate anche delle tracce di escavazioni canalette e 
                      di una vasca appartenenti ad un altro altare. 
 Nella 
                      già citata necropoli di Castelluccio presente nelle 
                      vicinanze di Noto è presente un'ulteriore area sacra 
                      con un altare sacrificale posto su monolitico. E' probabile 
                      che tale sito sia stato alterato nel corso dei secoli e 
                      unica originaria testimone non modificata è un'escavazione 
                      circolare con beccuccio. Altre tracce presenti nella zona 
                      sono quelle relative ad un'altra escavazione circolare con 
                      delle vasche vicine e tra loro collegate e quelle riferibili 
                      ad alcuni altari incisi su rocce e presenti nelle varie 
                      tombe. 
 Come 
                      ultimo esempio dell'attività rupestre iblea possiamo 
                      citare alcuni simbolismi presenti nelle tombe che almeno 
                      esteriormente non presentavano particolarità. Tra 
                      i simboli più ricorrenti si possono citare le coppelle, 
                      canalette, pilastri, reticoli... Quando le già citate 
                      coppelle sono numerose e collegate con piccoli canali, si 
                      può ipotizzare la testimonianza di un possibile collegamento 
                      tra il simbolismo e la ritualità. 
 Sciacca, 
                      nell'agrigentino, rientra in questo itinerario storico-archeologico 
                      grazie ad un piccolo sito che presenta tracce riferibili 
                      al Neolitico ed alla fine dell'Eneolitico. Si sta parlando 
                      dell'Antro del Fazello, grotte che però furono abbandonate 
                      durante l'età del bronzo a causa di probabili emissioni 
                      di vapori bollenti. Come altri reperti archeologici ritrovati 
                      nella zona ricordiamo delle giare riferibili all'età 
                      del rame ed alcuni vasi, uno dei quali è stato ritrovato 
                      ricolmo di ossa di bambini. 
  Taormina, 
                      in provincia di Messina, è un rinomato centro turistico 
                      isolano che però rientra in questo itinerario grazie 
                      alla sua storia ed ai vari reperti archeologici qui ritrovati. 
                      Ricordiamo innanzitutto che i suoi primi abitanti furono 
                      i Siculi provenienti dal nord che vissero qui tranquilli 
                      finchè il tiranno siracusano Dionisio il Vecchio 
                      distrusse la vicina Naxos ed i suoi superstiti si riversarono 
                      su questa località. Lo stesso Dionisio si interessò 
                      alla località conquistandola, questo dopo la pace 
                      stipulata con i Cartaginesi nel 392 A.C.. Successivamente 
                      il superstite di Naxos Andromarco creò la località 
                      denominata Tauromenion, nel 358 A.C., insieme ad altri superstiti 
                      della città. La città aiutò gli interessi 
                      siracusani, ma conobbe anche altre alleanze, come quella 
                      col Re dell'Epiro Pirro, con i Romani. Con quest'ultima 
                      dominazione la città di Taormina conobbe un discreto 
                      periodo di prosperità economica. 
  Da 
                      quanto si evince che i reperti storici ed archeologici qui 
                      raccolti sono di una certa importanza. Si può cominciare 
                      ad enumerarli a partire dal Teatro situato in una collina 
                      e che offre la possibilità di ammirare un bel panorama 
                      che comprende anche l'Etna, il Mar Ionio ed il Monte Tauro. 
 L'attuale 
                      struttura dell'impianto è sotto l'influenza romana 
                      ed è una seconda edizione dell'edificio. Esso comprende 
                      una discreta cavea con nove settori a scalini, un doppio 
                      portico coperto sulle gradinate, un portico interno con 
                      otto entrate corrispondenti alle otto originarie scale che 
                      dividevano le gradinate, portico comprendente varie nicchie 
                      di modeste dimensioni e delle colonne, segno evidente dello 
                      stile architettonico imperiale, una scala che originariamente 
                      comprendeva due ordini di colonne di cui oggi rimane, purtroppo, 
                      solo la parte più bassa di tutta la struttura. 
 Tra 
                      gli altri reperti presenti nella città di Taormina 
                      si possono ricordare un Antiquarium importante per le iscrizioni 
                      epigrafiche e resoconti economici che esso contiene, un 
                      edificio ellenistico-romano che probabilmente poteva essere 
                      un ginnasio pubblico, una "Naumachia", cioè 
                      un lunghissimo muro contenente numerose nicchie di varia 
                      dimensione che preserva una cisterna con due navate e pilastri.
 Altri 
                      reperti più importanti si riferiscono ad un piccolo 
                      teatro romano del II secolo D.C. con una cavea divisa in 
                      cinque settori ed i resti delle abitazioni greche databili 
                      nel IV-III secolo A.C. e di una casa romana del I seco- 
                      lo A.C. nota per i suoi mosaici in bianco e nero ed una 
                      chiesa situata sopra i resti di un antico Tempio dedicato 
                      ad Iside [struttura religiosa greca costituita da un atrio 
                      coperto e da due colonne]. Un fianco del Tempio è 
                      stato inglobato dalla Chiesa. 
 Anche 
                       Termini 
                      Imerese, nel territorio provinciale palermitano, 
                      presenta una discreta storia e dei reperti archeologici 
                      che meritano una menzione.Le fonti storiche ci riferiscono che la città fu 
                      fondata dai superstiti della distrutta Hymera ed ha conosciuto 
                      i punici, i greci, i romani ed anche i Cartaginesi.
 Dei reperti archeologici qui presenti, in realtà 
                      purtroppo non numerosissimi, occorre innanzitutto citare 
                      i resti di un antico portico risalente al II-I secolo A.C. 
                      e che probabilmente apparteneva ad un foro, i resti di un 
                      anfiteatro che fanno presumere una certa capienza, un acquedotto 
                      databile tra il II ed il I secolo A.C. che comprende due 
                      diramazioni per il rifornimento idrico ed anche due sorgenti 
                      captate ed una torre, probabile cella compressoria.
 
