La
cucina afrodisiaca catanese, gli ingredienti e i mercati
popolari
Foto
di Giuseppe Leone - Testi di Pino Correnti
Al
ritorno dal loro viaggio sulla Luna, gli astronauti americani
dissero di aver visto da lassù iL pennacchio di fumo
emesso dai quattro crateri dell'Etna e come questo, valicando
il Mediterraneo, giungesse visibile fino alle foci del Nilo.
Per questo fenomeno, che si ripete sin dall'epoca greco-romana,
gli Egiziani di Alessandria e del Cairo chiamano catanese
il vento che spira dall'Etna verso ii delta del Nilo. Apollodoro
era il cuoco catanese di Cleopatra, che seppe srotolarla
giovinetta dal tappeto dove l'aveva avvolta, innanzi agli
occhi artoniti di Cesarione (il rampollo che la regina d'Egitto
scodellò a Cesare cinquantenne). La storia concesse
un inatteso bis a Cleopatra quando, dopo qualche giorno
dalle funeste idi di marzo, risalendo il Nilo sulla barca
d'oro e con le seriche vele porporine gonfiate dal catanese
verso Luxor, proprio Apollodoro seppe tranquillizzare la
sua regina e l'amante romano - il potente Marc'Antonio,
onorato da Cleopatra come Dionisio vivente - allorchè,
portate dal vento, piovvero dal cielo minuscole palline
nere sulle sue afrodisiache vivande che stava cucinando
sul cassero. Disse che si trattava del ripuddu, scorie eruttate
dall'Etna e che tanto bene facevano agli ortaggi e alla
frutta del litorale del suo Paese,
sull'altra sponda.
Dopo
che gli Arabi si stabilirono in Sicilia, impiantando agrumi
e gelsomino alle falde del vulcano più grande d'Europa,
allo spirare del catanese sul delta del Nilo, in quel vento
profumato si avvertirono nitidi effluvi di zagara e gelsomino
d'Arabia, come pare accada ancora oggi.
Questi
aneddoti per introdurre un argomento, gli ingredientii culinari
afrodisiaci catanesi - e come procurarseli - che mi sta
particolarmenre a cuore.
Catania
ha quattro mercati. I due maggiori sono il grandioso Ortofrutticolo
di via Amerigo Vespucci, che si estende per una superfice
di 70.000 mq, e il mercato Ittico di via Cristoforo Cobombo,
dove le contrattazioni cominciano alle 3 e si concludono
alle 10, con un movimenro di pesce locale fresco e congelato
di circa 7.000 tonnellare annue. Ma noi qui non ci occuperemo
di questi, del resto simili a quelli di altre grandi città.
Piuttosto, in forza del famoso adagio "dimmi come mangi
e ti dirò chi sei", ci occuperemo dei due mercati
popolari minori, al minuto: "a Fiera o luni" (la
fiera del lunedì, ma oggi aperto tutti i giorni esclusa
la domenica) e la millenaria Pescheria. Cominceremo verso
le 8.30 dalla Fiera nella centralissima piazza Carlo Alberto,
a due passi da via Etnea e da via Umberto. Si apre con la
sua ridda di ombrelloni policromi innanzi al santuario di
Maria SS. del Carmine dove, non molto dissimile dai souk
nordafricani, si incrociano e si affastellano in esaltante
confusione, frammiste alle tante offerte non commestibili,
le bancarelle di ortaggi e verdure, pesci, carni, formaggi,
legumi, frutta fresca e secca, olive salate e cunzate, nell'allettante
maniera catanese (che le vuole condite con giardiniera all'aceto,
funghi all'olio, origano, prezzemolo, aglio e rosso peperoncino).
Le olive nere, grosse e brillanti, sono presenti in vane
prezzature, anche infornate e sempre condite con olio locale
e sedano.
