GOLE
DELL'ALCANTARA
In
un periodo che si perde alle radici della storia, un piccolo
vulcano a nord dell'Etna si sveglia ed erutta un'enorme
massa di lava che si fa strada fino al mare ed immergendosi
forma capo Schisò. Il percorso tortuoso del fiume
di lava viene in seguito solcato da un corso d'acqua che
vi si insinua levigando e pulendo i massi lavici dalle scorie.
Verso la fine del suo percorso, l'acqua incontra forse una
massa di terreno più friabile e si fa strada liberando
due alte pareti di durissimo basalto caratterizzate da affascinanti
forme prismatiche. Sono le gole, di cui solo un tratto è
oggi facilmente accessibile.
QUANDO
ANDARE
Le gole sono percorribili quando l'acqua è bassa
per un tratto compreso tra i 50 e i 200 m. All'entrata è
possibile munirsi di stivali-salopette (tipo da pescatore)
da indossare per evitare di bagnarsi nelle acque, sempre
molto fredde, del fiume. Normalmente il letto del fiume
è praticabile da maggio a settembre. Il resto dell'anno
si può solo arrivare all'imbocco delle gole. La risalita
può essere fatta in ascensore. E' possibile fare
agricampeggio in apposite piazzole. Il
nome del fiume, e della valle omonima, risale al periodo
di dominazione araba, Al Qantarah, e si riferisce ad un
ponte ad arco costruito dai Romani e capace di resistere
alle irrompenti piene del fiume che ancora oggi offrono
uno spettacolo impressionante.
LE
GOLE
La
discesa a piedi permette di avere una bella vista d'insieme
della parte iniziale delle gole. Arrivati al letto del fiume
le pareti, alte più di 50 m.stringono in mezzo una
lingua d'acqua e si presentano in tutta la loro ambigua
bellezza: nere strutture geometriche che si ergono una di
fronte all'altra e si rincorrono verso il cielo. Le linee
si intersecano, formando prismi pentagonali e esagonali
o figure irregolari che giocano con la luce disegnando forme
mostruose o leggiadre. I contrasti sono forti e sembrano
rafforzarsi
man mano che si penetra all'interno, quando non restano
che tre elementi: la roccia, l'acqua, il cielo. Ed il sole,
a disegnare i contorni tra il nero delle parti in ombra
e quelle chiare, illuminate, ed a rifrangere in mille piccoli
specchi le gocce delle cascatelle che a tratti scendono
lungo le pareti.
UNA
LEGGENDA
V'era un tempo in cui il fiume Alcantara scorreva placido
in un letto tranquillo, senza scosse o ripide o Salti. E
rendeva fertile la valle. Gli uomini però erano malvagi:
si danneggiavano tra loro e non rispettavano la natura.
Nella valle vivevano due fratelli che coltivavano insieme
un campo di grano.
Uno dei due era cieco. Al momento di spartire il raccolto
il contadino sano prese il mojo e si accinse a dividere
il grano. Una misura per sè e una per il fratello.
Spinto dalla malvagità, però, si riservò
gran parte del raccolto.
Un'aquila che volava sopra il loro campo vide e riferì
tutto al Signore che scagliò un fulmine contro l'imbroglione,
uccidendolo. Il fulmine colpì anche il mucchio di
grano ingiustamente accumulato che si trasformò allora
in una montagna di terra rossa dalla quale, sbuffando, usci
un fiume di lava che arrivò fino al mare.
Leggenda
tratta dal libro Al Qantarah di L. Danzuso e E. Zinna.
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