| Canta 
                      e suona a modo suo, questa terra. Si sottrae ai titoli di 
                      "scuola", non percorre cammini aperti da altri. Vi respirano 
                      la stessa libertà musicisti di genio e tradizione popolare. 
                      E c'è chi ne attinge ispirazione e la canta, pur non appartenendole. 
                       Compositori 
                      - Generosamente, Palermo dona a Napoli uno tra i suoi figli 
                      prediletti: Alessandro Scarlatti (1660-1725) è il maggior 
                      compositore di melodrammi (ne scrisse 65) della "scuola 
                      napoletana". Ma fu anche autore di cantate che ispirarono 
                      Hendel e Bach, musica sacra e strumentale. Il figlio Domenico 
                      (Napoli 1685-Madrid 1757) è il famoso compositore di 555 
                      sonate per clavicembalo. Ma a questo punto la famiglia degli 
                      Scarlatti non può più dirsi siciliana. 
  Qualche 
                      decennio dopo, il talento per l'opera è messo a frutto, 
                      nei tempi brevissimi che gli concesse la vita, da Vincenzo 
                      Bellini (Catania 1801-Puteaux 1835), l'autore di La sonnambula, 
                      Norma e I puritani. Bellini fu compositore romantico, che 
                      si dedicò alle sue opere con "tutte le forze dell'ingegno, 
                      persuaso come sono che gran parte del loro buon successo 
                      dipenda dalla scelta di un tema interessante, da accenti 
                      caldi di espressione, dal contrasto delle passioni". Forse 
                      qui si ferma l'ascoltatore di musica classica dai gusti 
                      "tradizionali". Ma chi è estimatore di musica recente, chi, 
                      cioè, sa apprezzare Maderna, Nono o Petrassi, ascolterà 
                      volentieri la musica "informale" di Aldo Clementi (Catania 
                      1925), che fluisce come piena di fiume sonoro, non arginata 
                      da limiti di frasi o intervalli. La 
                      musica della gente di Sicilia - A chi ha un po' di familiarità 
                      con le note il nome di questa terra ricorderà un'antica 
                      danza popolare di pastori, la siciliana, che si fa largo 
                      anche in qualche pezzo strumentale e vocale del Seicento 
                      e Settecento. Gli strumenti che provvedono l'accompagnamento per le danze 
                      sono il fiscalettu o friscaleddu, un flauto diritto di canna, 
                      e il marranzanu, cioè lo scacciapensieri. La linguetta di 
                      questo minuscolo strumento, tutto di metallo, produce vibrazioni 
                      ritmiche varie ma all'esecuzione, come sempre, concorre 
                      l'abilità di chi suona. Chi ha uno scacciapensieri a casa 
                      e ha provato a suonarlo senza cognizioni di sorta si è forse 
                      pentito di averlo sottovalutato, giudicandolo dall'apparenza 
                      un po' dimessa. Se non si sa far suonare denti, labbra, 
                      guance, lingua, corde vocali e fiato dallo scacciapensieri 
                      uscira solo rumore.
 I canti che allietano il passare dei giorni sono quelli 
                      alla carrittera, cioè "da carrettiere", e quelli dei cantastorie, 
                      moderni menestrelli che vanno di paese in paese con la chitarra 
                      e il cartellone a riquadri, dove sono illustrate le scene 
                      della storia appassionata che intonano. Il più famoso è 
                      Ciccio Busacca (Paternò 1926), cantante di Lamento per la 
                      morte di Turiddu Carnivali e Treno del sole, scritti da 
                      Ignazio Buttitta, e collaboratore di Dario Fo.
 Un 
                      po' di Sicilia in opere non siciliane - Il Turiddu di 
                      Busacca farà risuonare nella mente dei melomani il grido 
                      "Hanno ammazzato compare Turiddu!", fine di Cavalleria rusticana, 
                      opera toscana, ma siciliana per scenografia e ispirazione: 
                      è la versione mascagnana della novella di Verga. E la terra 
                      e la storia di Sicilia conquistarono anche Verdi, che raccontò 
                      in musica I Vespri siciliani. 
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