Sono
pronte per entrare nella pietanza afrodisiaca per eccelleuza
dei meno abbienti (che non possono permettersi per il loro
costo aragoste, astici, gamberoni imperiali e "occhi
di bue", su cui torneremo): il pescestocco con le verdure
amarognole. Qui lo stocco viene lessato a trance con i caliceddi,
verdura spontanea delle vigne, condita da olio d'oliva,
aglio e peperoncino, ed è la risposta catanese al
celeberrimo pescestocco alla messinese. A chi mi dovesse
chiedere in che cosa consiste il potere afrodisiaco che
attribuisco alla ricetta del pescestocco verde con olive
nere e i caliceddi, non ho difficolta a rispondere che la
valenza gastronomica erotica è insita nel mirabile
connubio fra le scaglie del pescestocco "ragno"
e il brodo verde nel quale viene lessato, prodotto dalla
verdura gradevolmente amarognola, perchè cresciuta
nell'orto e nella vigna dell'Etna, cioè in quell'humus
del ripuddu "radioattivo", ricco di azoto e potassio.
Questi due elementi sono anche quelli che consentono al
pistacchio di Bronte di presentare in dosi massicce la miracolosa
vitamina E, detta della fertilità. Infine il caviale
di olive nere (snocciolate) ed il peperoncino conferiscono
alla pietanza altri input atti a stimolare un reale erotismo
in individni non troppo vecchi o malandati.
Sempre
a base di fresche derrate presenti in questo mercato, sono
qui lieto di indicare altre corroboranti minestre a basso
costo e di sperimentato valore nel suscitare un sano sentimento
erotico. Se accanto ai ricci, i cui coralli condiscono spaghetti
afrodisiaci, ci sono anche superbe vongole vive che spruzzano
ancora schizzi d'acqua, dopo averle acquistate (Un chilogrammo
è bastevole per un'energetica zuppa per due persone),
torniamo in cucina, dove la sera prima abbiamo ammollato
mezzo chilogrammo di ceci giganti. Lessiamo i ceci in acqua
salata con una cipolla, rosmarino e qualche pomodorino di
Pachino. Quando diventano teneri, facciamo aprire le vongole
vive - dopo averle ben lavate in acqua e sale marino - in
una padella di ferro con olio extra vergine d'oliva profumato
da due spicchi d'aglio di Randazzo e due rotelline di peperoncino
fresco.
Spruzziamo un generoso sorso di vino secco dell'Etna e,
una volta che si sono aperte tutte le vongole, uniamole
col loro sughetto profumato alla zuppa di ceci scolati avendovi
trattenuto un po' del brodo di cottura dei legumi. Perchè
mai, da tempo immemorabile si direbbe in Sicilia amuri a
brodu di ciciri? E questo detto è più antico
del Vespro, allorquando i francesi venivano riconosciuti
imponendo loro di dire Ia parola ciciri, che non sapevano
pronunciare esattamente c pertanto finivano irrimediabilmente
passati a fil di spada. Da quegli avvenimenti storici nacque
anche il truculento canto di sapore gastronomico:
Ntà
n'ura fa distrutta dda simenza:
fu ppì tunnina salata la Franza!
