La
chiesa di San Giorgio è un monumentale
esempio dell'arte barocca siciliana.
La sua origine è, in parte, oscura.
L'originale struttura, stando a quanto
asserito dallo storico Carrafa, risalirebbe
all'Alto Medioevo, e sarebbe poi stata
distrutta dagli Arabi, durante un loro
attacco, nell'845.
Ruggero il "Normanno" ne ordinò la ricostruzione
nel primo dodicesimo secolo. Due successive
ricostruzioni avvennero in seguito ai
terremoti del 1613 e del 1693. Quest'ultimo,
particolarmente devastante, colpì l'intera
fascia sud-est della Sicilia, comunemente
denominata Val di Noto.
La ricostruzione, sontuosa e magnificente
come mai prima, fu affidata al celebre
architetto siracusano Rosario Gagliardi,
già autore del San Giorgio in Ragusa.
La chiesa, riaperta con cerimonia solenne
nel 1738, è a "cinque navate" ed è ricca
di ornamenti
artistici, stucchi e dipinti preziosi,
come gli "eventi del Vangelo e della
vita di S. Giorgio", realizzato da Girolamo
Aliprandi nel 1513, conosciuto come
il Raffaello di Sicilia.
La "meridiana pavimentale" e il "tesoro"
della chiesa sono particolarmente degni
di nota. Quest'ultimo include, tra gli
altri notabili pezzi, la "Santa Arca",
un'opera d'arte rivestita in argento,
che contiene le reliquie del Santo.
Poi, a rendere ancor più magnifica la
chiesa, una scalinata di 250 scalini,
realizzata nel 1818 per volontà del
Gesuita Francesco di Mauro, che, quasi
dal Corso, attraversando le due sottostanti
vie, introduce la splendida facciata.
La
chiesa del Carmine, vicino Piazza Corrado
Rizzone, fu un convento di Carmelitani.
Sia la chiesa che il convento risalgono
al '500, quando l'ordine religioso giunse
per la prima volta in Sicilia.
La chiesa tollerò i danni del terremoto
del 1693 e mantiene, dell'originale
struttura, un, già menzionato, splendido
portale e un sontuoso "Rosone" aperto.
L'interno, a una "navata", presenta
altari su entrambi i lati, uno dei quali
contiene la celebre "Annunciazione",
preziosissimo gruppo scultoreo del sedicesimo
secolo, di Antonio Gagini.
L'altare centrale, infine, è notabilmente
scolpito in legno con stucchi rilevati.
La
chiesa di Santa Maria di Betlemme, a
Modica Bassa, lungo il Corso e a lieve
distanza da Piazza Principe di Piemonte,
è una costruzione che risale al '400,
anche se mantiene della originale struttura,
il solo portale della navata destra.
Presenta internamente tre navate e la
volta a capriata è preziosamente istoriata.
In fondo alla navata destra, c'è la
cappella del Sacramento, in una struttura
piana e coperta da una cupola a base
ortogonale, con pennacchi arabeschi
in stile gotico arricchito da elementi
di origine araba, normanna e catalana.
La chiesa ospita le tombe della nobile
famiglia dei conti Cabrera. La navata
sinistra accoglie un bellissimo presepe
in terracotta, realizzato da Padre Benedetto
Papale, nel 1882.
Ancora
sul Corso è situata la chiesa di San
Pietro, patrono di Modica Bassa, risalente
al 1300, poi ricostruita in seguito
al celebre terremoto. E' introdotta
da una elegante scalinata abbellita
da statue dei dodici apostoli ai lati.
L'interno, basilicale e a tre navate,
mostra quattordici colonne supportanti
capitelli corinzi. La navata centrale
è decorata con scene dell'Antico Testamento,
mentre quella destra ospita due importanti
"gruppi": la "Madonna di Trapani", attribuita
a Giovanni Pisano, e il policromo "San
Pietro e il paralitico", di Paolo Civiletti,
nel 1893.
L'ottocentesco
convento dei "Mercedari" è oggi un elegante
costruzione che accoglie internamente
due musei: il museo civico, che raccoglie
testimonianze archeologiche risalenti
ai periodi Paleolitico e Cristiano,
e importanti dipinti del diciottesimo
e diciannovesimo secolo; il museo Ibleo
delle "arti e tradizioni popolari",
che conserva una ricca eredità di strumenti
ed attrezzature delle antiche botteghe
artigiane, qui interamente ricostruite,
e che rappresenta un documento reale
della vita e delle attività del passato.
La
chiesa di Santa Maria delle Grazie è
annessa al convento e la sua costruzione
fu dovuta alla rinvenimento di una tavoletta
di ardesia, nel 1615, raffigurante l'immagine
di Maria e Gesù Bambino. La tavoletta
è preziosamente conservata nell'altare
centrale della chiesa.
La
parte superiore della città, Modica
Alta, mostra altrettanto numerose e
belle chiese e palazzi, come quello
di Tommasi-Rosso, notabile per il vasto
portale lavorato in pietra e, al piano
superiore, splendidi balconate in ferro
battuto, sostenute da terrazze con maschere
tipiche barocche.
Una
strada ricca di tornanti, anche questa
caratteristica di Modica Alta, conduce
alla cattedrale di San Giovanni, che
si innalza, sulla destra, alla sommità
di una lunga ed elegante scalinata.
Da notare il campanile, che raggiunge
il punto più alto di Modica, quasi 500
m sul livello del mare. La facciata,
su due ordini, è arricchita da due coppie
di colonne.
Palazzo
De Leva, a Modica Bassa, è uno dei più
suggestivi palazzi della provincia ed
ospita oggi alcuni uffici pubblici e
soventi mostre d'arte. Il portale, stupendo,
in stile arabo-normanno (qui anche detto
stile dei Chiaramonte).