 Infine 
                      citiamo i resti di un centro abitato preistorico con le 
                      sue "Mura Prugne" databili nel VI secolo A.C. 
                      e situati vicino il Monte Castellazzo. 
  Da 
                      alcune fonti storiche si può appurare che Leontinoi 
                      era una città antica presente a sud della moderna 
                      Lentini, nel siracusano, della quale la colonia greca più 
                      antica occupava il Colle S. Mauro. In un secondo periodo 
                      l'insediamento incominciò ad estendersi in altre 
                      direzioni. Primi abitanti del sito archeologico furono i 
                      Siculi. In una successiva epoca il sito conobbe l'insediamento 
                      degli abitanti di Naxosa Calcidese. Successivo dominio fu 
                      quello greco. Buona parte dei reperti archeologici della 
                      zona sono inclusi nel Parco archeologico. Tale parco conserva, 
                      ad esempio, la cinta muraria appartenuta alla Necropoli 
                      di S. Mauro, una necropoli ellenistico-romana con tombe 
                      che si riferiscono anche al VI secolo A.C., i resti di un 
                      villaggio preistorico e di un tempio greco e di una fortificazione 
                      sveva. 
  Sempre 
                      nel siracusano, e precisamente nelle vicinanze di Palazzolo 
                      Acreide, si trovano i reperti archeologici relativi 
                      all'antica colonia siracusana fondata nel 664 A.C. e nota 
                      col nome di Akrai. Anche in questo caso buona parte dei reperti sono situati 
                      in un Parco Archeologico. In esso sono ritrovabili i resti 
                      di un teatro greco che subì delle modificazioni ad 
                      opera dei Romani, come la costruzione di un "pulpitum", 
                      un tratto del "decumano", un asse viario romano 
                      che collegava la porta "Siracusana" orientale 
                      con quella detta "Selinuntina" occidentale, le 
                      "Latomia della Intagliata" e la "Latomia 
                      dell'Intagliatella", delle antiche cave di pietra che 
                      nel passato hanno avuto anche altri ruoli che vanno dalle 
                      necropoli greche alle abitazioni bizantine.
 