L'energetico
impiego di zuppe di verdure, con crostacei, pesci o carni,
è cosa antichissima dalle parti della nostra Magna
Grecia, a cominciare dalla famosa vellutina di fave secche,
con profumo di finocchietto selvatico. Si tratta della stessa
che, a sentire Aristofane nella sua commedia Le rane, consentì
ad Ercole in una delle sue fatiche, di spulzellare, dopo
aver appunto ingoiato una enorme zuppa di fave, ben diecimila
vergini in una sola notte! Nessuna meraviglia, quindi, se
il catanese amoroso si nutre ancor oggi con maccu di favi,
in cui si possono sminuzzare spaghetti e, freddo e rappreso
nella sua gelatina, può essere gustato anche a trance
fritte, assieme alle polpettine di neonata, pesciolini minuti
detti maccu. Già, macco e maccu per l'imminente battaglia
amorosa! Chi scrive queste note crede di aver tutte le carte
in regola per sentirsi abilitato, come addetto ai lavori,
nel dare consigli sull'argomento, per aver pubblicato nel
1992 a Parigi presso l'editore Robert Laffont, in francese,
ii libro, poi tradotto in vari lingue (meno che in italiano),
Cinq mille ans de cuisine aphrodisiaque, con le ricette
galanti di ieri e di oggi dei cinque continenti. Non ho
voluto l'edizione italiana per mettere in difficolta le
mie tante fans che mi copiano, cosi come è accaduto
per il mio Il libro d'oro della cucina e dei vini di Sicilia
(Mursia, Milano, 5 ed.), trovando tutto facilmente a portata
di mano, visto che dal plagio non ci si salva. Comunque
ringrazio la Vita, che mi ha fatto nascere tra l'antica
gente dell'Etna, cosa che mi consente - a 75 anni passati
- di essere ancora attivo, soprattutto per merito delle
potenti derrate catanesi che, oltre all'additivo erotico,
hanno più gusto e più profumo degli stessi
prodotti agricoli che nascono in Australia o nelle due Americhe.
Ecco perchè, giornalmente, resto estasiato davanti
alle bancarelle dei mercati popolari di Catania. 0 chi belli
pipi ajiu! canta il venditore di peperoni rossi, gialli
e verdi che scintillano al sole. Non dice "quanto sono
buoni", ma mette in risalto la loro bellezza, cosi
come il vicino venditore di broccoli, nella sua vivace abbanniata,
loda sempre la bellezza, anzichè la bontà
dei suoi broccoli neri che possono finire lessati con la
pasta o, meglio, affucati: cioè affogati, facendo
stufare nel vino rosso le cime, assieme a pezzetti di caciocavallo
ragusano piccante e acciughe salate e spinate. Ma i broccoli
dell'eros popolare catanese finiscono anche in una ricetta
che Catania condivide con Roma, dopo averne coniato l'elogio
poetico senza pan che vi trascrivo:
Senta
'n ciàuru di brocculi fritti:
Lu mè cori 'nzalata si fa!
che
si pub tradurre: "Mi stuzzica talmente il profumo dei
broccoli fritti, che il mio cuore per il desiderio di mangiarli
si assottiglia a fettine come per Insalata!". Scusate
se è poco. Friggere le cime dei broccoli in olio
d'oliva assieme a pezzetti d'aglio e d'acciuga salata e
peperoncino. Poi immetterli in una zuppetta di ali e filetti
di razza, pesce di poco costo chiamato in Sicilia picara
e nel Lazio, dove la fecero conoscere i pescatori siciliani
immigrati, arzilla.
Stiamo
per concludere il nostro iter nel primo mercato di piazza
Carlo Alberto, ma non possiamo non accennare alla profusione
d'offerta di basilico majore dalle grandi foglie verdi che
finiscono sulla pasta alla Norma, con le melenzane fritte
e la ricotta salata grattugiata per imbianchire come una
nevicata i sottostanti spaghetti o maccheroni rossi di salsa.
Questa
offerta di basilico, prezzemolo, cipolle ed altro viene
fatta al centro della strada di scorrimento, fra i barili
marinari di acciughe, sarde salate e aringhe affumicate,
davanti alle affollate bancarelle di olive condite, formaggi
e ricotta fresca (con quella speciale in cavagna di giunco:
ideale per cassate e tipiche crispelle fritte rotonde, dette
sfince, dall'etimo arabo sfang, frittella, assieme a quelle
oblunghe con l'acciuga salata). Date un'occhiatina, verso
i margini della piazza, anche alle bancarelle di vestiti
usati: per sole mille lire potrete trovare capi nuovi griffati,
come ben sanno le signore bene di Catania, ma anche i turisti
stranieri che giolosamente affollano questo mercato che
chiamano, stando ben attenti alle borse, "mercato dei
ladri", per l'indottrinamento ricevuto dagli autisti
dei loro pullman. La domenica mattina la piazza si trasforma
in "Mercato delle Pulci", con le buone occasioni.
