ENNA
Situata
in bellissima posizione su un altipiano a 948 m di altitudine,
viene chiamata il Belvedere della Sicilia ed è anche il
più alto capoluogo di provincia italiano. Man mano che si
sale, la strada offre begli scorci sulla vallata e sul paese
di Calascibetta arroccato sul fianco concavo di una
collina. Il culto di Cerere (Demetra greca), dea del frumento,
ha avuto qui un'importanza particolare, a testimonianza
delle coltivazioni che ancora oggi caratterizzano questa
zona. E poco distante, sulle rive del lago di Pergusa (si
vedano i Dintorni), che
la mitologia greca colloca il rapimento di Proserpina, figlia
della dea, da parte di Ade, dio degli lnferi. E sulla punta
estrema di Enna, al belvedere, sorgeva nel periodo antico
un tempio dedicato a Demetra.
PER
LE VIE DEL CENTRO
Ricchissima di chiese. Enna offre molto al visitatore. Il
centro della città si sviluppa lungo via Roma
che parte in prossimità del Castello di Lombardia e dopo
un angolo acuto scende fino alla Torre di Federico II (descritti
più avanti). Lungo la via si trovano la maggior parte dei
monumenti e i punti di interesse della città.
Gli abitanti di Enna hanno una particolarità: sono divisi
in confraternite, una sorta di "contrada spirituale". Ogni
confraternita ha una sua gerarchia, una sua chiesa, un suo
costume ed adepti che
la difendono fieri ed orgogliosi. La manifestazione più
sentita è la Processione della Settimana Santa
che ha luogo a partire dalla Domenica delle Palme quando
il Collegio dei Rettori, si reca in Duomo e dà inizio all'adorazione
dell'Eucarestia. Qui confluiscono a turno tutte le confraternite
che partono dalla loro chiesa seguite dalla banda musicale
che intona marce funebri. Mercoledì, a mezzogiorno, il suono
delle campane viene sostituito da quello della troccola,
uno strumento di legno ad ingranaggi. La sera del venerdì
ha luogo la processione vera e propria: centinaia di confratelli
incappucciati indossano mantelline di diverso colore e sfilano
portando a braccia il Cristo Motto seguito dall'Addolorata.
La domenica le due statue ritornano alle rispettive chiese.
Duomo
- Ricostruito in stile barocco nel XVI e XVII sec. ha comunque
conservato le absidi gotiche (visibile soprattutto, all'interno,
I'absidiola di sinistra).
La facciata, preceduta da un'imponente scalinata, si compone
di una torre campanaria che si eleva sopra un portico. Si
delineano i tre ordini classici: dorico (il portico è coronato
da un fregio di metope e triglifi, come quello di un tempio).
ionico e corinzio. Sulla facciata meridionale il cinquecentesco
portale di S. Martino presenta un bassorilievo in marmo,
raffigurante S. Martino e il Povero e si armonizza con l'attigua
Porta Santa, gotica. L'Interno è suddiviso in tre navate
da colonne in alabastro nero con basamenti e capitelli scolpiti
(si notino in particolare i bassorilievi della seconda colonna
a destra e della sua corrispondente a sinistra, opera di
Giandomenico Gagini, raffiguranti figure zoomorfe,
putti, serpi, figure bicefale). Particolarmente belle sono
le opere lignee risalenti al XVI sec. Il soffitto a cassettoni
è finemente intagliato e presenta all'estremità di ogni
"trave" strani esseri alati. Alla fine delle navate, i due
palchi dell'organo e della cantoria, sebbene rovinati, presentano
belle balaustre in legno policromo ed intagliato, con nicchie
che ospitano le statue di Cristo e dei Dodici Apostoli.
Dietro l'altare maggiore il coro ligneo è arricchito da
scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, dalla chiara funzione
didascalica come i pannelli dell'armadio della sagrestia
o "casciarizzo" che rappresentano scene della vita di Gesù.
