IBLEI
La
terra e la sua gente - L'angolo sud-orientale della
Sicilia è chiuso dagli Iblei, posti quasi a difesa
naturale del territorio ragusano. I paesini montani che
coronano le pendici, disseminati tra i boschi e i declivi,
conservano la loro fisionomia agricola, fortemente legata
alla terra che per secoli ha dato loro sostentamento. Uno
degli elementi più ricorrenti del paesaggio è
il carrubo, grande albero sempreverde, spesso isolato in
un campo. Le foglie lucide, di un verde scuro compongono
una larga chioma che offre una bellombra. I semi, polverizzati
ed utilizzati come addensanti, come surrogato del caffè,
o come, cibo per gli animali avevano in passato una funzione
più nobile: per il loro peso costante erano infatti
utilizzati come unità di misura per le pietre preziose
ed erano chiamati Qirat, da cui deriva infatti Carato.
I
muretti a secco - Il paesaggio rurale è caratterizzato
dalla presenza dei muretti a secco, piccole, ma resistenti
recinzioni non più alte di un metro, in pietra, che
delimitano i campi coltivati. La presenza di questi muretti
si spiega soprattutto a partire dalla conformazione della
roccia degli lblei. Essi infatti sono in pietra calcarea,
a strati, dei quali solo l'ultimo è impermeabile.
Se per erosione o rottura, l'ultimo strato viene inciso
e l'acqua riesce a penetrare, la roccia si sfalda, si rompe
in massi e, nei casi più evidenti, dà origine
a veri e propri canyon. I massi caduti costellano il terreno
rendendo necessaria la loro rimozione da parte dei contadini.
I muretti nascono proprio come riutilizzo dei sassi raccolti
nei campi che, invece di essere solo ammonticchiati, divengono
materiale da "costruzione". Ed è un'arte,
imparata da artigiani che vengono appositamente chiamati
mastri ri mura a siccu. I muretti dividono proprietà
diverse, Permettono il pascolo senza sorveglianza, sostengono
i terreni terrazzati. La nascita dei muretti è anche
legata ai conti Henriquez-Cabrera che decidono di applicare
l'enfieusi (le terre vengono date in gestione direttamente
ai contadini i quali di contro pagano una sorta di canone
annuo).
UN
ITINERARIO MONTANO
Il circuito, di circa 130 km, può essere percorso
in due giorni, prevedendo come
città-sosta per la notte Palazzolo Acreide o, dalla
parte opposta, Caltagirone.
Palazzolo
Acreide
La deviazione che permette di raggiungere Buscemi, offre
un bel panorama.
Buscemi
- In questo piccolo paese agricolo è stato organizzato
un singolare ed
interessante museo. I Luoghi del Lavoro Contadino, le cui
"sale" si trovano disseminate in tutto il centro.
Si tratta in effetti di otto ambienti che ripercorrono il
lavoro e la vita della gente degli Iblei: la bottega del
fabbro, il frantoio (ove sono state ambientate alcune scene
del film La Lupa di Gabriele Lavia), la casa di un massaro
e quella di un bracciante (lo Jurnataru), il calzolaio,
il falegname e il palmento, ove avveniva la pigiatura dell'uva.
Il locale adiacente a quest'ultimo, ospita una piccola cineteca.
Si consiglia la visione del filmato che illustra le attività
lavorative del passato, ambientate nelle botteghe aperte
alla visita. L'ottavo ambiente è un mulino ad acqua
(Mulino S. Lucia) che serviva per la
macinatura del grano e si trova a Palazzolo Acreide. All'interno
è stato allestito un
piccolo Museo della Macina del Grano. L'itinerario permette
di scoprire inoltre anche i monumenti barocchi, con la bella
facciata della Chiesa Madre, quella
curvilinea di S. Antonio da Padova e S. Sebastiano, e gli
angoli più suggestivi e
graziosi come ad esempio il "quartiere contadino"
con costruzioni in pietra piccole e basse.
Appena
ripresa la strada principale, si notino, sulla parete rocciosa
in cima alla
quale sorge il paese, alcune tombe sicule (XII-XIII sec.
a.C.) ricavate da grotte.
Buccheri
- A 820 m di altitudine, questo paese racchiude la chiesa
della Maddalena (XVII sec.), dalla bella facciata a due
ordini scanditi da colonne e da
lesene, e la Chiesa di S. Antonio Abate, la cui facciata-torre
viene valorizzata dalla lunga e ripida scalinata che la
precede.