Palazzo
Polara, situato a fianco della cattedrale
di San Giorgio, è una splendida costruzione
in stile barocco, introdotta da un'elegante
scalinata. La facciata interamente domina
Modica Bassa e le sovrastanti colline.
E' anch'esso il luogo di frequenti mostre
ed esibizioni, oltre ad accogliere una
permanente galleria d'arte.
STORIA
"Modica.
Città nobile, opulenta e popolosa, capo
dell'antica ed amplissima Contea".
La descrizione ottocentesca, appartiene
allo storico ed ecclesiasta Vito Amico,
ed elegantemente racchiude l'importanza
economica, politica e culturale di una
città, le cui radici sembrano affondare
in tempi e circostanze remote e non
sempre chiare.
Si
ha così notizia di una "Motyca" abitata
dai Siculi attorno all'ottavo secolo
a.C., all'epoca delle colonie greche
in Sicilia; lo storico Carrafa (diciassettesimo
sec.) narrò di monete trovate nel territorio
medicano, su cui era leggibile in lettere
greche la parola "Motayon". Sono queste
solo alcune delle denominazioni della
città nel corso dei secoli, cui seguono:
"Motica, Motuca, Mohac, ecc".
Tracce
più chiare si hanno di una dominazione
di Roma, cui Modica, essendo città decumana,
versava un decimo dei propri raccolti,
e di una dominazione araba, che nell'845
conquistò il castello di "Mudiqah".
Un'occupazione
certa fu quella dei Normanni nell'undicesimo
secolo, i quali "cacciarono" i musulmani,
peraltro introducendo il culto di San
Giorgio, cui Ruggero di Hautetville,
capo dei Normanni, fu fedelmente devoto.
Il
titolo di Contea risale, seppur per
un breve periodo, proprio al dominio
Normanno, quando Gualtieri, prode capitano
di Ruggero, fu designato Conte di Modica.
Ma
è soprattutto durante il dominio degli
Aragona di Spagna (XIII - XVII sec.),
successivo a quello degli Angioini di
Francia, che Modica, come Contea, conobbe
i suoi fasti maggiori, rappresentando,
con i Conti Mosca e soprattutto Chiaramonte
e Cabrera, quel ruolo di importantissimo
potere locale, tipico del feudalesimo,
che, per autorità, ricchezza e magnificenza,
nulla aveva da invidiare a quello dello
stesso Re, il quale solo indirettamente
controllava il territorio.
Un
"Regno nel Regno", così è stato definito
il fenomeno di organizzazioni territoriali
come la Contea di Modica che, pur formalmente
create dal Re, costituirono un potere
effettivo ed un eventuale, essenziale,
appoggio economico e politico per ogni
forma di potere centrale.
Ricordiamo
a tal proposito le essenziali parole
di un diploma concesso a Bernardo Cabrera
nel 1392 da parte del Re di Sicilia
Martino: "come io nel mio Regno tu nella
tua Contea".
Successivamente
la Contea perdette almeno in parte la
sua importanza, con i Conti Henriquez
e, a titolo di citazione, Alvarez (XVIII
sec.) e Fitz-Stuart (XVIII e inizio
XIX), quando il titolo di Conte aveva
un significato ormai essenzialmente
formale e perduto ognuno dei suoi vecchi
privilegi.
Sette
secoli di effettiva durata, dunque,
quasi per intero sotto l'ombra o la
mano spagnola, che un forte segno ha
lasciato nel nostro dialetto, nella
tradizione gastronomica, nei monumenti
e nell'architettura della città, e,
naturalmente, nell'arte barocca che
in Spagna trae le sue radici.
Un
grosso segno, sicuramente, essi l'ebbero
sul carattere e la personalità della
gente locale, che insieme ai segni lasciati
dagli altri invasori e all'essenziale
strato "nativo", forgiano l'identità,
ultima, del siciliano.
Numerose
sono le rappresentazioni della città:
Modica,
"città delle cento chiese", secondo
il conteggio dello storico F. L. Belgiorno,
includente anche le rovine e i resti
del territorio.
Modica
città di Salvatore Quasimodo, scrittore
e premio Nobel per la letteratura nel
1959, e di Tommaso Campailla, scienziato
e filosofo del '700.
Città
del famoso ponte, tra i più alti in
Europa, dominando l'intera città, e
che congiunge la vecchia e la nuova
Modica.
Città del Castello, di cui rimangono
una torre del diciottesimo secolo e
un, più recente, orologio. Entrambi
simbolizzano la città.
Poi
la "città delle due città", Modica Alta
e Modica Bassa.
La città dei deliziosi dolci e cibi
tipici e dei colorati, splendidi paesaggi
del mare e della campagna.
Città
del Barocco e della Contea, testimonianti
lo splendore e l'importanza storica
della città, in epoche passate, quando
era tra le più belle e potenti di Sicilia.
Infine
città dei disastri: naturali, come i
terremoti del 1613 e del 1693, e le
alluvioni del 1833 e del 1902; umane,
come rispettosamente (per le vere catastrofi)
giudicabile è la collocazione di certi
obbrobri architettonici in mezzo a contesti
storici e artistici di tutt'altra estrazione.
Sono
queste tutte rappresentazioni, forse
limitative e frammentarie di una città
storica, i cui elementi e attività rappresentative
sono, nel corso degli anni, ovviamente,
cambiati, insieme a quelle di tutta
la società.
Nonostante
questo e nonostante i mille problemi,
soprattutto economici, che la città
attualmente affronta, una sorta di rivalutazione
e apprezzamento del suo importante passato
sembra oggi quanto meno accennata, attraverso
una serie di attività promozionali e
di investimento turistico, principalmente
riferiti al periodo della Contea.