Sopra l'altare è appeso un bel Crocifisso su tavola (XV
sec.) che porta dipinta sul retro una Resurrezione ed è
detto il Cristo dei tre volti, in quanto l'espressione del
volto sembra mutare a seconda della posizione da cui lo
si guarda.
Museo
Alessi - Ingresso alle spalle del Duomo. Allestito
neI 1862 con le collezioni del canonico Alessi, conserva
paramenti sacri del XVII e XVIII sec. ricamati in filo d'oro
e coralli (al piano seminterrato), una pinacoteca (al piano
rialzato) in cui spiccano una dolce Madonna con Bambino
di ignoto fiammingo del XV sec., una Pietà con i simboli
della Passione (XVI sec.) e due tavole appartenenti a un
polittico del XVI sec. attribuite al Panormita con S. Giovanni
Battista e S. Giovanni Evangelista. Al primo piano, oltre
ad una tela di Giuseppe Salerno (Lo Zoppo di Gangi) raffigurante
la Madonna delle Grazie, è esposto il ricchissimo Tesoro
della Chiesa Madre, che comprende, tra gli altri arredi
sacri, la splendida corona della Madonna, con smalti e cesellature
che rappresentano scene della vita di Gesù (XVII sec.),
un gioiello del XVII sec., raffigurante un Pellicano, simbolo
della resurrezione e della vita eterna e il monumentale
ostensorio processionale di Paolo Gui (1536-38) che riproduce
con uno straordinario lavoro di cesello le slanciate cuspidi
di una cattedrale gotica. Al 2° piano sono esposte una collezione
di monete greche, romane e bizantine e reperti archeologici
che vanno dalla preistoria all'Alto Medioevo, nonchè un'interessante
collezione di figurine funerarie egizie, provenienti probabilmente
da corredi tombali rinvenuti in Sicilia da ricollegare all'uso
egizio di porre nelle tombe i cosiddetti "ushebti", letteralmente
"coloro che rispondono all'appello", perchè eseguissero
al posto del defunto le fatiche terrene.
Museo
Archeologico
(Vedi http://www.sicilyweb.com/musei/en-mapv.htm)
Raccoglie
oggetti, soprattutto in terracotta, provenienti dalle necropoli
di Calascibetta, Capodarso, Pergusa, Cozzo Matrice e Rossomanno.
S.
Michele Arcangelo - Eretta nel 1658, probabilmente su
un'antica moschea, ha una facciata squadrata ed è a pianta
ellittica con cappelle radiali. Dalla piazza imboccare la
via Polizzi e poi a destra via del Salvatore ove si trova
la Chiesa del SS. Salvatore, rimaneggiamento
cinquecentesco di un'antica chiesa basiliana, recentemente
ristrutturata.
S.
Chiara - Piazza Colajanni. La chiesa, trasformata in
sacrario dei caduti, è ad un'unica navata. Il pavimento
è in maiolica con due pannelli illustranti il trionfo del
Cristianesimo sull'islamismo e l'Avvento della navigazione
a vapore.
La chiesa si affaccia su piazza Colajanni, fiancheggiata
da begli edifici, come ad esempio Palazzo Pollicarini.
Campanile
di S. Giovanni Battista - In una stradina che parte
da piazza Coppola. L'elegante torre campanaria illeggiadrita
da grandi archi ogivali nell'ordine inferiore, da una bella
trifora gotica nell'ordine intermedio e da archi a tutto
sesto nell'ordine superiore, costituisce tutto quanto resta
dell'omonima chiesa.
Sempre lungo via Roma, si può ammirare S. Giuseppe,
dalla bella (ma purtroppo rovinata) facciata barocca sormontata
da un campanile.
S.
Giovanni - Originariamente in stile romanico, è stata
rimaneggiata, ornata di stucchi e restaurata integralmente
nel 1967. All'interno. vi è un bel fonte battesimale con
il basamento romano, il supporto centrale formato da un
capitello bizantino in marmo rosso e la vasca medievale
ornata da un bassorilievo (XIV sec.).