 Thapsos 
                      si trova sempre nel territorio provinciale siracusano, esistente 
                      già nel periodo della fondazione delle colonie greche. 
                      Inizialmente si fece conoscere grazie all'abilità 
                      nel commercio dei suoi primi abitanti. Si hanno notizie 
                      storiche relative all'arrivo nel sito dei Megaresi, degli 
                      Ateniesi e di un propabile insediamento dei Fenici, evento 
                      ancora da verificare con esattezza. Qui i reperti attestano 
                      l'alta precisione degli abitanti che seppero creare un centro 
                      abitativo davvero organizzato attestato dai resti di capanne 
                      circolari e semicircolari; è provata anche una originaria 
                      presenza di capanne aventi forme diverse dalle precedenti, 
                      ma che comunque si riferiscono sempre al primo periodo del 
                      sito stesso.Successivamente la struttura abitativa della città 
                      cambiò radicalmente ignorando le antiche tecniche 
                      di costruzione e comprendendo delle strutture edili- zie 
                      nuove che prevedono dei nuclei abitativi dalle forme rettangolari.
 
 Tra 
                      i resti archeologici qui presenti ricordiamo quelli che 
                      si riferiscono alla cinta muraria costruita in due successivi 
                      periodi, delle necropoli quasi tutte a grotticella e con 
                      delle nicchie destinate ai componenti della stessa famiglia, 
                      necropoli che hanno offerto anche parte dei corredi funebri. 
                      
  La 
                      cittadina di Noto 
                      presente in provincia di Siracusa è stata già 
                      citata nell'itinerario religioso e qui rientra a pieno titolo 
                      per i reperti relativi al borgo antico. Innanzitutto occorre ricordarne la storia. Il vecchio borgo, 
                      "Noto 
                      Antica", andò distrutto dal famoso terremoto 
                      del 1693, deleterio evento che impose la ricostruzione cittadina 
                      ma che comunque ha garantito una notevole esplosione dell'architettura 
                      barocca che ha dato tanta fama alla città. Quindi, 
                      arrivando in questa città, si ha la doppia possibilità 
                      di ammirare non solo i suoi monumenti barocchi ed il Museo 
                      civico, ma anche i reperti relativi alla Noto antica, centro 
                      siculo che conobbe un periodo di ellenizzazione e la prosperità 
                      sotto i Romani e nel Medio Evo. I reperti attestano la presenza 
                      del borgo presso la Collina dell'Alveria e consistono in 
                      una parte della cinta muraria che prevedeva anche l'ausilio 
                      di alcune torri [costruzione relativa al VI secolo A.C.], 
                      l'agorà che presenta ruderi di case che risalgono 
                      dall'ottavo al sesto secolo A.C., un Tempio dedicato a Demetra 
                      che può esser considerato un esempio del tardo ellenismo 
                      influenzato dallo stile architettonico proveniente dall'Asia 
                      Minore ed infine il santuario dedicato a Demetra e Kore 
                      di età compresa tra il VI ed il IV secolo A.C..
 
 Ma 
                      i ruderi di Noto Antica comprendono anche dei resti di necropoli 
                      e testimonianze più antiche che fanno supporre una 
                      antichissima presenza umana nella zona.In effetti queste 
                      necropoli situate nelle vicinanze del borgo antico sono 
                      relative alla "Civiltà di Castelluccio" 
                      [XVII-XV secolo A.C.] e alla "Civiltà del Finocchito"[VIII-VII 
                      secolo A.C.].Nella zona sono visibili tracce di reperti archeologici 
                      come "La Grotta del Carciofo" [una catacomba ebraica 
                      che prevede anche la presenza di due candelabri scolpiti 
                      nella roccia], "La Grotta delle Cento Bocche" 
                      [una catacomba bizantina]. Altri reperti molto antichi sono 
                      quelli relativi ad un Gymnasium ed Heroa ellenistici relativi 
                      al III secolo A.C..
 Infine citiamo "l'eremo della Madonna della Provvidenza" 
                      costruito nel periodo immediatamente successivo il famoso 
                      terremoto e a ricordo delle sue vittime.
 