Vizzini
- E' la cittadina in cui lo scrittore Giovanni Verga ambientò
alcune novelle, tra cui La lupa (e la Cunziria fa da sfondo
ad alcune scene del film di G. Lavia) e La Cavalleria Rusticana
(da cui poi Mascagni trasse la celebre opera), ed il romanzo
Mastro Don Gesualdo. Il modo forse più suggestivo
per visitare il paese
è proprio quello di ritrovare l'osteria ove Turiddo
e Alfio si sfidano a duello con la chiesa di S. Teresa ove
le comari vanno a pregare (nell'opera), le case della Gna
Lola e Santuzza e la Cunziria, antico quartiere dei conciatori,
fuori dall'abitato, ove i due compari combattono.
Ed anche la casa ed i palazzi nobiliari che fanno da sfondo
alle vicende di
Mastro Don Gesualdo fanno capolino qua e là.
Vizzini si sviluppa intorno a piazza Umberto I, su cui si
affacciano Palazzo Verga ed il Palazzo Municipale. Di fianco
a quest'ultimo, la Salita Marineo è una
lunga scalinata decorata, sulle alzate, da maioliche a motivi
geometrici e floreali, con al centro di ognuna un medaglione
con scorci di palazzi vizzinesi. Terminata nel 1996, ricorda
la Scala di S. Maria del Monte a Caltagirone.
La Chiesa Madre conserva un portale gotico normanno (lato
destro), unico superstite del terremoto del 1693 che distrusse
gran parte della città e che diede impulso alla ricostruzione.
Tra gli edifici barocchi si evidenzia la bella facciata
di S.
Sebastiano. Nella Chiesa di S. Maria di Gesù.
Da
Vizzini prendere la strada vecchia per Caltagirone-Grammichele
(5 124). lI primo tratto, sinuoso, offre un bel panorama
con il paese sulla sinistra e i fichi d'indiasulla destra.
Per
rivivere Verga ...
si consiglia di leggere almeno la novella La Cavalleria
Rusticana prima di effettuare la visita e di rivolgersi
alla Pro Loco (in via Lombarda 8 tel.0933/965905) per poter
effettuare una visita guidata. I luoghi di memoria verghiana
infatti sono interessanti se la narrazione è ben
impressa nella memoria.
E
se volete pranzare - A Cunziria (tel. 0933/965507),
nei pressi dell'omonimo borgo, è un'azienda agrituristica
alloggiata in grotte naturali che nel tempo sono state adibite
ad abitazione, poi a stalla ed infine a ... ristorante,
che ha mantenuto comunque il fascino dell'ambiente arricchendolo
di oggetti della tradizione popolare.
Grammichele
- La città di Grammichele è stata ricostruita
nel 1693, dopo il grande terremoto che ha sconvolto la Sicilia
sud-orientale. Singolare e regolarissimo il tracciato urbano,
che si costruisce intorno ad una piazza esagonale da cui
partono altrettanti raggi al centro di ogni lato. Fanno
corona le strade ortogonali, a esagoni concentrici. Nella
piazza sorgono la Chiesa Madre ed il Palazzo Comunale, sede
del Museo Civico (al 1° piano), che raccoglie reperti
archeologici ritrovati nella circostante zona di Terravecchia,
ove sorgeva l'antica città. Occhiolà distrutta
dal terremoto ed abbandonata.
Occhiolà
- A circa 3 km dal centro in direzione Catania, in prossimità
di una Casa Cantoniera seguita da una curva stretta, sulla
sinistra una lapide segna l'accesso
alla strada che conduce al sito ove sorgeva la città
antica, in posizione panoramica.
Una
deviazione - Da Grammichele è possibile raggiungere
Caltagirone,
distante 15 km.
Il
tratto di strada finale, a circa 4 km da Caltagirone, dopo
il passaggio a
livello, offre bellissime viste panoramiche su una vasta
piana coltivata a cereali.
Oltre le colline che evocano, secondo lo scrittore Tomasi
di Lampedusa "un mare bruscamente pietrificato",
si profila la massa scura e grandiosa deIl'Etna.
Se
si è giunti fino a Caltagirone, ritornare a Grammichele
e proseguire in direzione
di Licodia Eubea.
La
salita che conduce a Licodia Eubea offre una bellissima
vista sulla pianura sottostante.
Licodia
Eubea - Sorta probabilmente sulle rovine dell'antica
Eubea, città fondata
dai coloni di Leontinoi intorno al VII sec. a.C., si trova
in posizione elevata, dominante l'alta valle del Dirillo.
Possiede varie chiese settecentesche e il palazzo Vassallo
(via Mugnos, in fondo a corso Umberto a destra), dal pregevole
prospetto barocco con il portale incorniciato da colonne
ed un balcone arricchito
da mensole con mascheroni e volute. Dalle rovine del castello
medievale,
vista sulla vallata sottostante e il lago artificiale formato
dal Dirillo.