S.
Marco - L'edificio venne eretto nel XVII sec. su un'antica
sinagoga, visto che in questa parte della città si trovava
il quartiere ebreo. All'interno, ad aula, begli stucchi
raffiguranti putti, ghirlande di fiori e frutta, conchiglie
di Gabriele de Bianco da Licodia (1705): da ammirare anche
il paramento in legno intagliato che chiude il matroneo,
dove le suore assistono alle celebrazioni.
Quasi di fronte dal belvedere di piazza Francesco Crispi,
si gode un bel panorama su Calascibetta, il lago Nicoletti
e il castello di Lombardia sulla destra. Al centro del giardino
la fontana con una copia in bronzo del Ratto di Proserpina
del Bernini.
Poco più avanti si trova la monumentale Chiesa di S.
Francesco. Proprio in corrispondenza della curva
a gomito della strada, si trova la Chiesa di S. Cataldo,
dalla facciata squadrata. Continuando sempre su via Roma
si giunge a piazza Neglia su cui si affacciano la Chiesa
delle Anime Sante dal bel portale barocco in pietra
calcarea e la quattrocentesca Chiesa di S. Tommaso,
dotata di un bel loggiato e di un campanile, con elegante
monofora, che fu in origine (intorno al X sec.) una torre
difensiva.
Quartiere
Fundrisi - Circa a metà di via Mercato. Il quartiere
è sorto sull'estremità sud-ovest dell'altopiano ennese quando,
nel 1396, il re Martino d'Aragona stroncò la rivolta dell'isola
e fece radere al suolo alcuni borghi nelle vicinanze dell'allora
Castrogiovanni. Gli abitanti di borgo Fundrò furono qui
deportati e per secoli costituirono una sorta di comunità
isolata nella comunità. Una passeggiata per i vicoli in
saliscendi di questa parte della città, in mezzo alle casette
a un solo piano che conservano caratteristici ballatoi (soprattutto
lungo la via S. Bartolomeo) risulta piena d'incanto. Da
questa via e dalla piazzetta S. Bartolomeo, su cui si affaccia
l'omonima chiesa, begli scorci sulla parte nord- orientale
della città. Dalla piazza si scende per breve tratto fino
alla Porta Janniscuru, l'unica rimasta delle
cinque che davano accesso alla città, e all'attigua Grotta
della Guardiola. luogo di culto in un periodo senz'altro
anteriore alla nascita della città. Proseguendo sulla continuazione
di via Mercato, via Spirito Santo, si giunge all'omonima
chiesa (in restauro) in bella posizione a picco su uno sperone
roccioso.
I
LUOGHI FORTIFICATI
Castello di Lombardia - In fondo a via Roma. Situato
sulla punta dell'altopiano, domina la città e la vallata
insieme alla Rocca di Cerere, ove sorgeva probabilmente
un tempio dedicato alla dea.
La presenza qui di un luogo fortificato ha radici antiche,
grazie alla posizione strategica. Nel periodo normanno il
castello viene rinforzato. Sotto Federico II d'Aragona viene
abbellito da sale che lo rendono adatto anche alla vita
di corte. Quest'ultimo lo destina a sua residenza estiva:
è proprio qui che viene incoronato, re di Trinacria e nel
1324 riunisce il parlamento siciliano. E' a questo stesso
periodo che risale il nome del castello, probabilmente legato
alla presenza di una guarnigione di soldati lombardi posta
a difesa della fortezza. La pianta, vagamente pentagonale,
segue le asperità del terreno. Delle venti torri originariamente
esistenti ne sono rimaste solo sei (alcune solo parzialmente).
La più interessante completa è La Pisana o Torre delle Aquile,
coronata da merli guelfi. Dalla cima si gode di un bellissimo
panorama sulla maggior parte delle catene montuose della
Sicilia, l'Etna e Calascibetta.