  Per 
                      terminare questo breve giro tra i vari ed importanti reperti 
                      archeologici del Siracusano, occorre soffermarci al piccolo 
                      centro fondato dai siracusani nel VII secolo A.C. nei pressi 
                      della foce del fiume Tellaro, cioè Eloro. Qui si trovano i resti di antiche mura costruite nel VI 
                      secolo A.C. che prevedevano anche due porte laterali, mura 
                      che però subirono rifacimenti già nel IV secolo. 
                      Ci sono poi i resti di un ambiente trapezoidale, probabilmente 
                      una agorà. Altri cenni meritano i resti relativi 
                      ad un Santuario dedicato a Demetra, ad un teatro e alla"Pizzuta", 
                      cioè un monumento funerario forse di epoca ellenistica.
 
 Centuripe 
                      è un centro rientrante nella provincia di Enna, attualmente 
                      noto per la produzione ortofrutticola e per lo splendido 
                      panorama che offre grazie alla sua posizione di dominio 
                      sulle valli del Dittaino e del Salso, ma che anche in passato 
                      conobbe una certa importanza grazie alla sua citata posizione 
                      strategica. Dalle fonti storiche si evince che essa fu ellennizata 
                      nel IV secolo e che conobbe anche il dominio Romano.
 Un 
                      giro archeologico della zona non può fare a meno 
                      di considerare i resti del Castello di Corradino, un mausoleo 
                      romano, di un foro romano, di un edificio termale presente 
                      nel Vallone dei Bagni, di una casa ellenistica e di una 
                      cisterna di età imperiale. 
  Rientrano 
                      a pieno titolo in questo itinerario archeologico e storico 
                      i resti di una villa romana relativa al I secolo D.C. e 
                      dotata di alcuni mosaici pavimentali e di un impianto di 
                      terme, resti visitabili nelle vicinanze di Castroreale, 
                      in provincia di Messina. Tutta la città di Castroreale, 
                      comunque, è molto ricca di reperti archeologici che 
                      fanno supporre un insediamento cittadino già nel 
                      XIV secolo.
 
 Altri 
                      reperti menzionabili sono quelli relativi ad Halaesa, 
                      una antica colonia greca fondata nel V secolo A.C. distrutta 
                      dagli Arabi ed i cui resti sono presenti vicino la città 
                      di Santo Stefano di Camastra, in provincia di Messina. Qui 
                      sono ancora visibili i resti di una cinta muraria, del basamento 
                      di un tempio, dell'agorà e di un colombaio romano.Per dare gli ultimi cenni al centro ellenistico di Halasea, 
                      occorre ricordarne l'importanza assunta sotto i Romani. 
                      La città, oggi presente con una parte che ricorda 
                      i fasti antichi, con il dominio romano conobbe non solo 
                      il già citato sviluppo, ma anche alcuni privilegi 
                      come l'esenzione del pagamento delle imposte e il raggiungimento 
                      dello stato di "municipium".
 Il suo declino incominciò con l'arrivo degli arabi. 
                      I vari reperti archeologici qui ritrovati e soprattutto 
                      le innumerevoli iscrizioni, permettono di ricostruirne la 
                      storia.
 Il 
                      Parco Archeologico Valle del Morello rientra nella 
                      provincia di Enna ed e' compreso esattamente tra i comuni 
                      di Villarosa e Calascibetta. Tutta l'area comprende reperti 
                      molto antichi che abbracciano un arco di tempo che va dal 
                      neolitico all'eta' del rame e del bronzo, fino alla tarda 
                      antichita'. Esattamente, qui si possono ammirare ben sette insediamenti: 
                      quelli rupestri di Monte Gulfo e contrada S. Anna, lago 
                      Stelo, Rocca Danzese, le Contrade S. Rocco e Panrcazzo e 
                      Casa Bastione. Da ricordare, inoltre, una vasta area di 
                      industria litica, varie tombe ed ambienti funerari presenti 
                      nelle rocce, santuari dedicati al culto delle acque e reperti 
                      relativi a varie necropoli. I reperti indicati fanno comprendere 
                      chiaramente l'importanza scirentifica di tutta la zona.
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