Percorrendo via San Gaetano alle Grotte, in ambo i lati
affollata dalle più disparate offerte di casalinghi
scarpe, borse, vestiti, musicassette, telefilm, ecc., eccoci
in piazza Stesicoro dove vediamo di spalle la statua del
genio catanese Vincenzo Bellini. Dall'altra parte di via
Etnea sono visibili i resti dell'anfiteatro romano che fu
secondo solo al Colosseo. Poichè sono già
le 10,30, affretteremo il nostro passo, percorrendo via
Etnea, salotto di Catania, verso ii mare, alla volta della
spagnolesca piazza Duomo, con la chiesa di Sant'Agata. Ma
prima
avremo modo di ammirare la facciata della Collegiata, l'Universitià
e Palazzo degli Elefanti, sede del Comune, davanti alla
statua simbolo della città: l'elefante in pietra
lavica sulla fontana del Vaccarini, lì posto dopo
il terribile terremoto del 1693. Di fronte a Palazzo dei
Chierici accanto al quale s'erge la Fontana dell'Amenano,
il flume sotterraneo di Catania, che dà il nome alla
fontana, sbocca nella famosa "acqua a lenzuolo",
sede del più antico mercato della città e
che molto si avvale della scenografla barocca prestata dai
palazzi che la racchiudono. Qui, in pieno giorno, brillano
le grandi lampade sotto le volte del massiccio arco detto
di Carlo V e la porta che immetteva al Porto Vecchio, l'unica
rimasta delle otto che si aprivano nell'antica cinta muraria.
Le lampade servono a far brillare con impensabili riflessi
i grandi pesci: tonni, pescespada, cernie, continuamente
annacquati e che vengono allegramente affettati dalle sapienti
mannaie dei più capaci marinai catanesi. Un vero
spettacolo di pesci grandi e pesci piccoli, con i masculini,
le acciughine fresche del golfo di Catania, poi spinate
e cotte con aglio, prezzemolo e peperoncino, cotte solamente
in virtù dell'agro di limone che le sbianchisce.
Hanno potere afrodisiaco? Mah! Gli anziani catanesi amanti
del pesce azzurro del golfo sostengono di si: questa pietanza,
ormai divenuta un antipasto, una volta veniva offerta al
pasto della sera alle giovani coppie, assieme alla lattuga
bollita e condita con pepe, aglio e olio e a un uovo à
la coque, cotto nel brodo della lattuga. Il trittico di
questa parca cena ha, in effetti, tutti gli elementi atti
a favorire una rapida digestione, foriera di ottima predisposizione
all'amore. Ma, su questo argomento, le massime preferenze
vanno a Catania alle grandi patelle reali madreperlacee,
dette "occhi di bue" alle quali, anche dai sub,
viene data un'implacabile caccia, tant'è che il prezzo
al chilogrammo ormai supera le 40.000 lire. Il mollusco
dalle virtù afrodisiache viene consumato crudo, ma
più spesso arrostito sui carboni e condito col salmoriglio,
oppure fritto e fatto a pezzetti da servire assieme agli
spaghettini aglio, olio e peperoncino. Molti scrittori catanesi,
oltre al sottoscritto, si sono occupati di erotismo gastronomico,
a partire dal poeta vernacolare Domenico Tempio, alla fine
del '700. Sintomatico è che il primo libro moderno
di gastronomia afrodisiaca sia stato pubblicato nel 1962
proprio a Catania da Olimpio Rompini: peccato che nel suo
La cucina dell'amore, che occhieggia quella francese, non
si sia soffermato su quella locale.
Forse
più utile risulta la lettura di Antonio Aniante,
Vitaliano Brancati ed Ercole Patti, che qua e là
nelle loro opere fanno affiorare i piatti del gallismo locale
a tavola. Anche certi film hanno contribuito all'indicazione
di Catania come la "culla della cucina afrodisiaca".