All'interno delle mura si aprono tre corti: il cortile di
San Nicola, utilizzato come teatro all'aperto, il cortile
della Maddalena, chiamato anche delle vettovaglie in quanto
adibito a deposito dei rifornimenti in caso di assedio,
ed il cortile di S. Martino ove erano situati gli appartamenti
reali e da cui si ha accesso alla torre pisana.
All'esterno, in direzione della Rocca di Cerere, si trova,
addossata alle mura del castello, la statua di Euno ricorda
lo schiavo che ha dato inizio alla rivolta servile.
Rocca
di Cerere - All'estremità dell'altura, laddove si elevava
il tempio dedicato alla dea del frumento, si gode di una
bella vista tutt'intorno e su Calascibetta Enna.
Torre
di Federico - All'estremità di via Roma opposta al
castello. Enna in passato poteva forse essere chiamata
la città delle torri. Ne esistevano moltissime, data la
funzione difensiva e strategica della città. Molte sono
scomparse, molte sono state incorporate, come campanili,
nelle chiese, solo alcune sono rimaste torri. E' questo
il caso della torre ottagonale costruita sotto Federico
II di Svevia che si trova in posizione dominante al centro
di un piccolo giardino pubblico
E
INOLTRE...
Santuario del SS. Crocifisso di Papardura - Prendere
via Libertà dopo l'incrocio con viale Diaz e imboccare una
stradina a destra lungo la quale sono segnate le stazioni
deila Via Crucis. Fu costruito per inglobare la grotta
in cui nel 1659 fu ritrovata l'immagine del Crocifisso,
dipinta su lastra di pietra, opera forse di monaci basiliani,
che ora è collocata sull'altar maggiore. All'interno begli
stucchi iniziati nel 1696 da Giuseppe e Giacomo Serpotta
e ultimato nel 1699 da altra mano a cui sono da attribuire
in particolare le statue degli Apostoli. Pregevole inoltre
il paliotto in argento dell'altar maggiore, di fattura messinese
(XVII sec.): il soffitto ligneo a cassettoni è opera della
fine del secolo scorso, mentre i paliotti degli altari laterali
sono in cuoio dipinto e bulinato.
SULLE
COLLINE A NORD DI ENNA ( I MONTI EREI )
Circuito di 123 km - 1 giornata. Uscire da Enna in direzione
di Calascibetta.
Calascibetta
- Posta in incantevole posizione ad anfiteatro su una rocca
concava, ha probabilmente origini arabe. La Chiesa Madre,
fondata nel XIV sec., fu totalmente ricostruita neI '600
in seguito al terremoto. Sotto la chiesa esiste un edificio
antecedente, visibile sotto la navata sinistra. All'interno,
le tre navate sono divise da colonne in pietra con basamento
intagliato a figure mostruose. che sorreggono arcate ogivali.
Entrando a sinistra bel fonte battesimale cinquecentesco.
La torre normanna (XI sec.) è affiancata dalla chiesa diroccata
di S. Pietro, ornata da un bassorilievo in pietra. Dal piazzale
a sinistra, splendida vista con, sulla destra. Enna (si
vedono il castello e il Belvedere) e il lago di Pergusa
in basso.
Uscendo dal paese in direzione di Villapriolo si possono
vedere le tombe scavate nella roccia della necropoli di
Realmese (IV sec. a.C.).
Calascibetta - Ritornare al bivio e imboccare a sinistra
la SS 121 verso Leonforte. La strada, fin oltre Regalbuto,
si snoda lungo le colline dell'entroterra ennese offrendo
begli scorci panoramici, in particolare tra Nissoria e il
bivio per Centuripe, sulla valle del fiume Salso e il lago
di Pozzillo.
Leonforte
- Il paese è arroccato in una conca in posizione stupenda.