Dal centro del paese riprendere la discesa ed al primo bivio
continuare diritti (a
destra indica Grammichele). E' la strada vecchia per Chiaramonte
Gulfi e si incunea nel bel paesaggio montano. Seguire la
strada fino a quando appare, sulla sinistra, la diga del
Lago Dirillo. Poco dopo, in prossimità di una curva,
appena prima di una casa cantoniera (sulla destra) voltare
a sinistra. La strada
conduce al Santuario di Gulfi.
Santuario
di Gulfi - Prima del terremoto del 1693, l'abitato
era situato ove
oggi sorge, isolato il santuario di Gulfi, importante monumento
cittadino elevato
dove si narra che i buoi che trasportavano la statua della
Madonna "venuta dal mare" (trovata sulla riva,
vicino a Camarina) si sarebbero inginocchiati. La storia
è
narrata in quattro medaglioni dipinti all'interno dell'edificio,
nei quali compare
anche il ritrovamento della statua del Salvatore, portato
poi all'omonima chiesa in
Chiaramonte.
Chiaramonte
Gulfi - La greca Akrillai, rinominata Gulfi sotto
gli Arabi, venne completamente distrutta neI 1296 e ricostruita
subito dopo da Manfredi Chiaramonte, che le diede il nome.
Sebbene la cittadina sia stata distrutta dal terremoto del
1693, si legge ancora il
tracciato medievale. L'Arco dell'Annunziata, accesso alla
città antica, è l'unica testimonianza chiaramontana
(XIV sec.). Tra i monumenti barocchi si segnalano la
Chiesa di S. Giovanni (in cima alla collina) e la Chiesa
Madre.
Il corso principale, Umberto I, è fiancheggiato da
palazzi del '700 e dell'800 ed è
chiuso, ad ovest, dalla Villa Comunale, da dove si gode
di un bel panorama sulla
vallata. Nella parte alta della città, immersa in
una pineta (aree attrezzate) che
offre una bella vista su Chiaramonte e l'Etna, sorge il
Santuario delle Grazie, legato ad un'altra leggenda. E'
infatti qui che nel 1576 la Madonna, pregata di
risparmiare il paese dal pericolo della peste, avrebbe fatto
sgorgare una sorgente.
La
strada che conduce a Monterosso Almo si snoda in mezzo a
dolci pendii coltivati e delimitati dai muretti a secco,
elementi tipici della regione iblea, che disegnano figure
geometriche sul verde dei campi, dando una particolare
sensazione di ordine. A tratti, la strada stessa è
delimitata da un muretto.
Monterosso
Almo - La Chiesa di S. Giovanni troneggia nell'omonima
piazza,
centro della parte alta di questa cittadina che vive di
agricoltura. Opera probabilmente di Vincenzo Sinatra, l'edificio
ha una bella facciata scandita da colonne e terminante con
una torre campanaria. L'interno è ricoperto da fregi
a stucco su un fondo dai colori pastello. La copertura della
navata centrale è ornata da medaglioni con bassorilievi
che narrano episodi della vita di S. Giovanni. Scendendo
verso la città bassa (dopo il terremoto del 1693,
anche Monterosso,
come Ragusa e Modica, si divide in due parti rivaleggianti
tra loro) si trova
la "rivale" di S. Giovanni, la Chiesa di S. Antonio
(o Santuario di Maria SS. Addolorata). Sulla stessa piazza
prospettano anche la Chiesa Madre, in stile neogotico, e
l'elegante Palazzo Zacco.
Giarratana
- Tre i monumenti che caratterizzano il lato artistico della
piccola cittadina: la tardo-rinascimentale Chiesa Madre,
e le barocche S. Bartolomeo e S. Antonio Abate. Ogni anno,
in agosto, a Giarratana si tiene la singolare Sagra della
Cipolla.
Da
Giarratana è possibile ritornare a Palazzolo Acreide
o percorrere la strada che
conduce alla cima del Monte Lauro.
Il
Monte Lauro - La strada che si inerpica sul monte, fiancheggiata
dal rosa intenso dei cespugli di valeriana, dal verde scuro
dei carrubi e da pini, offre belle viste sull'altopiano.
La strada si ricongiunge con quella per Palazzolo.
Narra
una leggenda che il gigante Encelado, per aver commesso
una colpa, fosse condannato ad essere sepolto sotto la Sicilia.
Il gigante si sarebbe così disteso con un braccio
sotto l'attuale Pachino, l'altro sotto Capo Peloro ed i
piedi sotto Capo Boeo, ove oggi sorge Marsala.
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