Peccato che non se ne sia mai accorto il turismo, quello
ufficiale, che avrebbe tutto l'interesse a promuovere questa
istanza, mentre non muove un dito per fare scomparire lo
sconcio del quartiere "a luci rosse" in San Berillo,
nel cuore della città, con tante irriducibili vestali
di colore.
Ma torniamo ai nostri meravigliosi pesci: chi può,
si procura alla Pescheria le bellissime aragoste, gli astici,
le triglie di scoglio, i luvari imperiali, gamberoni e gamberi
rosati di nassa e quant'altro qui scarica giornalmente la
ricca e varia cornucopia del dio Nettuno, che a Catania
rivolge un occhio particolare a Venere Anadiomene, ritrovata
senza testa a Siracusa. I veri "devoti" della
dea dell'amore nata dalle spume del mare, sono qui a Catania,
anche se talvolta non sanno di professare un culto antecedente
a quello di Sant'Agata, la Santuzza cittadina. Attorno alla
Pescheria, dalla pittoresca piazza Pardo, dove si trova
una simpatica trattoria nella quale torneremo, c'è
tutto un dedalo di vie che s'intersecano con l'andamento
della casbah del vicino Maghreb.
Ogni porta è una bottega che espone la sua varia
mercanzia: carni fresche, appena macellate, polli, tacchini,
agnelli, capretti, maiali, vitelli, carne di struzzo e poi
ghirlande di salsicce variamente disposte, involtini di
vitello, falsomagri da cuocere.
Poi ortaggi e verdure, le buonissime melanzane "seta",
fichidindia. E poi ancora, senza soluzione di continuità,
interiora di vitello a fortissima evocazione erotica: il
"caldume" detto in dialetto quadumi; la popolare
trippa, cantata dal maggior poeta erotico catanese Miciu
Tempio, che fa augurare al suo emblematico personaggio Mmetta,
omu mangiuni:
...
tutta La sciara 'ntrà 'na botta
canciarisi si vulissi in trippa cotta!
In
questo quartiere pieno di colore e di vita (in mattinata,
poi nel pomeriggio la ressa si rarefà) c'è
grande profusione di legumi secchi, di farine (compresa
quella di ceci per far paneLLe alla palermitana), semola
per incocciare cuscus e poi tutta la frutta candita che
serve per decorare cassate e cannoli, le ciliegine rosse
che vanno poste sulle cassatine glassate a forma di seni
con crema e che, ancor oggi, si ritengono votive per il
seno reciso a Sant'Agata. Qui si vende tutta la frutta secca
che serve per la composita pasticceria siciliana: mandorle,
nocciole, noci, pistacchi verdi di Bronte. E poi ancora
uva passa, pinoli, cedri canditi, accanto a cataste di meloni
d'inverno o angurie estive e tanti pomodori costolati. San
Marzano e pomodori di Pachino. Ma si è fatto mezzogiorno
e la visione di tante godurie crude, risvegliando l'appetito,
induce subito a cercare cibi cotti. Nell'ambito di questo
colorato mercato ci sono almeno due simpatiche trattorie
esclusivamente votate alla cucina popolare locale. La mia
personale preferenza va alla trattoria La Paglia, per avere
conosciuto il fondatore Turi, ora scomparso. Ci troviamo
in via Pardo 23, nel cuore della Pescheria, con vetrine
che si aprono anche sull'omonima piazza Pardo, fra le bancarelle
dei grandi pesci: qui sono stati girati alcuni film di successo.
Ora la cuoca-patronne è la focosa Maria La Paglia,
figlia del fondatore, che gestisce assieme ai figli il vivace
esercizio, dove il menù comincia con il rituale bicchiere
di "zibibbo" secco offerto come aperitivo. Lo
accompagneremo alla fatidica "sarda a beccafico"
appena fritta e che consiste in due sarde spianate, aperte
a libro, che racchiudono una stuzzicante farcia di mollica
di pan carrè torrefatta con olio in padella, assieme
a pezzetti d'aglio e acciuga salata spianata, poco uovo
e formaggio, prezzemolo, peperoncino e scagliette di olive
bianche in salamoia.