In lontananza si distingue la monumentale sagoma di Palazzo
Branciforte che ricorda la fondazione della cittadina nel
XVII sec, da parte di Nicola Placido Branciforte. Il palazzo
deI 1611 occupa tutta la lunghezza di un lato della vasta
piazza omonima. Nota è soprattutto la Granfonte
(1651) fatta costruire sempre dal Branciforte: è in pietra
dorata con 24 cannelle e una serie di arcatelle a tutto
sesto coronate da un fastigio con Io stemma della famiglia.
Uscire dal paese ripercorrendo la stessa strada e, al
bivio, voltare a sinistra in direzione di Assoro.
Assoro
- Il paese, abbarbicato a 850 m d'altitudine, ruota intorno
alla graziosa piazza Umberto I, pavimentata, con una fontana
al centro e con una suggestiva terrazza, belvedere. Oltrepassato
il pittoresco arco che collega il Palazzo Valguarnera e
la Chiesa Madre, si giunge ad un'altra piazzetta-belvedere,
su cui affaccia la Chiesa Madre o Basilica dl S. Leone.
La chiesa, fondata nel 1186, fu molto rimaneggiata alla
fine del XIV sec. e ancora nel XVIII. E' a tre navate con
un portico sul lato sud. Il portico del lato nord fu sostituito
nel 1693 dalla cappella dell'Oratorio del Purgatorio cui
si accede da un elegante portale barocco ed il cui interno
è caratterizzato da una bella volta a costoloni. L'Interno
della basilica è particolarmente suggestivo per le dimensioni
ridotte che si accompagnano però a una profusione di stucchi
barocchi dorati. Le colonne a tortiglione furono infatti
rivestite nel XVIII sec. da decori a racemi, mentre sul
frontone delle absidiole furono aggiunti, a destra, un Pellicano,
il mitico uccello che nutriva i suoi piccoli con le sue
stesse carni (rappresentazione del Cristo Eucaristico),
e a sinistra l'Araba Fenice, che appena morta risorgeva
dalle sue ceneri, simbolo del Cristo Risorto.
Molto belli anche il soffitto ligneo a capriate, con travi
arabescate e dipinte (1490) e le cancellate in ferro battuto
che chiudono le cappelle (XV sec.).
Proseguire lungo la strada che supera S. Giorgio e, all'altezza
di Nissoria, incrocia di nuovo la SS 121. Proseguire a destra
in direzione di Agira.
Agira
- Distesa sui fianchi del Monte Teja. a 650 m di altitudine,
è dominata dalla torre del castello, che sorge in cima al
paese. L'edificio è svevo e sembra abbia avuto un ruolo
attivo nelle lotte tra Angioini e Aragonesi prima e tra
Aragonesi e Chiaramontani poi. Dalle sue rovine si ha una
bella vista sul lago di Pozzillo
La città ed il monastero - La storia di Agira,
patria dello storico Diodoro Siculo (90 - 20 a.C.) segue
di pari passo le vicende del monastero basiliano di S. Filippo,
fondato dal monaco di origine siriaca tra il V e il VI sec.,
e divenuto ben presto un importante centro di cultura e
religiosità. Il periodo di massimo splendore viene raggiunto
quando, sotto i Normanni, al monastero giungono i monaci
esuli di Gerusalemme, caduta nelle mani di Saladino. Il
monastero prospera, grazie anche alle ricchissime prebende
che percepisce dagli immensi possedimenti sparsi in tutt'Europa.
Nel 1537 Carlo V concede ad Agira il titolo di città demaniale,
con prerogative speciali, tra cui quella di amministrare
la giustizia civile e penale. La decadenza della città inizia
neI 1625 quando il re Filippo IV di Spagna per rimpinguare
le stremate finanze della monarchia decide di vendere la
città a dei mercanti genovesi: gli agirini, per non rinunciare
alla libertà si offrono di pagare I'ingentissima somma richiesta.
