Queste
due correnti, tipicamente italiane in origine, non sono
in Sicilia di grande impatto. I sovrani spagnoli sono infatti
poco propensi allo sviluppo nell'isola di nuove tendenze
artistiche, dato che il loro paese d'origine subisce ancora
l'influenza dello stile gotico, il rinascimento entra quindi
in Sicilia grazie all'arrivo di artisti formati dai grandi
maestri toscani.
Pittura
- Nel XV sec., mentre l'italia centrale si lascia trasportare
dalle correnti umanistiche e rinascimentali, la Sicilia
mostra un certo interesse per questo nuovo approccio dell'arte
solo grazie alla presenza di Antonello da Messina. Benchè
la sua vita e la sua carriera siano a lungo rimaste un mistero,
egli è sicuramente il più famoso artista siciliano. Nato
a Messina nel 1430 e formato a Napoli intorno al 1450 nella
bottega di Colantonio, Antonello da Messina inizia presto
a viaggiare, entrando in contatto con gli artisti veneziani
e fiamminghi che, gli permettono di perfezionarsi nella
tecnica del colore, grazie al segreto e nuovissimo metodo
della pittura ad olio. La composizione statica, la ricerca
estetica della materia e la perfetta unità tonale caratterizzano
lo stile di questo pittore, i cui capolavori conservati
in Sicilia - L'Annunciazione a Palazzo Bellomo (Siracusa),
l'Annunziata a Palazzo Abatellis (Palermo), il Polittico
di S. Gregorio al Museo Regionale di Messina e il Ritratto
d'ignoto al Museo Mandralisca di Cefalù - figurano tra le
opere più importanti dello stile rinascimentale.
Nella prima metà del XVI sec., i pittori Cesare da Sesto,
Polidoro da Caravaggio e Vincenzo da Pavia diffondono dal
canto loro gli stili manieristi toscano e romano, tratti
dagli insegnamenti di Leonardo da Vinci e Raffaello, mentre
Simone de Wobreck (che resta in Sicilia fino al 1557) introduce
le basi del manierismo fiammingo.
Scultura
- Nella seconda metà del XV sec., la scultura viene a sua
volta completamente rinnovata grazie a vari artisti italiani,
tra cui Francesco Laurana e Domenico Gagini.
Francesco Laurana, scultore ed incisore italiano, trascorre
cinque anni in Sicilia (dal 1466 al 1471) dove realizza
alcune opere, come la cappella Mastrantonio in San Francesco
d'Assisi a Palermo e il busto di Eleonora D'Aragona a Palazzo
Abatellis (Palermo). Si possono ammirare le sue Madonne
con Bambino, dipinte in quel periodo, nella chiesa del Crocifisso
a Noto, in quella dell'Immacolata a Palazzolo Acreide e
al museo di Messina.
Domenico Gagini, nato da una famiglia di architetti e scultori
italiani oniginari della regione dei laghi, si trasferisce
definitivamente in Sicilia dove esercita la sua arte insieme
al figlio Antonello, nato a Palermo nel 1478. E' in questa
città che aprono una florida bottega. Le loro opere, che
riflettono la predilezione dell'epoca per forme eleganti
e nicercate, vengono realizzate in marmo di Carrara e non
più in tufo calcareo. La tecnica di Domenico Gagini viene
poi ripresa nel campo della scultura dai suoi discendenti,
di cui dieci godono di fama fino alla metà del XVII sec.,
sia in campo scultoreo (soprattutto opere in stucco) che
in oreficeria. Numerose chiese siciliane conservano tuttora
alcune splendide statue di madonne e di sante realizzate
dai Gagini, benchè l'abbondante produzione abbia talvolta
portato alla realizzazione di opere ripetitive e di scarso
valore.
Il
manierismo in scultura appare in Sicilia nel XVI
sec. grazie alla presenza di artisti quali Angelo Montorsoli
(1505-1563) che, venuto da Firenze, è uno dei primi a raggiungere
l'isola stabilendosi a Messina dal 1547 al 1557. La sua
collaborazione con Michelangelo a Roma e a Firenze, permette
a quest'architetto e scultore di talento di acquisire una
certa notorietà per aver dato origine al passaggio dallo
stile rinascimentale a quello del manierismo "michelangiolesco".
Nel 1550, egli esegue dodici altari marmorei destinati alle
navate laterali del Duomo di Messina, in parte distrutti
dal terremoto del 1908 e ricostruiti negli anni successivi.
Tra le opere ancora intatte, la Fontana di Onione (1547-1550)
a Messina costituisce uno dei massimi capolavori del XVI
sec. il fiorentino Camillo Camilliani riprende i lavori
di una fontana iniziata dal fratello Francesco per la villa
fiorentina di Don Pedro di Toledo, che viene poi venduta
alla città di Palermo nel 1573.
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