Una volta che le due sarde rinserrano la farcia, vengono
passate nell'uovo battuto, infarinate e subito fritte d'ambo
le parti nell'olio. La farcia non viene irrorata da succo
di limone e arancia, come avviene a Palermo dove, per l'omonima
preparazione, una sola sarda viene arrotolata sulla farcia
e poi messa a cuocere in una teglia per 10 minuti in forno.
I catanesi ripudiano il succo d'agrumi perchè ritengono
la beccafico palermitana un po' sdolcinata: ma hanno sicuramente
torto essendo ben valide le due varianti. Poi si procede
con l'antipasto che può essere composto da insalatina
tiepida di polpo condito a strica sale, oppure da gelatina
di maiale e vitello con alloro, spezie e succo di limone
detta zuzo. Quindi spaghetti al nero di seppie in un sapido
intingolo che più nero non si può. Come secondo,
fatevi consigliare. Ma non chiedete mai espressamente piatti
della "cucina afrodisiaca", non vi capirebbero
nemmeno. La praticano, e basta.
Naturalmente
fin qui abbiamo parlato di espressioni della cucina popolare
ritenuta tradizionalmente erotica, essenzialmente povera.
Ma Catania dispone di ben altri "santuari" di
voluttuosa ed elevata gastronomia, che anch'io ho proposto
fino a due anni fa nel mio "arcunè" club-ristorante
"Fata Morgana", di via D'Amico 61. L'esempio di
un mio menù?
Aperitivo
"Angelica Bionda", con fumante "scacciatina
dell'Arcunè", tuma e frutti di mare, antipasto
nella scultura di pesce-limone con spuma di baccalà
rosato ai gamberi di nassa e medaglioni di aragosta o astice
o tartufi di mare. Poi il primo piatto che mi ha dato tante
soddisfazioni: "alghe sultana nel pomo d'amore"
alla bottarga. Sfogliatina di petali di roda al grill, con
cuore di filetto di spigola maneggiato in salsa di coralli
di ricci di mare. E per finire, torta normanna con ricotta
e mele al calvados e pistacchi di Bronte. Da notare che
di solito il mio menù veniva servito durante lo spettacolo
offerto da Angelica, star dell'Opera dei Pupi, con i suoi
spasimanti cristiani e saraceni. Ed ecco altri ristoranti
catanesi che mi sento di consigliare per la loro alta espressione
di enema, anche innovativa: "La Siciliana", dei
fratelli chefs Salvo e Vito La Rosa, in viale M. Polo 52/A;
"Poggio ducale", dello chef Nino Statela, in via
P. Gaifarni 7 e, nella vicina Acitrezza, il "Galatea",
di Vito Fusari. Verso la montagna, il ristorante "La
Pigna", dell'Hotel Paradiso dell'Etna a S. Giovanni
La Punta, affidato allo chef Pippo Laudani, presidente dell'Associazione
Cuochi di Catania, e il "Parco dei Principi" (Zafferana
Etnea), di Enza Cutuli con il figlio Sebi, con cucina dedicata
al fungo porcino dell'Etna.
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INTRODUZIONE
AL
DI LA' DEI FIUMI: I MERCATI DI BALLARO' E DEL CAPO
di Marcella Croce
RACCONTARE
PALERMO
di Cinzia Scafiddi
PROFUMI
E SAPORI DELLA MEMORIA
di Pino Caruso
I
QUARTIERI-MERCATO SICILIANI
di Annamaria Amitrano Savarese
LA
"MARINA" DI MAZARA DEL VALLO
di Lorenzo Greco
LA
CUCINA AFRODISIACA CATANESE. GLI INGREDIENTI E I MERCATI
POPOLARI
di Pino Correnti
ELENCO
DEI MERCATI E DEI MERCATINI IN SICILIA
Testi
e Foto tratti da
"La Sicilia Ricercata" n° 8
MERCATI
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