Chiesa Madre (ex-monastero di S. Filippo)
- E' il più importante tra gli edifici religiosi della città.
Nella forma attuale risale alla fine del XVIII sec-inizi
del XIX sec. (la facciata fu interamente rifatta nel 1928).
All'Interno decorato con stucchi dorati, si possono ammirare
un drammatico Crocifisso ligneo di Fra' Umile da Petralia
(all'altar maggiore), un coro ligneo con scene della vita
di S. Filippo, opera di Nicola Bagnasco (1818-1822) e tre
pannelli di un polittico del XV sec. con la Madonna in Maestà
tra Santi, oltre che alcune tele di Olivio Sozzi e Giuseppe
Velasquez.
Regalbuto
- Giungendo da Agira, si è accolti dalla bella facciata
barocca della Chiesa di S. Maria La Croce
(1744), in pietra rosata, scandita da colonne e coronata
da un elegante fastigio. Da qui imboccando a sinistra la
via lngrassia ci si trova alla propria sinistra, il Collegio
dei Gesuiti e poco più avanti Palazzo Compagnini
in stile liberty. Si giunge quindi nell'ampia piazza principale
del paese, dominata dalla Chiesa Madre (1760)
dedicata a S. Basilio la cui monumentale facciata barocca
ha un andamento mistilineo ed è cadenzata da pilastri.
Dalla statale 121 una stretta strada a tornanti si inerpica
fino a Centuripe.
Centuripe
- Il paesino, oggi tagliato fuori dalle grandi vie di comunicazione,
è stato, nel lontano passato, un punto strategico sulla
via di comunicazione tra la piana di Catania e le montagne
dell'interno. Ciò spiega perchè, in particolare in epoca
romana, Centuripe godette di una notevole prosperità economica
(Cicerone stesso la definisce nel 70 a.C. una delle città
più fiorenti della Sicilia). Ed è proprio la Centuripe romana
ad aver lasciato la parte più cospicua di resti monumentali:
il Tempio degli Augustali (I-II sec. d.C.).
edificio a pianta rettangolare, che si affacciava su una
via colonnata. rispetto alla quale era sopraelevato (attiguo
alla nuova sede del Museo Archeologico), e due tombe monumentali
a torre, sempre di età romana, una conosciuta come "la Dogana"
(di essa è visibile solo il piano superiore) e l'altra come
"castello di Corradino". All'estremità nord-occidentale
del paese, in contrada Bagni, per una strada pavimentata
in pietra si giunge ai resti di quello che doveva essere
uno scenografico Ninfeo con giochi d'acqua, sospeso sul
vallone del torrente, per deliziare chi giungeva da fuori.
Della struttura è visibile una parete in mattoni con cinque
nicchie, resti di una vasca per la raccolta delle acque
e parti dell'acquedotto. Infine i cospicui reperti che vanno
dall'VIII sec. a.C. al Medioevo e che verranno in un prossimo
futuro esposti nel moderno edificio del Museo Archeologico,
sono per ora "immagazzinati" in alcuni locali del Municipio,
dove parte di essi è visibile. Si ammirino in particolare
le statue provenienti dal tempio degli Augustali, tutte
riferibili a imperatori e loro familiari, una bella testa
dell'imperatore Adriano appartenuta, per le proporzioni,
a una statua di almeno 4 m, due splendide urne funerarie*,
della famiglia degli Scribonii (senz'altro importate da
Roma), terrecotte di produzione locale (III-I sec. a.C.)
ed un notevole gruppo di maschere teatrali.
Da Centuripe proseguire a sud verso Catenanuova per
prendere l'autostrada e rientrare ad Enna.
NATURA,
ARCHEOLOGIA E ZOLFARE
Circuito di 127 km - 1 giornata. Uscire da Enna in direzione
di Pergusa.
Lago
di Pergusa - Si stende ai piedi di Enna. Le sue
rive, oggi purtroppo contornate da un circuito automobilistico,
furono teatro di un episodio mitico: il rapimento di Persefone
da parte di Ade. Si narra che la figlia di
Demetra e Zeus stesse giocando con le Oceanine, quando,
visto un narciso particolarmente bello, si accinse a coglierlo.
In quel momento la terra si spalancò e dalla voragine emerse
Ade, maestoso con i suoi cavalli immortali. Il dio la costrinse
a salire sul carro dorato e scomparve nei pressi di Siracusa,
presso la fonte Ciane (si veda alla voce SIRACUSA), portandola
con sè negli Inferi. La madre udì il grido straziante della
fanciulla, e senza pace, si mise alla sua ricerca. Dopo
lunghe peregrinazioni riuscì a sapere ove era stata portata
ed ottenne di rivederla. Ade prima di permettere alla sposa
di rivedere Demetra, le fece mangiare un chicco di melograno,
legandola così per sempre a sè.
Al bivio seguire a sinistra le indicazioni per Valguarnera.
Parco
minerario Floristella-Grottacalda - Segnaletica lungo
la strada. Ha un'estensione di 400 ha. di cui 200 privati
(parco minerario di Grottacalda, in cui sorge anche un'azienda
agrituristica) e 200 pubblici (Floristella). Fino al 1984
la miniera di zolfo di Floristella era in funzione. L'interesse
del parco, forse poco significativo ad un primo approccio,
consiste proprio nel fatto che documenta un'attività che
ha segnato la vita ed il destino di intere zone siciliane,
soprattutto nella provincia di Enna e Caltanissetta.
Seguendo la strada sterrata si giunge allo spiazzo dove
sorge la palazzina Pennisi, fatta erigere dai baroni di
Floristella, antichi proprietari della miniera, quando se
ne iniziò lo sfruttamento intorno al 1750. Alle spalle della
palazzina si ha una visione completa del "sito archeologico-industriale".
A partire da sinistra si vedono il pozzo di estrazione n°
1 (in muratura) e il pozzo di riflusso per l'aereazione
(in metallo). utilizzati fino aI 1972. Le collinette bianche
che si notano sono i cosiddetti "calcheroni", fossati cilindrici
rivestiti con materiale inerte (la camicia) nei quali, per
autocombustione, si effettuava la separazione dello zolfo
dalla "ganga", cioè l'insieme delle impurità. A partire
dal 1860 i calcheroni furono sostituiti dai forni Gill,
a cupola, collegati da canaline a gruppi di due, tre o quattro.
Questo sistema permetteva di sfruttare il calore dei fumi
di anidride solforosa derivati dalla combustione in un forno
per scaldare il materiale di zolfo del forno successivo.
Di fronte ai calcheroni si notano una sorta di gallerie
con arcate e feritoie, da cui lo zolfo fuso colava fino
al punto di prelievo detto "morte". Qui veniva raccolto
in recipienti di legno a forma tronco-trapezoidale, nei
quali solidificava prendendo l'aspetto di pani di 50-60
kg, le "balate". All'estrema destra si notano le sezioni
della miniera più antiche, dove si possono ancora vedere
le "discenderie", accessi alla miniera a gradini utilizzati
dai minatori e dai "carusi", i ragazzi che trasportavano
alla superficie il materiale estratto nelle gerle.
Valguarnera
- Il paesino, legato fino ad alcuni decenni orsono all'economia
delle zolfare, possiede una Chiesa Madre del XVII sec.,
dalla massiccia facciata barocca in pietra calcarea, ad
andamento convesso. Ritornare indietro in direzione di Piazza
Armerina. La strada taglia una bellissima vallata a collinette
dolcemente digradanti, coperte in primavera da un vello
verde smeraldo.
Barrafranca
- L'antica Convicino (il nome attuale risale al XVI sec.)
è un nido di case color ocra, adagiate sui dolci pendii
di una collina. Si entra per via Vittorio Emanuele, fiancheggiata
da bei palazzi signorili tra cui Palazzo Satariano e Palazzo
Mattina. La Chiesa Madre (XVIII sec.) ha una
facciata con mattoni a vista e un campanile coronato da
una cupoletta rivestita di ceramiche policrome. In Piazza
Messina si trova il Monastero delle Benedettine
ormai semidistrutto seguito dal vasto e interessante edificio
settecentesco dei Putieddi (botteghe) e dalla Chiesa di
Maria SS. della Stella dall'aereo campanile
che culmina con una cuspide maiolicata. Ritornando alla
via principale del paese, corso Garibaldi, si giunge in
piazza dell'Itria dove si trova l'omonima chiesa (XVI sec.)
con facciata a campanile in mattoni.
Da qui è possibile continuare in direzione di Pietraperzia
o effettuare una deviazione (13 km) in direzione di Mazzarino.
Mazzarino
- Borgo medievale, sviluppatosi soprattutto grazie alla
famiglia dei Brancifor, Mazzarino riunisce i monumenti principali
lungo il centrale corso Vittorio Emanuele. Si evidenziano
la Chiesa Madre, l'attiguo palazzo Branciforti (XVII sec.)
e la coeva Chiesa del Carmelo. Fuori dal paese, isolato
su un'altura, si ergono le rovine del castello caratterizzate
da un imponente torrione circolare. Costruito nel luogo
in cui probabilmente sorgeva una fortezza in epoca romano-bizantina,
l'edificio venne rafforzato ed ampliato sotto i Normanni
e nel corso del XIV sec., per divenire residenza signorile
verso la fine del '400.
Riprendere la SS 191 in direzione di Barrafranca e proseguire
per Pietraperzia.
Pietraperzia
- Anche qui il colore dominante della pietra è l'ocra. Dai
ruderi del castello, di epoca normanna, si domina la vallata
del Salso. Entrando in paese si trova, in piazza Matteotti,
la cinquecentesca Chiesa del Rosario con, di fronte, il
bel palazzo Tortorici in stile neo-gotico. La Chiesa
Madre (XIX sec.) presenta una facciata squadrata
coronata da un tozzo fastigio. Al suo interno è degna di
nota la tela con la bella Madonna col Bambino di Filippo
Paladini, che si trova all'altar maggiore. Interessante
anche il Palazzo del Governatore (XVI sec.)
con un bel balcone angolare arricchito da mensole con figure
antropomorfe.
STORIA
Le
origini di Enna risalgono alla preistoria. La sua posizione
elevata naturalmente protetta l'hanno resa un luogo particolarmente
ambito. Probabilmente abitata dai Sicani, che ne fanno un
punto di difesa strategico contro l'avanzata dei Siculi,
diviene città greca e, poi romana e nel 135 a.C. è teatro
dell'inizio della guerra servile capeggiata, dallo schiavo
siriano Euno, estesasi poi a tutta l'isola e durata ben
sette anni. Riconquistata dai Romani cade, nel VI sec.,
sotto il do- minio bizantino (come tutto il resto della
Sicilia) e diviene luogo strategico per la difesa contro
l'assedio arabo. Capitola solo nel IX sec. Il nome Henna,
probabilmente di origine greca (en-naien, vivere dentro)
viene ripreso dai Romani che vi antepongono il termine fortezza.
Castrum Hennae, e poi dagli Arabi che lo trasformano in
Kasrlànna (o Qasr Yànnah o Qasr Yani), volgarizzato infine
come Castrogiovanni. Subentrano poi i Normanni, che la rendono
centro politico e culturale del loro regno, gli Svevi, gli
Angioini e gli Aragonesi. Federico II assume qui il titolo
di re di Trinacria (1314) e vi raduna il parlamento (1324).
La città segue poi le vicende del resto dell'isola ribellandosi
ai Borbone e sostenendo Garibaldi. Nel 1927 riassume il
nome antico, Enna.
|